Third Level.

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[Capitolo III.]


Guardai dall'alto Yie Sehun, il ragazzo di ieri, lo stesso del bar di TaeHyung. La sua maniera di andare contro gli altri giocatori, era davvero barbara, priva di tecnica, davvero molto stupida. Sorrisi, sedendomi meglio sull'albero. Ridacchiai, vedendolo girarsi intorno alla ricerca della persona che aveva provocato quel suono.

«Sai, Yie, di solito non sono un tipo rancoroso.»
Mi spostai velocemente, la sua arma era un semplice machete, non una pistola, anche se ci provava non mi avrebbe mai potuto colpire da lontano senza lanciare il coltello, e sarebbe stata una mossa davvero stupida. Dunque, non pensavo che l'avrebbe fatto.
«Dove sei?!»
Urlò, e gli girai intorno e grazie agli alberi, lui non poteva vedermi. Avevo studiato anni per mimetizzarmi alla perfezione.
«Ma sai, quando mi si tocca l'orgoglio non sono più così calmo.»
Decisi di non usare la mia arma iniziale, arco e frecce. L'avevo già ucciso una volta in quel modo, adesso volevo fargli provare lo stesso dolore che lui mi aveva dato quando mi aveva detto quelle cose, ieri sera. Noi omega non siamo delle bambole, non siamo dei burattini, e non siamo gli schiavi sessuali di nessuno. Caricai la mia pistola, quella che avevo trovato nella prima partita in una chest, e mi avvicinai a lui. Sapevo perfettamente che l'arma iniziale scelta, nell'individuo colpito, una volta tornato alla realtà, non creava alcun tipo di problema o dolore. Ma le armi trovate sí. Certo, il colpo di pistola che gli avrei dato non sarebbe stato propriamente uguale a quello di uno sparo vero, ma gli avrebbe fatto male almeno la metà. Non ero un sadico, non usavo mai la mia pistola, ma doveva rimettersi in riga, e io l'avrei fatto rimettere al suo posto. Arrivai dietro di lui, nemmeno mi aveva sentito per quanto ero stato scaltro. Puntai la pistola dietro alla sua schiena. «Ciao piccoletto.» Sorrisi, sparando il colpo. Poco dopo, lo sentii urlare dalla paura, o forse dal dolore, per poi scomparire. Rimisi la mia pistola in tasca, correndo il più lontano possibile. Sentendo il colpo di pistola, tutti si sarebbero radunati in quel punto. Tornai sopra al mio albero e puntai la freccia verso gli altri giocatori che sarebbero arrivati. Ne colpii quattro in questo modo. E ancora la fine del gioco arrivò presto.

22 kills. + 2 nuovi obiettivi raggiunti.

Il professore che doveva ammettermi al terzo livello, aveva detto che mi voleva vedere mentre mi muovevo nel primo livello, perché non ci credeva. Accettai senza fare troppa confusione, era prevedibile. Ma ancora, inventava scuse su scuse su quanto non volesse ammettermi, nonostante tutti i meriti che avevo.
Mi subivo le mie critiche legate alla razza, alla corporatura.
Questa tortura durò per troppo, fin quando non venne il mio professore, quello del primo livello.

«Professor. Choi, c'é qualche problema con un mio ragazzo?»
Domandò, entrando a passo svelto nella stanza, e dirigendosi verso l'uomo.
«Il mio problema é quell'omega in fondo alla fila.»
«Non capisco, non lo ritiene abbastanza pronto per il terzo livello?»
«Non capisco cosa ci faccia un omega in questo istituto.»

E ad ogni parola, il mio sguardo si faceva sempre più cupo, sempre più vulnerabile. Tutto l'entusiasmo che avevo avuto all'inizio si stava sgretolando e faceva male. Odiavo quando speravo in qualcosa che poi andava in frantumi ed ero dannatamente sensibile sul mio nome, su quello che ero realmente.

«Un omega che ha bruciato tutte le tappe e che appena messo piede in questo istituto, é riuscito a saltare un livello, il secondo livello, per entrare direttamente nel terzo. Jeon ha tutte le capacitá per superare il corso.» Mi sentii quasi onorato per quelle parole, ero entrato nelle grazie di un professore, e mi sentii davvero bene a quelle parole. Sentirsi dire di avere le capacità per arrivare a ciò in cui tu hai sempre puntato, é una sensazione di benessere puro.

«Ha sparato ad un tuo ragazzo per una lite personale.» Si riferí forse a ciò che avevo dichiarato prima di sparargli un colpo.

«Eliminare i giocatori é nelle regole del gioco.» Parlò una terza voce, di nuovo quel ragazzo. Più lo guardavo, più... più non capivo quale fosse il suo scopo. «E soprattutto, prendersi delle vendette personali fin quando si limitano a sparare nel gioco, non contano nulla.»

«Park Jimin, esca immediatamente.» Lo ammoní il professore e wow, tutti lo conoscevano. La sua fama era spaventosa, ogni professore lo conosceva.

«No, ha la mia autorizzazione per rimanere.» Rispose prontamente il mio professore. «Jeon Jungkook deve passare al terzo livello, che a te piaccia o no. Ha fatto una seconda partita, nella quale ha battuto se stesso per un record di 22 kills, ti ha accontentato, quale motivazione hai ancora per non accettarlo?»

«É un omega, é inferiore rispetto a noi alpha, é una vergogna ammetterlo nel nostro istituto!» Alzò il tono della voce.

«Park, porti Jeon fuori.»
Lo guardò freddamente il professore, e mi stupii. Qualcuno si era messo nei miei panni, qualcuno aveva capito che mi facevano male tutte quelle parole. Non era una novitá che "vergogna" ed "omega" stessero nella stessa frase. Ciuffo moro si avvicinò a me, mettendomi una mano sulla sua spalla, che io delicatamente spostai, e uscii dalla stanza.
Mi appoggiai alla porta, stanco di quella conversazione, mentre un mal di testa mi stava scoppiando.
«Allora Jeon, come va?»
Mi guardò, cercando di fare conoscenza.

«Precisamente, chi sei? Ieri hai saputo tutto su di me senza che io ti dicessi niente, pretendo delle spiegazioni.»

«Hai una lingua lunga per essere un omega.»

«Piantala con questa storia.»

«Quale storia?»

«"Sei troppo, per essere omega", non è affatto divertente.»

«Non è colpa mia se sei nato così. Ti vuoi pure sfogare con me per caso?» Rise, indicandosi, e mi stava facendo seriamente arrabbiare. Strinsi le mie mani in due pugni.

«Non parlarne come se fosse una malattia, essere omega è qualcosa di cui andare fieri.» Risposi, avvicinandomi a lui, per spintonarlo.

«Essere fieri?»
Mi guardò e nella sua voce lessi tutta la confusione che provava in quel momento. Alzò le sopracciglia, e mi persi un secondo a guardarlo. Cavolo,  non avevo mai visto un alpha così bello. Pensai che fosse davvero bellissimo, che le sue caratteristiche erano normali, erano uguali a quello di qualsiasi altro uomo, ma... uniti, creavano così tanta perfezione. Davvero, era uno spettacolo bellissimo, e mi sorpresi che avesse così poche particolarità. La sua faccia era ferma in una smorfia, e pensai che dovevo sbrigarmi a dare una risposta, e che di certo non potevo fermarmi a guardarlo come un idiota.

«Noi omega lottiamo molto più di voi alpha.» Mi appoggiai al muro.

Ricordo perfettamente la sua espressione. Nei suoi occhi lessi dello stupore, ma si affrettò a cancellarlo.

Sentimmo la porta aprirsi, e dietro di essa c'era il professore.

«Jeon, é pronto per il terzo livello?»
Sorrisi spontaneamente. Il professore era riuscito a convincere quell'alpha di una mentalitá sicuramente vecchia; di quelle che se non sei della sua categoria sei inferiore, di quelli che non concepiscono il cambiamento. A volte sono proprio queste persone che mi fanno capire che sto facendo la cosa giusta; lottare contro una mentalitá insistente, che sembra aggrapparsi al passato e non volerlo più abbandonare. A volte mi sembra innaturale che delle persone possono rinnegare dei diritti ad altre, a volte mi sembra innaturale come si torce il viso ad una razza che per convenzione viene detta inferiore.
«L-Lei-?»
«Sono riuscito a convincerlo, forza, si affretti.»
Contento, seguii il nuovo professore nell'aula dove avrei fatto la terza partita, ma all'improvviso si fermò.

«Attendi qui, dobbiamo preparare la partita.»
Di tutta risposta annuii velocemente, e appena sparí dietro alla porta, feci in modo che la mia mano destra si aggrappasse all'avambraccio sinistro, e attesi. Ma l'ombra di quel ragazzo dietro di me non voleva abbandonarmi, allora pensai che dovesse fare anche lui qualcosa per il professore. Ma dire che la sua figura non mi metteva pressione era davvero una bugia enorme. Guardavo le nostre ombre, lui era dietro di me, e la mia ombra scompariva dietro di lui.  Mi sentii davvero piccolo in quel momento, e non mi era mai pesata così tanto questa cosa. Ero abituato ad essere quello più piccolo del gruppo, quello più magrolino, quello più... fragile. Ma volevo dimostrare quanta forza sapesse cacciare questo corpo, che seppur piccolo, non mi ha mai limitato. Nel senso, credo che le crisi adolescenziali in cui non ti piaccia mai il tuo corpo, capitino a tutti, giusto? Tutte le persone attraversano determinati stadi della vita e non credo che una categoria o un nome ti ometta da uno di questi.

❛❛ελευτερία.❜❜Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora