XXVI

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La frustrazione di Suga arrivò a livelli cosmici, non solo dopo l'incantesimo di bando di Jungkook la situazione fu stranamente tranquilla, Mark non li aveva più chiamati, ma nonostante fossero ormai in mezzo a novembre il suo lavoro scarseggiava da giorni e questo fu un male incommensurabile.

In tutta la sua vita non avrebbe mai immaginato che un periodo di nullafacenza, dove poteva dedicarsi alle sue due attività preferite, dormire e suonare, potesse diventare un inferno, per un unico, bellissimo e alquanto ingombrante motivo, Park Jimin.

Il giovane licantropo lo seguiva dappertutto, ormai si era autoinvitato a casa sua e fu uno sforzo considerevole riuscire a fargli comprendere che no, non potevano dormire nello stesso letto, in primis perché Suga aveva una volontà di ferro, sì, ma non era un angelo e avere Jimin mezzo nudo nel letto era una cosa impossibile da gestire, anche per un asessuato, in secondo luogo, non c'era nessun secondo motivo, Suga sapeva perfettamente che se lo avesse avuto davvero così vicino sarebbe crollato miseramente.

Oltretutto Jimin era fastidiosamente iperattivo, secondo i gusti di Suga, era sempre a chiedergli di fare qualcosa, di uscire, oppure di mangiare, perché a quanto pareva i licantropi avevano l'appetito equiparabile a quello di sette plotoni di un esercito in trincea, praticamente infinito.

Suga non trovò nessun'altra logica soluzione se non il comportarsi nel modo più scontroso e maleducato possibile, sperando che Jimin non fosse masochista, in modo da allontanarlo e rendersi antipatico ai suoi occhi, tuttavia il negromante provò una crescente sensazione di benessere ad avere ogni giorno la sua calda energia sempre accanto, cosa che lo faceva infuriare ancora di più, perché sapeva perfettamente di non poterselo permettere, Suga non era una persona normale, come nemmeno Jimin lo era, quindi una qualsiasi relazione non strettamente necessaria era da evitare il più possibile.

Così, quando il suo cellulare squillò e si ritrovò un lavoro per quella notte, per la prima volta in vita sua,  esultò dal dover uscire di casa e fare qualcosa e che lo potesse distrarre dalla sua guardia del corpo non richiesta.

Iniziò a recuperare ingredienti dalla credenza, per poi creare uno smudge di salvia bianca, Jimin iniziò ad osservarlo curioso, il poterlo vedere nella sua vita quotidiana lo interessava particolarmente, voleva comprendere cosa facesse in realtà e in che modo lavorasse, Suga legò assieme i rami morbidi e pieni di foglie con spago grezzo, fece dei nodi stretti e piccoli, poi osservò attentamente il risultato, alla ricerca di qualche imperfezione, non avendone trovate lo mise nel borsone.

Una volta pronta la sacca con tutto il materiale il negromante recuperò anche il fucile a canne mozze, che il licantropo guardò storto, ma Suga lo ignorò e si apprestò ad uscire, Jimin lo seguì velocemente.

Raggiunsero il cimitero vicino al quartiere francese, il St. Louis n.1, il più antico di tutta New Orléans e dove riposava Marie Leveau, la regina del vodoo, appena il negromante scese dalla macchina poté sentire quanto la presenza della sua salma riempisse il luogo di un'energia mistica, inspirò confortato e, senza calcolare minimamente lo Skoll, si addentrò all'interno del campo santo, ormai faceva sempre così, non gli parlava e se lo faceva gli rispondeva in malo modo, perfettamente conscio che l'avrebbe seguito in ogni caso.

Suga era stato chiamato dai Malaspina, famiglia italo-americana impegnata nel gestire tutti i bordelli della città di New Orleans, quelli con prostitute umane, per lo meno, aveva lavorato spesso per loro, erano in affari con il Signor Jeon, che gli affittava i locali, quindi prestava i suoi servigi anche a loro di quando in quando, per mantenere i rapporti cordiali.

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