1: uovo

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Il fresco pomeriggio di festa si stava rivelando promettente in casa Kim: era la vigilia di Pasqua e qualche ora più tardi un'orda di parenti si sarebbe sicuramente presenta all'entrata, portando doni, novità e anche tanta confusione.
La confusione tuttavia non mancava nemmeno in quel Venerdì Santo: Seokjin riusciva chiaramente a sentire il baccano che la sorella stava producendo mentre buttava all'aria la zona notte della loro casa, per pulire tutto adeguatamente in previsione degli imminenti visitatori.
Quel rumore lo stava disturbando più del previsto e un Seokjin irritato in cucina non prometteva nulla di buono: era sicuro che il pomodoro si sarebbe inacidito, la panna non avrebbe montato a neve e gli sarebbe bruciato l'arrosto di patate in forno.
Il ragazzo si interruppe nel cucinare e si sedette al tavolo, nell'attesa che la sorella spegnesse quel marchingegno disgustosamente rumoroso per aspirare la polvere, lasciando lui nello stato d'animo giusto per continuare quelle opere d'arte culinarie nelle quali tanto si impegnava.
Si mise a sedere su una di quelle sedie di legno rovinato che si trovavano solo in quella stanza particolare, nascoste alla vista dei puntigliosi ospiti che di solito suonavano il campanello di casa sua. L'arredamento delle sale dove i visitatori non potevano entrare era tra i più spartani che il ragazzo avesse mai visto e quella cucina ne era l'esempio lampante: la stanza era rettangolare e angusta, tanto che non ci si poteva scambiare in due persone se si andava in direzioni diverse, a causa del muro molto vicino al piano cottura; appoggiati alla parete all'estremità sinistra si potevano trovare un cestino e una polverosa scopa di saggina con le frange tutte consumate, mentre al lato opposto, sulla destra, una piccola finestra illuminava e arieggiava l'ambiente; sul lato lungo stava la cucina vera e propria: in muratura, con i mattoni rossi e gli sportelli in legno. Seokjin la trovava bellissima e non gli importava se era considerato un dei posti meno chic di tutta l'abitazione: dal suo punto di vista era tranquilla, profumata, luminosa e soprattutto isolata, poiché costruita nel piano seminterrato di quella dimora, nell'area dove un tempo viveva la servitù.
Sedeva al tavolino addossato alla parete e guardava fuori dalla finestra, cercando di distrarre la sua mente da quel suono fastidioso che arrivava dal piano superiore. Vedeva gli alberi del giardino più verdi e, pieni di nuove gemme rosate, venire agitati lievemente dalla brezza che si era levata in tarda mattinata. A breve sarebbe stato il periodo della fioritura magnolie che lui adorava, soprattutto per il loro colore e la grandezza dei fiori.
Rifletteva su come sbarazzarsi degli avanzi di cibo che sarebbero di sicuro rimasti, quando scoprì di riuscire di nuovo a sentire il cinguettio delle rondini all'esterno: Jennie aveva finalmente spento il mostro mangia-polvere.
Seokjin si alzò in piedi e si allungò ad aprire ancora un poco l'anta di legno per fare entrare nella stanzetta l'odore della primavera rosata e i vivaci suoni della fauna che tornava a popolare il suo giardino nei mesi caldi.
Si riposizionò poi alla sua postazione dietro i fornelli, ricominciando a spezzettare il capriolo, sminuzzare verdure, mescolare salse e salare l'arrosto già in forno.
Quando cucinava si sentiva libero e sereno: spesso lo aiutava a calmare i nervi dopo una discussione, oppure a riflettere meglio sulle scelte importanti da intraprendere.
I suoi genitori erano convinti fosse un omega mancato per quanto gli piaceva fare i lavori di casa, lui non dava loro troppo peso: a volte parlavano tanto per dare fiato alla bocca, soprattutto sua madre, sempre così impaziente di far conoscere la sua opinione su qualsiasi cosa al mondo intero. Lui era invece più che convinto che la classe di appartenenza c'entrasse poco o nulla con le passioni e gli atteggiamenti di un individuo, piuttosto secondo lui dipendeva tutto dall'educazione: gli alpha di solito erano violenti, perché venivano cresciuti con l'idea di dover essere così; le omega invece avevano di solito un atteggiamento mansueto, poiché la loro educazione le aveva volute sottomissive.
Avesse potuto scegliere a occhi chiusi un genere di appartenenza, avrebbe tuttavia tanto voluto essere un omega: da un lato le stimava per la pazienza che avevano nel sopportare la loro condizione di ingiusto svantaggio sociale, mentre dall'altro le invidiava profondamente per la loro capacità di poter mettere al mondo dei figli. Sentiva dentro di sé la volontà fortissima di essere madre: voleva disperatamente portare in grembo un bambino e crescerlo insieme al suo compagno. Tutti sogni irrealizzabili ovviamente, poiché biologicamente i beta come lui non erano in possesso dei requisiti adatti alla procreazione e, sempre per il solito motivo, solo in casi rari erano predestinati a qualcuno: di solito si innamoravano semplicemente, come gli esseri umani senza la romantica questione del legame fra compagni, il morso e i figli.
Una lacrima scese lungo la sua gota piena e rosata, mentre sminuzzava aglio e prezzemolo per fare un soffritto.
Se c'era una paura che non lo abbandonava mai, era quella di restare da solo per tutta la vita e in quel momento si fece particolarmente presente in lui, tanto che nemmeno cucinare riuscì più a rilassarlo come di solito accadeva.
<<Oppa.>> Una voce femminile e squillante parlò giù dalle scale.
Jin si affrettò ad asciugarsi una lacrima, quando sentì i passi della sorella scendere i gradini per andare da lui.
<<Oppa come si fa a svuotare l'aspirapolvere?>> Domandò, sbucando dalla porta scorrevole.
Jennie era veramente carina a parere del fratello: i furbi occhi scuri erano grandi e rotondeggianti, il nasino grazioso e delicato, la bocca piccola con delle carnose labbra rosate che si aprivano spesso in ampi sorrisi, mostrando i suoi denti dritti e bianchissimi. I suoi capelli neri e setosi erano al momento acconciati in una coda di cavallo improvvisata e le sue gote morbide e tondeggianti si erano arrossate per lo sforzo di pulire.
Jin abbandonò il suo tagliere e si sciolse i lacci del grembiule bianco che serviva a non fare sporcare il suo pigiama di seta.
<<Ti faccio vedere, vieni.>> Le disse dolcemente.
Per la verità la sorella era negata nei lavori di casa, ma Seokjin era stato costretto a rivolgersi a lei poiché si era ritrovato completamente da solo a due giorni da Pasqua a causa della domestica malata.
La ragazza in compenso era bravissima ad amministrare le finanze della loro famiglia, decidendo spese, acquisti e investimenti per tutti loro.
Jin salì le scale del seminterrato e diede una occhiata veloce all'area giorno che si trovava a piano terra, trovandola complessivamente piuttosto pulita e in ordine.
Salirono ancora dei gradini, stavolta più ampi, in marmo bianco con venature rosate e un fine passamano in legno verniciato di bianco e oro.
Arrivati al primo piano, dove era l'area notte, il ragazzo diede un altro sguardo rapido alle stanze.
<<Sei stata brava Jennie.>> Commentò rassicurante, mentre la guardava sorridendo.
Gli occhi della sorella gli sorrisero di rimando e un <<Grazie>> stupito lasciò le sue belle labbra.
Vedeva il fratello come la perfezione incarnata: lui era sempre bravo a fare tutto quello che lei stessa avrebbe dovuto saper fare, ma non riusciva e, nonostante questo, restava sempre umile e pronto a darle una mano.
Le sue lunghe gambe si piegarono davanti all'odiato marchingegno e le sue mani delicate premettero un paio di pulsanti, facendo aprire uno sportello.
<<Ecco vedi? Devi pigiare questo e questo->> Indicò i bottoni. <<Poi ti si apre questo e tu puoi tirare fuori il sacchetto con lo sporco e cambiarlo.>> Concluse, rialzandosi e regalandole uno sguardo divertito, quando la vide inginocchiarsi e studiare da vicino l'apparecchio.
<<Ho capito, grazie.>> Parlò la ragazza sollevando il volto e sorridendo al fratello.

Oppas call me NoonaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora