XLII

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Jungkook guardava gli alberi del Bayou con sguardo vuoto, vestito completamente di nero, in mano in fucile a canna mozza, sul petto si incrociavano delle cinture porta cartucce, due Beretta erano assicurate con le fondine su fianchi, gli stivali alti nascondevano due piccoli pugnali nelle loro fodere.

In quel momento sapeva perfettamente come si era sentito Jimin, voleva agire, ma non aveva la minima idea di come fare e invece il licantropo era rimasto freddo, era sceso all'Hell's Lounge e pregato Hoseok di occuparsi di Suga, sapeva che per il licantropo era stato difficile allontanarsi dal negromante, ma lo aveva fatto lo stesso, per aiutarlo e per salvare Taehyung.

Jungkook aveva osservato ogni suo gesto deciso, rendendosi conto di quanto Jimin fosse abituato a situazioni di così forte stress, mentre per lui era molto differente.

I suoi occhi guardarono le foglie che, leggere, si muovevano toccate dal vento notturno, pur senza vederle davvero a causa dei pensieri che gli affollavano la mente. Sapeva cosa doveva fare, ma si sentiva schiacciato, oppresso dalla convinzione di non essere abbastanza esperto, di non essere abbastanza pronto, di non essere abbastanza potente, di non essere e basta; chiuse gli occhi e buttò la testa all'indietro rendendosi conto che rispetto a Suga era solo un ragazzo.

Jungkook ora capiva quando il suo maestro faceva di tutto per proteggerlo, lo capì in quel momento perché con in mano un barattolo di conserve con sopra inciso un sigillo di prigionia si sentì piccolo e inesperto, lontano da ogni possibile appiglio, anche se sapeva di essere coraggioso e non del tutto indifeso, di fronte a quell'essere eterno e antico l'unica cosa che riusciva a provare era paura.

Jimin l'osservò da lontano, decidendo di avvicinarsi al suo branco, per lasciargli il tempo di riprendersi; non appena la sua aura toccò quella degli altri si tranquillizzò all'istante, sentendosi infondere lucidità e forza dall'energia coesa del branco, come quando stava al fianco di Suga, si sentì a casa.

-Allora Nam, come procediamo?- chiese Jimin guardando il suo Alfa dritto negli occhi, Il sapere che il negromante fosse lontano da lui lo spingeva a voler liberare Taehyung al più presto, anche se si fidava di Hoseok, si sentiva strano a non avere il maggiore a fianco e percepiva il suo cuore battere in modo differente da quando era uscito dall'appartamento, come se accanto a Suga fosse sincronizzato su un'armonia totalmente differente.

-Ci divideremo in due gruppi, Jackson sarà alla guida dell'altro, setacceremo il Bayou, anche se non credo sia qui, sai che facciamo le ronde ogni notte e non abbiamo mai visto nulla di strano, anzi anche i fuori casta ora sembrano stare lontani.- spiegò Namjoon serio, moriva dalla voglia di abbracciare lo Skoll, ma ebbe timore che in quel momento non fosse il caso.

-Lo so, solo che Jungkook ha detto che la stronza è probabilmente qui, mi fido di ciò che dice.-

-La stronza ha anche un nome?- replicò Namjoon ridacchiando, Jimin sollevò l'angolo della bocca e poi si passò una mano tra i capelli.

-Lo ha, ma ha detto che è meglio pronunciarlo il meno possibile.- rispose lo Skoll facendo spallucce, poi inspirò e guardò dritto negli occhi il suo Alfa -Joonie appena la vedremo, se la vedremo, avremo poco tempo e dovremmo lasciar fare a Jungkook, noi dovremo proteggerlo giusto il tempo per permettergli di imprigionarla, d'accordo?- gli spiegò Jimin, il tono ridotto a un soffio, gli occhi incatenati a quelli di Namjoon, il quale annuì serio, per poi cedere all'istinto da lupo e abbracciare Jimin, che finalmente si lasciò andare nella rassicurante aura dell'altro.

-Non sono preoccupato per ora, ma per Suga a casa.- confessò lo Skoll, l'Alfa lo strinse un pò più forte per poi baciargli la fronte e lasciarlo andare.

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