"Salute e addio. Non aveva dato molto peso a quelle parole prima di allora, non aveva mai pensato al perché non fossero solo un addio ma anche un saluto. Ogni incontro implicava una separazione, e così sarebbe stato finché la vita fosse stata mortale. In ogni incontro c'era un po' del dolore della separazione, ma in ogni separazione c'era anche un po' della gioia dell'incontro"
-Cassandra Clare, Shadowhunters le Origini - la Principessa.Juliet si voltò.
La porta della cucina venne spalancata e un uomo dai capelli biondi entrò.
La ragazza gli sorrise.
-Dormito bene, tesoro?- domandò lui.
Lei annuì e bevve un altro sorso di te dalla sua tazza.
Poi la posò sulla penisola della cucina e si girò verso l'uomo.
-E tu?- chiese.
Lui fece una mezza risata.
-Si, se solo tuo fratello non fosse tornato alle tre di notte svegliandoci tutti-
-Io non ho sentito Will rientrare-
L'uomo le puntò un dito contro.
-E ci credo- commentò -hai il sonno pesante!-
-Meno male che non ho preso da te, papà-
Juliet sbattè le palpebre.
Papà?
Non era possibile.
Suo padre era morto.
Lo guardò mentre una lacrima le cadeva dagli occhi azzurri.
Stava sognando.
Si sentì mancare l'aria.
Sembrava... era sembrato tutto così reale.
Perché non poteva essere vero?
Perché non poteva riavere con sè i suoi genitori?
Edmund Johnson sorrise alla figlia e poi uscì nuovamente dalla porta.
Juliet scattò in piedi: e se fosse scomparso?
-Papà aspetta!- disse.
Lo seguì e una volta nel salotto, si guardò intorno.
Una dolce melodia saliva dai martelletti del pianoforte.
La ragazza sorrise nel vedere suo padre seduto davanti ad esso.
Edmund le fece cenno con la testa di raggiungerlo.
Juliet si accomodò accanto a lui, osservando prima le sue mani veloci e precise mentre eseguiva la Patetica di Beethoven, poi la sua espressione concentrata.
Sembrava in pace con il mondo.
La ragazza, non riuscendo a sopportare quella vista che le spezzava il cuore, che le parlava di anni rubati, posò la testa sulla spalla del padre.
Chiuse gli occhi.
-Tesoro- la chiamò Edmund dopo un po'.
Juliet alzò la testa e lo guardò negli occhi.
-Si papà?-
Quelli di lui erano di una tonalità di azzurro più chiara rispetto a quelli di lei e di Will.
-Vieni con me- le disse.
-Cosa? Ma... dove?-
L'uomo le porse una mano.
-Vieni con me- ripetè.
Dietro di lui comparve una porta.
Era aperta e brillava come se dietro di essa ci fosse il sole in tutta la sua magnificenza.
Juliet scattò in piedi.
Sapeva dove conduceva quella porta.
-No- disse, la voce tremante -papà... io non posso abbandonare i miei amici! Non... non posso-
-Vieni con me-
Sembrava che la voce di Edmund fosse stata impostata per ripetere sempre quelle tre parole, che parevano lame nel cuore di Juliet.
-Io non voglio morire!- gridò alla fine.
Juliet aprì gli occhi.
Tutto intorno a lei era bianco e le ci volle qualche secondo per capire che si trovava nell'Infermeria di Hogwarts.
E non era sola.
Vide che Sirius, con il torace avvolto in una serie di bende candide, si era addormentato su una scomoda sedia accanto al suo letto.
Una mano era stesa verso di lei, come se durante la notte gliela avesse presa, ma poi, addormentadosi, essa si fosse scostata.
-Sirius?- chiese, con un filo di voce.
Le palpebre del ragazzo tremarono e poi luì aprì gli occhi.
Era vivo.
Era vivo ed era davanti a lei.
E stava bene.
Sirius sorrise, vedendola sveglia.
Non era un sorriso smagliante, nè un sorriso malizioso.
Semplicemente, era un sorriso dolce e sincero.
-Cosa ti è successo?- chiese Juliet.
Lui lanciò uno sguardo alle bende e poi lo incantenò a quello cobalto di lei.
-La maledizione di Dolohov- rispose.
Lei sgranò gli occhi.
-E' un miracolo che io sia vivo- continuò -o almeno, così mi ha detto Madama Chips. Non sono così ferrato in Incantesimi per sapere cosa abbia compiuto quell'incanto, ma a quanto pare avrei dovuto lasciarci la pelle e... cosa stai facendo?-
Juliet, aggrovigliata in un intrico di coperte, stava cercando di raggiungerlo.
-Volevo abbracciarti- disse, sinceramente.
Era stanca di dover ponderare ogni sua decisione con Sirius, ogni sua frase.
Voleva dorgli tutto ciò che provava senza mezzi termini.
E Remus?, chiese una vocina nella sua testa.
Avrebbe parlato con Remus non appena fosse stata dimessa dall'Infermeria.
Gli avrebbe detto al verità.
Che amava sia lui che Sirius e insieme avrebbero trovato una soluzione.
Sirius fece una mezza risata.
-Ne sono veramente onorato, ma penso sia il caso venga io da te- disse.
Si alzò e si sedette sul bordo del lettino.
Erano ad una certa distanza, come se il ragazzo non sapesse cosa gli fosse concesso e cosa no.
Juliet si accasciò contro la testata del letto.
Era bellissima, nonostante fosse pallida e con i capelli in disordine per il sonno tormentato che aveva fatto.
-Credo sia più grave una botta in testa piuttosto che un incantesmo- aggiunse Sirius.
Lei inarcò un sopracciglio.
-Non ne sono così si sicura, se proprio lo vuoi sapere- rispose.
Poi chinò lo sguardo.
-Stavo facendo un sogno- disse.
Sirius la guardò.
-Hai voglia di raccontarmelo?-
Juliet lo guardò negli occhi.
-Ho sognato mio padre- raccontò -sembrava tutto così reale... ed è strano, perchè non ho mai sognato i miei da quando ne ho memoria. Lui mi chiedeva di andare con lui, di stare insieme recuperando tutti gli anni rubati dal tempo e dalla morte, attraversando una porta dalla quale proveniva una luce bianca. Ma sapevo, dentro di me lo sapevo, che se io avessi attraversato quella porta, non sarei più tornata indietro. Ho così tanto da fare ancora qui e... non volevo morire-
Sirius le prese la mano, avvicinandosi impercettibilmente.
-Sai perchè mi sono innamorato di te?-
Juliet scosse la testa, come se fosse ipnotizzata dagli occhi chiari di lui.
Lui le sfiorò la guancia con l'altra mano.
Era così bello poterla toccare, finalmente.
-Tu mi completi, Jules- le disse -sei tutto il contrario di quello che sono io. Se io dico nero, tu dici bianco. Se io dico luna, tu dici sole e così via. Io vedo il lato peggiore delle persone, mentre tu vedi sempre quello migliore. E lo hai visto anche in me. Hai trovato dentro di me una persona che nemmeno io credevo esistesse ancora-
Lei gli posò l'indice sulle labbra, per zittirlo.
-Tu sei sempre stato quella persona- gli sussurrò -una persona meravigliosa, buona e con una grande umanità, Sirius. Ti serviva semplicemente qualcuno che ti ricordasse come fare per tirarla fuori di nuovo-
-E quella persona sei tu-
Posò delicatamente la fronte su quella della ragazza.
-Non so come farei senza di te, Jules- mormorò.
Juliet abbozzò un sorriso, mentre si sporgeva in avanti.
-Non devi nemmeno porti la domanda- gli rispose -perchè io ci sarò sempre-

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Promise
FanfictionJames Potter aveva un solo obiettivo - che si era imposto dal secondo anno: conquistarla. Perché lei era solo una scommessa ed era fermamente convinto non sarebbe diventata niente di più. La scommessa di una vita. Lily Evans era sempre stata felice...