Capitolo 11 "Devi imparare a gestire le tue emozioni"

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Quando mi sveglio sono ancora nell'auto di Jordan, coperta con una giacca enorme che non mi appartiene. Sbadiglio rumorosamente mentre mi stroppiccio un occhio cercando di ricordare gli ultimi avvenimenti. Mi metto lentamente seduta senza togliere la giacca dalle mie gambe nude. Mi volto verso Jordan e lo vedo intento a guardarsi attorno.

«Hey...» lo richiamo in modo impacciato. Lui si volta nella mia direzione e non appena nota che sono sveglia mi rivolge un sorriso imbarazzato.

«Pensavo che avresti dormito per tutta la notte.» Mi guardo attorno e vedo che la macchina è parcheggiata davanti al vialetto di una casa, di medie dimensioni, con delle pareti in legno blu. Cerco la confraternita, ma non la vedo da nessuna parte.

«Dove siamo?» Chiedo.

Jordan sembra non sentirmi, apre lo sportello ed esce dalla macchina. Mi acciglio confusa mentre lo guardo fare il giro dell'auto per venire ad aprirmi la portiera. Mi rivolge un breve sorriso mentre mette un braccio sotto le mie gambe e l'altra attorno alla mia vita. In un gesto automatico le mie braccia si allacciano attorno al suo collo mentre mi solleva. Con una gamba chiude la portiera e poi preme un pulsante presente sulla chiave. La macchina fa uno scatto ed emette delle luci.

«Siamo a casa mia.» Mi informa voltandosi verso la casa dalle pareti blu, appoggio la testa al suo petto mentre con una mano apre la porta stranamente non chiusa a chiave. Il buio mi investe, così come il silenzio. Mi stringo ancora di più su Jordan mentre lo sento salire qualcosa di simile alle scale, l'unica luce che permette di vedere qualcosa è quella della luna che entra dalle finestre.

Man mano che saliamo più in alto riesco a intravedere un pò di arredamento, due poltrone bianche di pelle, una credenza piena di piatti da collezione di ceramica e una grande cucina; il resto mi è sconosciuto.
Lui continua a salire fino a quando non raggiunge una porta in legno bianca, non accenna a mettermi giù e io non ribatto, c'è un silenzio piacevole e non voglio essere io a interromperlo.

Dubito che siamo soli. I suoi genitori sanno che sono quì? Oppure dormono ignari della presenza di una intrusa? Sono ormai certa che Jordan voglia farmi dormire quì stanotte e a testimoniarlo è il modo in cui mi adagia con dolcezza su un letto matrimoniale dalle coperte scure.

Sussulto per la sua morbidezza mentre lo accarezzo con le mani.

«Ti porto qualcosa per dormire..» mi informa. Mi acciglio così lui continua con un sorriso divertito. «A meno che tu non preferisca dormire con quel vestito, dubito che sia comodo.»

«Vada per il tuo pigiama..» mormoro a bassa voce mordendomi l'interno guancia. Jordan si passa una mano tra capelli ridacchiando a bassa voce, si volta e va verso un comò di legno marroncino di fronte a noi.

Approfitto della situazione per guardarmi attorno. La stanza di Jordan è in realtà una soffitta. Le pareti sono blu e il tetto è in legno, man mano la stanza si restringe. Il parquet color panna ed è decorato da un enorme tappeto nero posto di fronte al letto. La stanza non è piena di mobili come la mia, ha un letto, un comò e due comodini con sopra delle abat-jour spente.

Riesco a vedere i movimenti controllati di Jordan grazie alla giusta quantità della luce della luna che entra attraverso delle grandi vetrate. Il mio sguardo si sposta con attenzione verso la parete di fronte a me riempita di quadri, ne assaporo i dettagli e i colori poco evidenti per la scarsa luce.

«Non mi aspettavo che fosse così..» sussurro, ma Jordan non mi sente.

Dopo attimi di silenzio Jordan si decide a parlare. «Credo che con una mia felpa e dei leggins di mia sorella dovresti stare comoda.»

Si volta verso di me e me li porge con un piccolo sorriso. Li afferro con titutanza e li studio: la felpa di cui parlava è nera e dei Nirvana. Jordan si passa una mano tra i capelli e si schiarisce la gola mentre si volta per darmi le spalle.

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