Capitolo 28

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"Fa' che l'estate non finisca mai, che lui non se ne vada mai, che suoni all'infinito la stessa musica, non chiedo molto e giuro che poi non chiederò più nulla."
-Chiamami col tuo nome, André Aciman

*

Cara Ley, sono in India e non faccio altro che pensare a quanto ameresti questi luoghi, i bambini vivaci, i colori accesi degli abiti tradizionali, l'odore persistente delle spezie...

Non sopporto il modo in cui ci siamo lasciati. Fino all'ultimo secondo prima di partire ho sperato di vederti spuntare tra tutte quelle persone in aeroporto per correre ad abbracciarmi, ma tu non sei venuta.

So bene che ti ho ferita e mi dispiace, credimi che ha fatto male anche a me vederti piangere e sentirti dire che non mi vuoi più vedere. Ogni mattina mi sveglio con quel terribile ricordo ormai impresso nella mente.
Ho perso il conto delle fotografie che ti ho spedito senza ricevere alcuna risposta da parte tua. Spero almeno che arrivino nella tua cassetta della posta e che non si siano perse da qualche parte nel mondo...

Mi manchi, Leyla.
Per favore rispondimi. H.

Edward

Ricordo che la prima volta che sono stato in India spedì a Leyla diverse foto del mio viaggio tra cui una in particolare scattata all'alba davanti alla stazione di Mumbai, il magnifico edificio illuminato dal sole tenue e la città già sveglia con il suo inconfondibile traffico a dare movimento allo scatto. Usai quella foto come una cartolina: sul retro non scrissi dei luoghi visitati come avevo fatto le volte precedenti, ma chiedevo il suo perdono, la pregavo di rispondermi... erano passati mesi dalla mia partenza e avevo perso il conto delle volte in cui le avevo scritto.
Ogni Stato, una fotografia. Un pensiero per lei.
Mai una risposta.

Sento il suo corpo scivolare più vicino al mio, mi lascia un delicato bacio sul costato, dove ho tatuato l'orchidea, poi torna con la testa sul cuscino senza però togliere il braccio che mi circonda l'addome. Mi volto per guardarla, i lunghi capelli mossi sparsi sul guanciale, gli occhi socchiusi e l'accenno di un sorriso sulle labbra. «Buongiorno», le bacio la punta del naso.

"Anche tu mi manchi" mi aveva risposto con un semplice sms. Finalmente.

"Significa che mi hai perdonato?" le chiesi.

"Solo se un giorno mi porterai in India" ed io, con l'entusiasmo di un diciottenne, le dissi "te lo prometto". Sono trascorsi sette anni e quella promessa, forse, era stata un po' dimenticata da entrambi. Non avremmo mai potuto immaginare che un giorno si sarebbe presentata l'occasione di fare questo viaggio insieme.

«Buongiorno!», lei mi bacia sulla bocca per poi alzarsi dal letto. La osservo mentre si toglie la mia t-shirt che ha usato per dormire restando con solo gli slip indosso, si infila una canotta bianca e dei pantaloni comodi dal tessuto leggero, adatti per affrontare il viaggio.
«Posso sapere che problema hai con i reggiseni?»

«Fa troppo caldo per indossare il reggiseno».

«E come pensi che io possa affrontare la giornata sapendo che sotto quella canotta striminzita non indossi niente?»
In risposta scrolla semplicemente le spalle. Sale in ginocchio sul materasso avvicinandosi sempre di più, finché non si accomoda a cavalcioni sopra di me e i miei sensi si svegliano all'istante. Si allunga per prendere gli accessori sul comodino e, con estrema calma e senza accennare a volersi alzare, inizia ad infilarsi bracciali e anelli, tra cui non è presente la fede nuziale ormai da diverse settimane. So che lo sta facendo apposta, le piace provocarmi, giocare e poi scappare. Se da un lato mi eccita, dall'altro mi diverte il suo sguardo furbo sul viso da bambina. Dio, quanto mi mancherà...

PARTIRE PER RICOMINCIARE || H.S.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora