Without you, Avicii.
"A scuola cosa dicono?" domandai per far conversazione. In fondo era l'unica cosa che davvero mi interessava in quel momento.
Peter fece spallucce, amareggiato.
"Tutti parlano ma nessuno sa davvero cosa è successo. A parte il tuo amico Barnes, suppongo. Lui ha messo in giro la voce che tu abbia deciso di cambiare college. - mi informò - Invece tuo cugino ha dato di matto ieri."
Lo guardai, chiedendogli di continuare.
Pendevo dalle sue labbra, ma allo stesso tempo quasi mi sentii malissimo a pensare che il motivo della sua scenata fosse colpa mia.
In fondo ero andata via senza dirgli niente, ma volevo solo proteggerlo.
Sapevo che lui avrebbe fatto lo stesso per me."Sì, perchè dice che secondo lui non è vero che hai cambiato scuola, perchè altrimenti lui lo saprebbe. Dice che tutti gli tengono nascosta la verità, che tu sei andata via chissà dove e non lo hai nemmeno salutato, non gli hai detto nulla."
Inevitabilmente mi si riempirono gli occhi di lacrime.
Ero dispiaciuta, davvero non avevo pensato alla sua reazione. Eravamo cresciuti insieme, staccarsi da me così, senza preavviso nè senza motivo deve essere stata dura."Volevo solo proteggerlo. - sussurrai - Lui... non ha visto quando ho scatenato i poteri a scuola... Volevo che fosse tranquillo. Invece ho sbagliato tutto."
Peter mi posò una mano sulla spalla, in un gesto che stupì sia me che lui.
"Non devi rammaricarti. È ciò che ho fatto io, ho tenuto nascosto a tutti di essere Spider-man, persino a mia zia May, perché volevo proteggere quelli che mi stavano a cuore.
Poi May è venuta a saperlo e ha fatto la sua sfuriata... ma vabbè, quello me lo aspettavo."Sorrisi. Peter era davvero un ragazzo simpatico, oltre ad essere in gamba, dovevo ammetterlo, soprattutto nelle vesti di Spider-man.
Tra una chiacchierata e l'altra, era venuta la sera e tra poco meno di un'ora si sarebbe consumata la cena.
"Hai una stanza qui?" domandai a Peter.
Lui scosse il capo.
"Era una delle cose che volevo chiedere al signor Stark.""Vieni, nel frattempo ti mostro la mia."
Mi alzai dal divano e lo guidai verso camera mia. Appena entrò, Peter restò di stucco.
"Questa stanza enorme è tutta tua?!" chiese stupito.
Annuii.
"Che figata! - esclamò guardandosi intorno - È ordinatissima! Non assomiglia per niente alla mia."
Mi aveva raccontato di avere una camera piuttosto disordinata, con un sacco di oggetti trovati in giro per il Queens e che lui si divertiva ad aggiustare e far funzionare di nuovo.
Lo invitai a sedersi sul grande letto e lui non se lo fece ripetere due volte.
"Ma allora tu diventi tutta di fuoco?" domandò, facendo riferimento ai miei poteri.
"Già. E poi ho anche dei muscoli sviluppati e forza sovrumana. È per quello che quando avevo mollato quel pugno a Cooper gli avevo rotto il setto nasale." spiegai.
Lui fece fatica a contenere una risata.
"Ogni volta che penso a quel cazzotto scoppio a ridere." commentò.Aprii il cassetto del comodino, nel quale avevo messo i fumetti, ne presi un paio e li buttai sul letto, sotto il naso a Peter.
Lui li guardò un attimo per capire cosa fossero e subito dopo ne prese in mano uno e lo sfogliò."Wo, i fumetti sui supereroi! Come fai ad averli?" fece alzando gli occhi dalle pagine giallastre invecchiate.
"Me li hanno regalati i miei genitori per Natale e per il compleanno. Prima che morissero."
Peter continuò a fissarmi.
"Oh... Mi dispiace."Peter non sapeva dei miei genitori. Non me lo chiese, ma era una persona fidata e sentivo che dirglielo mi avrebbe fatto sentire meglio.
"Sono usciti in macchina poco dopo pranzo. Mi avevano lasciato con zia Amélie, la zia di mia mamma che mi ha fatto da tutrice per tutta la vita. Lo facevano spesso, tornavano la sera tardi. Quel giorno non tornarono.
Dispersi, per alcuni addirittura morti. Avevano promesso che avrebbero continuato le ricerche, invece no. Di loro non ho più saputo nulla... all'epoca avevo tre anni.""È una storia agghiacciante." mormorò Peter, non sapendo che altro dire.
Mentre il ragazzo sfogliava ancora i fumetti, io presi la lettera dei miei genitori tra le mani.
Era spiegazzata, scritta con una calligrafia molto simile alla mia, dedussi fosse quella di mio padre.
Aveva una piccola chiazza su un lato, sembrava acqua asciugatasi in fretta, ancora evidente a distanza di anni.Lacrime.
I miei genitori quando avevano scritto quella lettera avevano versato lacrime.
Ma perché?"Ho sentito diverse voci. Penso che sia arrivato il signor Stark."
Le parole di Peter interruppero il flusso dei miei pensieri.
Rapidamente misi la lettera nel cassetto insieme agli altri fumetti.
Uscii dalla stanza seguita da Peter e raggiunsi il salone principale, dove gran parte della squadra si era raggruppata dopo il ritorno di Tony e Bruce.Mi avvicinai al gruppo e sentii il braccio di Clint poggiarsi attorno al mio collo. Alzai lo sguardo e gli sorrisi riconoscente per quel gesto così tenero.
Tony finì di blaterare riguardo un tizio che aveva incontrato e posò il suo sguardo su Peter.
"Parker? Che ci fai qui? Ti avevo raccomandato di stare in casa, è pericoloso farsi vedere in giro in questo periodo!" lo riprese con una nota di rimprovero nella voce.
"Ma signor Stark, me lo aveva detto lei di venire qui oggi!" protestò il ragazzo, parlando velocemente, come faceva sempre quando si rivolgeva a persone di alto rango rispetto a lui. Lo faceva perché non era in grado di mantenere la calma e aveva paura di balbettare.
Tony si fermò a riflettere, poi annuì.
"Perdonami, ragazzo, hai ragione. Volevo solo avvertirti che presto avremo bisogno anche di te. Devi stare in guardia." spiegò.
Peter annuì più volte e lo ringraziò per la fiducia, quindi Tony, come suo solito, iniziò a lamentarsi di aver fame, così Wanda e Natasha iniziarono a preparare qualcosa da mangiare, mentre gli altri ritornarono alle proprie faccende.
Io mi sedetti sul divano insieme a Clint, che quel giorno avevo visto poco, che insistette per fare una chiacchierata piuttosto importante.
"Signor Stark posso avere anche io una camera qui?" domandò Peter.
Tony sorrise.
"Devo chiedere a Fury, se vuoi restare stanotte ti trovo una sistemazione.""Lascialo dormire nella mia camera, Tony. - si intromise nella conversazione Clint - Tanto io devo andare."
"Devi andare? - ripetei - E dove?"
"Era questo di cui ti volevo parlare ora. Devo andare a casa." rispose lui, lasciandomi spiazzata.
"P-perchè?" chiesi, già immaginando la risposta. Dopo quella sua affermazione mi sentivo persa e illusa che davvero lui sarebbe rimasto con me per tanto tempo.
"Hanno scoperto che sono fuori casa mentre dovrei essere agli arresti. - spiegò - La polizia mi ha dato dodici ore di tempo per rientrare in casa e scontare la mia pena.."
Io continuai a guardarlo con occhi traboccanti di tristezza.
"No, non puoi andare."
Lui annuì e sorrise per tranquillizzarmi.
"Devo, invece. Manca così poco alla fine della mia condanna, Grace... Presto ci rivedremo, lo sappiamo entrambi. Su, vieni qui."E con quelle ultime parole mi accolse in un caloroso abbraccio che sapeva di addio, anche se speravo fosse solo un arrivederci.
STAI LEGGENDO
𝐀𝐕𝐄𝐍𝐆𝐄𝐑𝐒: 𝐓𝐡𝐞 𝐔𝐥𝐭𝐢𝐦𝐚𝐭𝐮𝐦
Fanfiction• Tempo di ambientazione: Post Civil War; Infinity War Grace Edwards ha una vita pressoché normale, ma è diversa dalle altre ragazze: ha dei poteri soprannaturali. Nick Fury non esita a rintracciarla, invitandola ad unirsi allo S.H.I.E.L.D. e a que...