14: miele

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Il negozio di Seokjin e Jennie si trovava all'inizio del paesino ed era uno dei primi che gli sparuti gruppetti di visitatori vedevano appena arrivati, il che garantiva ai proprietari un discreto fatturato.
Esercizio commerciale si presentava come estremamente pittoresco sia all'esterno che all'interno e questo contribuiva ad attirare altra clientela.
Fuori la casetta a due piani era rivestita di legno e sarebbe apparsa come una sorta di bottega, non fosse stato per tutte le piante esposte all'esterno: per terra ai lati dell'entrata una ventina di vasi di terracotta di tutte le forme e tonalità ospitavano i fiori più disparati, dalle delicate azalee rosa e viola, alle amate rose dai colori caldi, fino a giungere a giacinti, narcisi e al candido mughetto. Alzando il naso appena sopra la linea del proprio sguardo, si potevano invece osservare i vasi e vasetti appesi alla parete accanto e sopra la porta, che ospitavano piante rampicanti fra le quali la sempreverde edera, glicini color lilla in fioritura e rosmarino ornamentale.
Guardando ancora sopra, al primo piano un terrazzo in ferro battuto ospitava vasi di gerani ancora non fioriti e edera bianca.
Oltre ad essere una gioia per gli occhi, quel negozietto era anche una benedizione per l'olfatto e, superata la paura degli insetti, l'interno era ancora più sorprendente. Anche questo era stato rivestito in legno e ospitava le più variegate specie di piante e arbusti da fiore e non. Alla destra dell'entrata stava la cassa e poco più in là una gradinata gremita di vasetti ornamentali rossicci portava al piano superiore negli uffici, mentre il lato sinistro era costituito da uno spazio delle dimensioni di un garage pieno di colori e odori vivaci.
Passando in mezzo a questa primavera, sulla parete sinistra si apriva una porticina che dava direttamente su una serra di piante grasse. Qui lo scenario era più verde e spinoso che mai, ma a Jin piaceva molto dedicarsi anche a cactus e piantine grasse da fiore, nonostante il caldo e la poca varietà cromatica che potevano avere.
L'ultimo spazio del negozio si trovava una volta varcata la porticina in fondo alla serra dove le vasche di piante acquatiche e il laghetto di ninfee erano abitati da timide ranocchie colore smeraldo che si facevano spesso sentire e qualche volta anche vedere dai due proprietari, oramai divenuti familiari.

<<Buongiorno Jinnie.>> Lo salutò Jennie mentre sedeva alla propria scrivania, senza staccare gli occhi né la penna dal foglio stampato che aveva davanti.
<<Giorno fanciulla.>> Le rispose dolcemente Seokjin, nel frattempo che appendeva il cappottino color panna all' appendiabiti in quella stanza.
<<Ti metti ancora quello oppa? Non hai caldo?>> Domandò la sorella riferendosi all'indumento. Stavolta alzò il viso verso di lui e lo osservò dolcemente.
Portava una leggera camicia violetta, un paio di morbidi pantaloni beige chiaro e i suoi adorati mocassini neri di pelle e sembrava più radioso che mai, mentre sfoggiava un benevolo sorriso.
<<Se lo indosso ancora, evidentemente ci sto bene.>> Ribatté lui, prima di avvicinarsi e lasciarle un bacetto sulla gota per poi uscire dalla stanza e scendere al piano di sotto.
<<Oppa aspetta un attimo per favore.>> Lo fermò la voce della ragazza.
Jennie si diresse verso di lui, sventolando il foglio che stava precedentemente consultando, per poi mostrarlo al fratello, che lo lesse rapidamente.
<<Ci ringraziano per la velocità e l'accortezza con cui abbiamo preparato la corona.>> Parlò Seokjin tra sé e sé.
<<Già e leggi l'ultima parte.>> Lo incitò la sorella.
<<Una donazione di quanto? Porca miseria!>> Il ragazzo rimase un attimo interdetto, poi sciolse i suoi pensieri e guardò negli occhi Jennie.
<<Che facciamo la accettiamo?>> Le domandò.
<<Alla fine la famiglia non sta male finanziariamente... poi se non avessero potuto permetterselo, non ci avrebbero nemmeno pensato.>> Rispose lei, guidata da quel cinismo che le aveva sempre permesso di chiudere dei discreti affari.
<<Non staremo sfruttando il loro dolore?>> Chiese allora lui preoccupato.
<<Forse sì, ma dopotutto la gente muore tutti i giorni->>
<<Non ragazzi di 24 anni e non a causa della loro classe di appartenenza.>> La incalzò il maggiore. <<Oggi pomeriggio andrò a parlare con Chan-Yeop e decideremo sul da farsi.>> Decise Seokjin.
<<Va bene Oppa, come vuoi.>> Si rassegnò la ragazza, consapevole che lei a queste situazioni non aveva mai avuto l'approccio giusto.
Jin le sorrise debolmente, si voltò e scese la scale per tornare al piano inferiore pervaso da un lieve senso di tristezza.
Il suo lavoro gli piaceva più di qualunque altra cosa, si perdeva nel potare, spuntare e sistemare quelle variegate forme di vita, inermi agli occhi altrui, ma con le quali lui sentiva un legame inspiegabile che si avvicinava quasi ad un rapporto di amore materno. Dopotutto lui faceva nascere e crescere degli esserini che curava e dei quali si preoccupava finché non divenivano in grado di cavarsela autonomamente.
La sua professione lo portava anche in contatto con tutti i tipi di persone: dal ragazzo innamorato che vuole fare un regalo alla sua compagna, alle coppie che si recavano lì per scegliere le composizioni per il loro matrimonio. Tuttavia dopo quasi 10 anni che lavorava lì, ancora non riusciva a farsi scivolare addosso il dolore dei parenti che andavano a chiedergli corone funebri, specialmente se il defunto era di giovane età, come la figlia dell'uomo che si era presentato nel negozio tre giorni prima.
Era più piccola di lui, poteva benissimo essere sua sorella ed era stata torturata e uccisa da un gruppo di altri alpha come lei, per il solo fatto di essere nata donna e alpha.
Chan-Yeop non aveva smesso un secondo di piangere da quando la campanella della porta aveva suonato, Seokjin lo aveva fatto accomodare e avevano discusso insieme a proposito di vari argomenti, l'uomo si era sfogato con lui e gli aveva raccontato tutto quello che la polizia aveva scoperto sui momenti precedenti la morte della ragazza. Si trattava di dettagli raccapriccianti che Seokjin si era ripromesso di non condividere con anima viva per rispetto della defunta e della famiglia tutta.
Quello che ogni volta lo faceva più soffrire era tuttavia lo sguardo spento e spaesato che quelle persone avevano, i loro gesti e le loro parole erano quelle di bambini confusi che hanno perso i genitori per strada e che hanno paura di tutti e di tutto.
Avrebbe desiderato trovare le parole giuste per aiutarli a tirarsi su di morale, ma tutto quello che poteva fare era confezionare composizioni mortuarie e vederli sparire con andatura incerta fuori dalla porta.

Oppas call me NoonaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora