Capitolo 35

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Edward

Nel sentire Lewis sbraitare in direzione delle scale, interrompo il discorso con Riley e lo raggiungo. «Chi era?»

«La tua margherita!» Margherita? Io non conosco nessuna Margherita. «Qual è il vostro gioco? Chi è più bravo a scappare, vince? Non ti sopporto più, me ne vado» urla sbattendomi la porta in faccia.
Ormai dovrei averci fatto l'abitudine con le porte sbattute in faccia, ma la verità è che provo ancora amarezza. Mi volto verso Riley che mi guarda accigliata. Alzo le spalle in risposta, non ho la più pallida idea di che cosa sia appena successo.
Tranne quella piccola discussione appena sono tornato a New York dopo la scorsa estate — quel bacio sbagliato e il cazzotto che mi ha giustamente rifilato il suo ragazzo quando mi ha conosciuto — non abbiamo avuto più problemi da tre mesi a questa parte.

«Allora, niente birra?» Riley si avvicina.

Scuoto la testa. «Stasera passo».

«Peccato» mi sorride «avrei voluto presentarti una mia amica».

«Magari un'altra volta» mi sforzo di ricambiare il sorriso. Diamine, sembro così disperato?
È stato Lewis il primo a tentare di convincermi di mettere da parte il passato. Mettere da parte lei.
"Devi andare avanti. Esci, prova a frequentare altre persone!"
Poi ho preso una decisione, probabilmente non quella che si aspettava lui, ma mi ha sostenuto. Sono tornato a New York questa mattina e stranamente non mi ha fatto nessuna domanda a riguardo. Penso abbia perso ogni speranza con me e la cosa non mi disturba più di tanto. Anzi, è un sollievo non parlarne.
Adesso, però, ci si è messa pure Riley che vuole presentarmi le sue amiche. Mi trattengo dall'alzare gli occhi al cielo solo per non essere scortese. Devo essere decisamente un caso disperato se i miei ex si preoccupano a tal punto per la mia vita sentimentale.

Saluto Riley e, nel chiudere la porta, noto un post-it volteggiare e finire sul pavimento. Mi chino per raccoglierlo, sopra è stato scritto un numero di cellulare che non conosco. Non è la calligrafia di Lewis.
Il pensiero che possa essere lei mi attraversa la mente, ma mi obbligo a tornare subito con i piedi per terra. Spero sempre che sia lei, ma la verità è che non tornerà più da me. Non so nemmeno dove sia. Sicuramente si è fatta una nuova vita chissà dove e a me non ci pensa più.
Appoggio il foglietto sulla consolle dell'ingresso, sistemo la cornice con la nostra foto — il terremoto di Lewis non presta mai attenzione quando appoggia le chiavi qui sopra — e dopo un sospiro amaro vado a fare la doccia.


Sobbalzo nel sentire il suono del campanello. Mi rendo conto di essermi addormentato sul divano con la tv accesa. Afferro il cellulare per guardare l'ora. 01:47 am.
Chi cazzo è a quest'ora della notte? Scommetto che è Lewis. Deduco abbia discusso con il suo ragazzo, altrimenti non mi spiego perché non sia rimasto a dormire da lui come ormai fa da tre mesi a questa parte.
Il campanello suona una seconda volta, così mi obbligo ad alzarmi mentre stropiccio gli occhi. Spengo la tv, accendo la luce e raggiungo l'ingresso senza riuscire ad evitare di inciampare un paio di volte.
Apro la porta e... cazzo. Nel vederla sono costretto a fare un passo indietro per evitare di perdere l'equilibrio. È come se una una folata di vento inaspettata mi travolgesse e rischio di cadere stramazzato sul pavimento.
«Sei qui?» mi esce come una domanda perché ho quasi paura che sia solo frutto della mia immaginazione.
È così dannatamente bella. La sua pelle è tornata ad essere candida, non c'è più traccia dell'abbronzatura. Ha tagliato i capelli, adesso sono corti fino alla base del collo e le stanno da Dio, i suoi occhi verdi sembrano più grandi. Restiamo in silenzio a guardarci per un tempo indefinito, incapaci anche di respirare.
Quando decide di parlare mi travolge nuovamente dicendomi l'ultima cosa che mi aspettavo.
«Stai zitto.» Sbatto ripetutamente le palpebre. E chi si azzarda a parlare? «Devo dirti alcune cose e mi sono immaginata il momento perfetto un milione di volte nella mia testa, ma niente è andato secondo i miei piani! Ho iniziato ad odiare le commedie romantiche per colpa tua, perché quelle scene strappalacrime alla fine di ogni film sono impossibili da ricreare nella vita reale. Quindi adesso stai zitto e mi ascolti». La vedo sospirare con fare nervoso per poi tirare fuori dalla tasca del cappotto un foglio spiegazzato con mani tremolanti.

PARTIRE PER RICOMINCIARE || H.S.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora