XXIII. Procul ab oculis, procul a corde

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"Ti amo e ti amerò fino alla morte, e se c'è una vita dopo questa, ti amerò anche allora"
-Cassandra Clare, Shadowhunters - Città di vetro.

Durante la settimana di prigionia, Lily e Juliet erano riuscite a memorizzare i movimenti dei loro carcerieri.
Passavano due volte al giorno, portando due vassoi con un bicchiere di acqua e dei pezzi di pane rinsecchito.
Non li vedevano mai in faccia, perchè i vassoi venivano portati con un incantesimo di levitazione.
Sapevano però che la guardia era una sola, poichè doveva compiere due volte l'incantesimo, infatti arrivava un vassoio dopo l'altro.
-Dobbiamo scappare- disse Juliet.
Era pallida e i capelli biondi erano sporchi di sporcizia e sudore.
Aveva macchie di fuliggine in viso.
-Ci penso da un po'- le disse Lily.
Immaginava di essere anche lei nelle stesse condizioni pietose dell'amica.
Quanto tempo dovevano ancora passare rinchiuse lì dentro?
-Hai un piano?- chiese la bionda.
La rossa percepì la speranza nel suo tono.
-Può darsi- rispose, cauta -ma è rischioso. Se falliamo... ho paura di quello che potrebbero farci-
Juliet si raddrizzò, per quanto le catene glielo permettessero.
I suoi occhi sembravano due zaffiri affilati.
Non l'aveva mai vista con un aria più combattiva e determinata di quella che aveva in quel momento.
-Non mi interessa la conseguenza che ci potrà essere- disse -rischierò tutto pur di ottenere la libertà-
Lily sorrise dentro di sè.
Ricordò che quando andava alla scuola babbana, da piccola, l'argomento di storia che preferiva fosse la storia scozzese.
Aveva sempre ammirato il coraggio che avevano avuto gli scozzesi, nelle loro lotte per ottenere l'indipendenza dagli inglesi.
Juliet glieli ricordava.
A volte le mancava la scuola babbana.
Più che altro, le materie che si studiavano lì erano completamente diverse da quelle che si studiavano ad Hogwarts, ma non per questo le piacevano di meno.
Le dispiaceva non poter più studiare storia, oppure letteratura.
Era stata la scuola babbana a trasmetterle l'amore per lo studio e la lettura.
Ricordò di aver incontrato Severus, per la prima volta, proprio davanti alla sua scuola.
Le era sempre sembrato buffo, quel ragazzino dai capelli neri.
Era buffo il modo in cui la guardava.
Con la bocca legermente aperta, come se fosse perennemente sorpreso da lei.
Petunia ogni volta la prendeva in giro, dicendo che lui era innamorato di lei.
Che sciocchezza.
Erano solo amici.
O almeno, lo erano stati fino al quinto anno.
L'anno in cui tutto era cambiato.
Lily ora, scosse la testa.
Se avesse comnciato a pensare a lui, non ne sarebbe uscita più.
-Quando ci porteranno il vassoio- prese a spiegare la ragazza -io fingerò di stare male. Se non ci hanno ancora uccise, significa che siamo importanti per qualche loro strano piano, perciò faranno di tutto per farmi stare bene.
E se anche non sarà così, non importa: a noi basta che qualcuno entri qui e lasci la porta aperta. Una volta dentro, tu - che sei la più alta tra noi due - lo colpirai con un calcio, quanto basta perchè barcolli e poi lo colpirò anche io-
-E così scapperemo, pregando che la guardia abbia le chiavi per aprire queste dannate catene-
L'altra annuì.
-E tu sei pronta a rischiare?- domandò Juliet.
Lily la guardò.
-Sempre-

*****

-La cena- annunciò una voce.
Le due ragazze si guardarono.
Juliet annuì.
Videro il primo vassoio che fluttuava verso di loro e Lily fece un respiro profondo.
Cominciò a fare dei versi di dolore, sperando di risultre credibile.
-Cosa sta succedendo lì dentro?- domandò la voce, con un che di arcigno.
-La mia amica...- Juliet aveva la voce impastata -la mia amica sta male-
Si diede della sciocca.
Doveva essere credibile, non doveva ingarbugliare le parole le une sulle altre.
Fece un piccolo respiro.
-Aiuto, la prego!- disse.
Finse di avere la voce tremolante, come se fosse davvero preoccupata.
Per farlo non ci volle molto, poichè l'ansia la sentiva scorrere nelle vene senza nessuno sforzo.
E se non avesse funzionato?
Cosa sarebbe successo?
-Dannazione, quanti problemi che mi date- la voce sbuffò.
Si sentì un rumore metallico e poi una chiave girare nella serratura.
Le due ragazze si guardarono.
Stava funzionando.
-Chi delle due si lamenta come una cagna in calore?- domandò.
La persona che possedeva quella voce entrò nella cella e le due ragazze sgranarono gli occhi.
Era un elfo domestico.
-Allora?- chiese, con voce gracchiante.
Lily sbattè le palpebre.
-Io- sussurrò.
L'elfo si voltò verso di lei.
-Kreacher non vorrebbe aiutarla- disse -ma Kreacher è obbligato dai suoi padroni, perchè siete importanti-
Allora è questo il suo nome, pensò Lily, Kreacher.
Poi strabuzzò gli occhi grandi come palle da tennis.
-Stupido, Kreacher, stupido!- si disse -Non devi dire certe cose! Stupido, Kreacher, stupido!-
L'elfo cominciò a tirarsi degli schiaffi in faccia.
Aveva gli occhi chiusi.
Lily prese tra le mani tutto il coraggio che possedeva e agì.
Con uno slancio, allungò le mani e portò su di sè la creatura.
Quella urlò.
In qualche modo, la ragazza riuscì a tramortire l'elfo e riuscì a prendergli le chiavi che aveva messo alla cintura.
Mentre quello giaceva a terra, Lily, con mani tremanti, aprì la catena che avvolgeva la sua caviglia e si alzò traballante.
Si recò da Juliet e aprì al sua.
La bioda non si trattenne e abbracciò l'amica.
Non rimasero strette per chissà quanto tempo, forse una frazione di secondo.
Ma quello bastò.
Si sostennero, prendendo il dolore l'una dell'altra e facendolo proprio.
-È il momento- sussurrò Lily.
Juliet annuì e le prese la mano.
La strinse, con una presa ferrea.
Poi, insieme, uscirono dalla cella.

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