Epilogo. Fatum

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"I feel like a part of my soul has loved you since the beginning of everything
Maybe we're from the same star"
-Emery Allen, Become.

Londra, estate 1995

Juliet Johnson trattenne il fiato.
-Erano quindici anni che non ritornavamo qui- sussurrò.
Suo fratello Will le passò un braccio intorno alle spalle, stringendola a sé.
-È tutto come te lo ricordavi, non è vero?- le chiese.
Lei annuì piano.
Guardò il Blackfriars Bridge, il ponte dei Frati Neri che svettava sopra il Tamigi.
Guardò la Cattedrale di St. Paul, che in precedenza era di fianco alla casa nella quale vivevano con zia Harriet.
Ma della casa non rimanevano che macerie.
-L'hanno distrutta...- sussurrò Juliet portandosi le mani alla bocca con gli occhi lucidi -la nostra casa non esiste più-
Erano quindici anni che non tornava a Londra, dalla morte di James e Lily Potter.
Lei e suo fratello Will, insieme alla moglie di lui, Tessa, erano scappati in America.
Era stata la cosa migliore da fare.
Essendo Mezzosangue non potevano rischiare di venire catturati.
Juliet avrebbe voluto rimanere a combattere, ma Sirius l'aveva convinta a scappare.
-Fallo per me- le aveva detto, mentre le asciugava gli zigomi bagnati dalle lacrime salate -mettiti in salvo. Scappa e comincia una nuova vita. Stai al sicuro, lontana da qui-
Poi le aveva preso le mani tra le sue, per sentirla vicino a sé un'ultima volta, prima di venire portato via dagli Auror, prima che lo credessero la spia del Signore Oscuro.
-Ma questo significherebbe abbandonarti- aveva obiettato lei, con la voce tremante.
Poi si era voltata e aveva visto suo fratello che le faceva segno di andare da lui.
-Jules- Sirius le sorrise, nonostante avesse gli occhi lucidi -posso sopportare il dolore fisico e tutto quello che vorranno farmi ad Azkaban. Posso sopportare i Dissennatori. Posso andare avanti dopo la morte del mio migliore amico. Ma sapere che potresti soffrire o peggio, venire uccisa... Questo è al di sopra di quello che posso sopportare-
Poi l'aveva baciata, un'ultima volta.
Un bacio impetuoso, che sapeva di perdita.
Di perdita e lacrime.
-Dimmi che mi credi- sussurrò Sirius un'ultima volta -che mi credi quando ti dico che non li ho tradito io. Io non ho tradito James e Lily. Sai che non lo avrei mai fatto-
Juliet posò la sua fronte su quella del ragazzo.
-Ti credo- sussurrò -perché ti amo-
Lui le sorrise, mentre la allontanava da sé.
Poi la spingeva lontano, tra le braccia di suo fratello.
E mentre la ragazza urlava di disperazione, vide solamente le labbra del ragazzo che amava articolare un'ultima parola.
Ti amo.
Poi non sentì la smaterializzazione che avveniva e in un istante, l'immagine di Sirius svanì dai suoi occhi.
Inizialmente, dopo quel giorno, aveva urlato contro Will, gridando che avrebbe dovuto lasciarla andare con Sirius, chiedendogli perché l'avesse portata via.
Poi aveva pianto.
Pianto per giorni interi, tra le braccia di suo fratello o tra quelle di Tessa.
Poi, avendo esaurito tutte le lacrime, aveva cominciato a sentire come un vuoto dentro che la rendeva triste e le toglieva il sonno.
Solamente dopo alcune settimane, aveva deciso che sarebbe andata avanti.
Perché Sirius non avrebbe voluto che si abbattesse così, perché sapeva che lei era forte.
Ora, Juliet guardò Will.
-Dovremmo entrare a dare un'occhiata, non credi?- gli disse indicando con un cenno le macerie che avevano davanti.
-Sei sicura?- le rispose il fratello -Se non ti senti pronta... nessuno ti obbliga. Possiamo tornare un altro giorno-
La donna scosse la testa.
-Per me va bene- disse facendo un respiro profondo -andiamo-
Si fecero largo tra i detriti e le macerie, cercando fotografie o ricordi che erano stati costretti ad abbandonare.
Will aveva i capelli neri lievemente sporchi di polvere quando Juliet si voltò per l'ennesima volta a guardarlo.
L'uomo, sospirando, le puntò contro la bacchetta illuminata.
-Forza sorellina- disse -fammi la domanda che muori dalla voglia di farmi-
La donna distolse lo sguardo.
-Io non devo chiederti niente- si difese, puntando la bacchetta verso in fotografia quasi del tutto bruciata ritraente lei e Will.
-Sei mia sorella- continuò l'altro -so cosa vuoi chiedermi-
Lei sospirò.
-Perché mi hai riportata qui?- chiese con gli occhi lucidi -Tra tutti questi ricordi da cui ho tanto faticosamente cercato di scappare?-
Will la prese tra le braccia.
-Remus Lupin- sussurrò accarezzandole i capelli come quando era piccola -ha detto che saresti dovuta ritornare qui-
-Re-Remus?- a Juliet mancò il fiato.
Non lo vedeva dall'ultimo giorno ad Hogwarts, quando aveva deciso di fare da spia per conto dell'Ordine della Fenice in un gruppo di lupi mannari.
-Mi ha chiesto di darti questo-
L'uomo si frugò nella tasca dei jeans e ne estrasse una busta.
La diede alla sorella.
-Vuoi leggerla da sola?- chiese con gli occhi azzurro scuro velati di preoccupazione.
La donna annuì piano e il fratello le diede un bacio sulla fronte, poi la lasciò sola.
Con mani tremanti aprì la busta e lesse un indirizzo.
Le tornarono alla mente ricordi di urla e pianti.
Si smaterializzò immediatamente davanti alla casa che le era stata indicata.
Grimmauld Place numero 12.
All'interno della busta c'era anche una pergamena, con su scritte delle parole.
La lesse e alzò lo sguardo.
I condomini con appartamenti a schiera pieni di babbani si spostarono, facendo comparire in mezzo a loro una villa.
La casa dei Black.
Juliet corse davanti alla portone della casa e si bloccò.
Avrebbe dovuto bussare?
Non lo fece.
Aprì la porta e si ritrovò in un grande salone.
C'era un grande quadro, coperto da un telo rosso, dal quale provenivano sussurri.
La donna colse le parole "mezzosangue" e "depravati".
Rabbrividì.
Si aprì una porta, che probabilmente dava sulla cucina, pensò lei.
E ne uscì un uomo.
Trattenne il fiato, temendo che il cuore le si fermasse.
Sapeva che era riuscito a fuggire da Azkaban, ma non avrebbe mai immaginato di incontrarlo di nuovo.
Lo rivide ancora diciassettenne, mentre la stringeva a sé e la baciava.
-Sei davvero tu...- esalò mentre il volto di Sirius Black si dipinse di stupore.
Juliet non si trattenne.
Gli corse incontro, gettandogli le braccia al collo e abbracciandolo come se volesse plasmarsi in lui e non lasciarlo più.
Sirius prese ad accarezzarle i capelli, come per accertarsi che fosse davvero lì.
Si rese conto che, nonostante gli anni, i capelli di lei gli ricordavano ancora la seta dorata.
Le ripeteva una sola parola, incessantemente, come se fosse una cantilena.
Jules.
Erano quindici anni che nessuno la chiamava più così, da quando lui era stato arrestato.
-Pensavo che non ti avrei mai più rivisto- sussurrò la donna, affondando il viso nell'incavo del suo collo -e che non avrei più sentito la tua voce-
Si staccò di poco da lui, accarezzandogli la guancia.
-Ma sei qui- disse guardandolo in quegli occhi che amava -e ti vedo. E ti sento-
-Mi sei mancata. Dio, non sai quanto mi sei mancata- sussurrò Sirius -eri il mio primo pensiero la mattina e l'ultimo alla sera. Se di notte sognavo, sognavo sempre e solo te.
Il tuo volto.
Il pensiero che avrei potuto rivederti ha fatto in modo che non impazzissi in quella maledetta cella. Sei sempre stata tu, la mia salvezza-
-Ti amo ancora- mormorò lei -non ho mai smesso di amarti-
L'uomo notò che aveva gli occhi lucidi, ma sorrideva.
-Ti avevo detto che noi due saremmo stati per sempre no?- le rispose alzando un angolo della bocca -Ed è così che io ti amo-
Lei si avvicinò a lui, lentamente, e sfiorò le sue labbra.
Ancora non riusciva a crederci.
Poteva baciarlo di nuovo, almeno un'ultima volta.
-Oh al diavolo!-
Sirius le prese il volto tra le mani, baciandola, e rendendosi conto che le sue labbra erano morbide come ricordava.
-Ehm Sirius, è normale che Ron abbia trovato una pixie nella tua camera?- chiese una voce.
I due si staccarono, e Juliet arrossì immediatamente.
Sirius trattenne a stento una risata e con un'incredibile forza d'animo si trattenne dal sfiorale la guancia arrossata.
La voce apparteneva ad un ragazzo dai capelli neri, di quindici anni, che se ne stava imbarazzato sulla soglia della cucina.
Però dal suo volto non sembrava avesse visto quello che era accaduto precedentemente.
L'uomo gli sorrise.
-Era da un po' che non entravo nella mia stanza, Harry- disse tranquillo -quindi si, è normale-
Il ragazzo alzò lo sguardo per posarlo su quello del padrino e fu lì che Juliet li notò.
Occhi verde smeraldo che le erano dolorosamente famigliari.
Gli occhi di...
-Lily- sussurrò lei -gli occhi di Lily-
Il ragazzo che Sirius aveva chiamato Harry la guardò incuriosito.
-Ehm piacere- disse porgendole una mano -io sono Harry Potter-
Juliet non si era nemmeno accorta di star trattenendo il fiato.
Come non si era nemmeno accorta di star stringendo a sé il ragazzo.
Un attimo prima lo guardava negli occhi, e un attimo dopo si ritrovava con i capelli neri come il carbone di lui, identici a quelli di James Potter, che le solleticavano il collo.
Le lacrime avevano cominciato a scenderle silenziose, come un fiume in piena, mentre Harry le accarezzava goffamente la schiena per consolarla.
-Era la migliore amica di tua madre- disse Sirius accorgendosi dello sguardo confuso e imbarazzato del ragazzo -Lily la considerava sua sorella-
-E per me era lo stesso- mormorò la donna staccandosi da Harry.
Lo guardò imbarazzata.
-Scusa- disse -immagino non ti aspettassi una reazione del genere. Il mio nome è Juliet Johnson-
-No, va bene- il ragazzo le sorrise -eri una persona vicina a mia madre-
-Era molto più che vicina a tua madre, Harry- osservò una voce calda proveniente dietro di loro.
Harry sorrise.
-Professor Lupin!- esclamò.
Juliet si voltò lentamente, incrociando lo sguardo di Sirius, e facendogli una muta domanda.
È davvero lui?
Era diventata improvvisamente pallida, come se le avessero sottratto le forze.
Egli annuì.
Un conto era rivedere uno dei due grandi amori della tua vita, ma incontrare di nuovo anche l'altro quando pensavi che non l'avresti più rivisto era tutt'altra cosa.
-Remus...- sussurrò solo guardandolo negli occhi.
Poi era già tra le sue braccia.
-Ti avevo detto che ci saremo rivisti- le sussurrò lui stringendola a sé.
-Forse sarebbe ora che imparassi a darti ascolto- gli rispose con gli occhi nuovamente lucidi.
Si staccò da lui, e lo guardò in faccia.
Gli carezzò la cicatrice che aveva sulla tempia sinistra.
-Cosa ti hanno fatto?- chiese piano.
Remus sorrise gentilmente.
-Niente che non abbia potuto sopportare- rispose -i lupi mannari non sono cattivi come sembrano-
-Ci hai salvato con la scelta che facesti diciotto anni fa. Lo sai, non è vero?-
Si voltò verso Sirius e Harry.
E al loro fianco lo vide e sorrise.
Un pianoforte a coda, nero e lucido.
Harry, in quel momento, si rese conto del perché Sirius si ostinasse sempre a pulirlo ogni giorno, come se fosse un cimelio prezioso.
Perché gli ricordava Juliet.
-Posso?- chiese lei guardando il proprietario della casa.
-Certamente- Sirius le sorrise.
Juliet si avvicinò al pianoforte e si sedette sullo sgabello.
Chiuse gli occhi e cominciò a suonare, mentre i due grandi amori della sua vita le si mettevano dietro e la guardavano, con lo sguardo pieno d'amore.
E lei suonò.
Perché la musica è l'arte che più si avvicina alle lacrime e alla memoria.
Suonò per tutti gli anni che avevano passato separati.
Suonò per tutte le lacrime piante.
Suonò per il destino che li aveva separati da quelle due persone che erano come i loro fratelli.
Suonò per tutti i segreti che avevano custodito.
Suonò per tutti i momenti belli che avevano vissuto.
Suonò anche per ciò che sarebbe accaduto dopo.
Suonò per il momento nel quale Sirius, nell'Ufficio Misteri, avrebbe guardato un'ultima volta Juliet, per imprimersi il suo volto nella mente, come un marchio a fuoco, in quegli ultimi attimi, prima di sorriderle e sparire oltre il velo.
Suonò per il momento nel quale Remus sarebbe caduto, da eroe qual era, durante la battaglia di Hogwarts.
Suonò per il grido di disperazione che entrambe le volte lei avrebbe lanciato, vedendo morire entrambi i pezzi del suo cuore.
Suonò per quando avrebbe pensato che avrebbe mantenuto vivo il loro ricordo, facendo in modo che chiunque l'avrebbe conosciuta più tardi nel tempo, avrebbe conosciuto anche un po' di Sirius e Remus.
E infine, suonò per l'amore che legava quei tre ragazzi ormai cresciuti che non avevano smesso di provare ciò che li aveva legati ai tempi della scuola e non si sarebbe dissolto tanto facilmente.
Come una promessa che nemmeno il destino avrebbe potuto infrangere.

Traduzione del titolo: "Destino"

CupidaGranger

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