[capitolo: IV.]
Quella sera tornai nel dormitorio distrutto. Il mio corpo non riusciva a reggere due partire in una stessa giornata, una più pesante dell'altra. Infatti, ad una certa della partita, ho davvero rischiato tanto.
Stavo puntando ad un ragazzo dalla cima del mio albero. Avevo la freccia puntata verso di lui, la tensione era palpabile, avevo paura di essere scoperto e non poter dimostrare quanto valessi. Ma no, non bastava qualche ora di partita a farmi crollare così. Lo tenevo a massima compressione, ero pronto a colpirlo, quando sentii in un attimo la testa girarmi. Tutto attorno a me iniziò a muoversi in un modo strano, e io caddi su quel tronco, tenendomi la testa con una mano. Avevo i conati di vomito, non sapevo cosa mi stava succedendo. Eppure in un secondo mi sentii così strano. Una sensazione tremenda iniziò ad espandersi dentro al mio corpo, e poggiai la testa sul tronco. Mi ripetevo di stare calmo, ma il mio respiro era irregolare. Non sapevo cosa mi stava succedendo, iniziai a sudare. E la peggiore delle ipotesi, tornó nella mia testa:
Il mio primo calore.Iniziai ad andare nel panico, gemevo a bassa voce di dolore non riuscendo a fare nulla. Ansimavo parecchio, la mia bocca era rossa e schiusa. Gli occhi mi bruciavano, volevo piangere ma mi ripetevo che mi stavano guardando, che non potevo permettermi alcuno sbaglio.
«Jeon, vuoi che interrompiamo la partita?»
La voce del professore entrò nelle mie orecchie. «Jeon, se non rispondi entro cinque secondi sospendo la partita.»«N-No...» Sussurrai tremolante. «S-sto- sto bene...» Mi alzai lentamente, barcollando. Puntai di nuovo la mia freccia contro il mio avversario. Era come se non vedessi nulla: non riuscivo a puntare verso di lui, non riuscivo a prendere bene la mira. Scoccai la mia freccia, facendola capitare dove credevo dovesse andare. Gli presi la spalla, e l'arco cadde dalle mie mani, cadendo dall'albero. Mi lasciai andare sul tronco, e in momento di debolezza, l'alpha a cui avevo puntato -e che avevo mancato-, si avvicinò a me.
«Non hai una bella cera. Chiedo immediatamente di interrompere.»
«N-No...» Sbattei più volte gli occhi. Ora stavo ricominciando a vedere. Il viso del mio avversario adesso era perfettamente nitido, riuscivo a focalizzarlo bene. «O-Ora... sto bene.» Mi alzai velocemente. «Ricominciamo.»
E scendemmo dall'albero, ricominciando la partita.
Non so spiegare esattamente cosa mi fosse preso. Sapevo solamente che due partite erano davvero pesanti, ma non credevo che mi rendessero così... Vulnerabile. E con lo zaino sulle spalle, salivo le scale del quarto piano. Dopo la partita, i professori mi vennero vicino, per chiedermi cosa fosse successo. E in quel momento esatto, mi dimenticai tutti i miei sintomi. Ricordai solamente che ad un certo punto, avevo incominciato a vedere nero. E in mezzo a quel nero, un volto bianco, malizioso e beffardo, il volto dei più abili ingannatori, entrò nella mia mente. Il volto di quell'alpha.
Salendo le scale, mi chiesi perché. Perché mi era venuto in mente quel ragazzo? Perché la mia mente mi giocava simili scherzi? Non era affatto divertente. E soprattutto, decisi che appena posato il borsone e fatta una doccia, sarei andato da Taehyung. Avevo bisogno di spiegazioni. Forse, Taehyung non era il più saggio delle persone, ma era un mio hyung, e in quanto tale, poteva darmi più spiegazioni.
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«La stanchezza gioca brutti scherzi, Jungkook, secondo me non dovresti giocarci così.» Mi disse TaeHyung, mentre puliva un bicchiere di vetro. Un bicchiere flûte, era quello più comune. Si mise contro luce, cercando di guardare ogni più piccola imperfezione.
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❛❛ελευτερία.❜❜
FanfictionDove Jungkook si rende conto che solamente con Jimin può essere davvero libero.