▪︎Epilogue

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Need to know, Calum Scott.

Era passato un anno dallo schiocco.
Era pieno febbraio, faceva freddo.

Alla base eravamo rimasti io, Natasha, Steve e pochi altri.

Tony non viveva più lì, aveva preso una casa in campagna circa un mese dopo lo schiocco.
Aveva detto di aver bisogno di riposo dopo tutti quegli anni da supereroe.
E in effetti aveva ragione.

Bruce aveva creato un laboratorio tutto suo; lì ci viveva e voleva lavorare ad un grande progetto, che però non sapevo quale fosse perché non ce l'aveva rivelato.

Thor aveva lasciato la base senza lasciare spiegazioni.
Credo che Natasha stesse cercando ancora di scoprire quale fosse stata la sua meta.

A proposito di Natasha, lei era ancora molto giù, ma cercava di distrarsi con il lavoro.
Ce n'era sempre molto, anche altri pianeti nell'universo erano sconvolti e nello squilibrio più totale dopo lo schiocco.

A riportare ordine nella galassia sono Rocket, il procione dei Guardiani, Okoye, una wakandiana, e Rhodey.
Natasha è una specie di centralinista. Dico davvero, tutto quel che accade passa da lei.

Lavora incessantemente su dati, documenti di gente polverizzata, analisi... Qualsiasi cosa è utile per lei.
Il motivo? Cerca ancora di trovare un modo per riportare tutti indietro.

Non si è data per vinta.

Steve è l'unico che continua a spronare tutti, me soprattutto, dicendo di farci una nuova vita.

Mi ha iscritta di nuovo a scuola. Ovviamente non è nulla di serio, dopo lo schiocco ormai le lezioni sono incentrate sull'attualità, sul ritrovare sè stessi e sul lasciare alle spalle il passato.

In pratica sono lezioni di vita, è come stare seduti di fronte ad uno psicologo.

Ma lo scopo per cui Steve mi ha mandato a scuola non era prettamente questo, ma un modo per non autocommiserarmi, un modo per essere occupata e non pensare a Peter.

Me lo ha detto espressamente durante una discussione; tutti eravamo da tempo molto tesi e addolorati, e sfociare in battibecchi era inevitabile.

Non era più lo Steve di una volta, e io non ero più la stessa Grace: le nostre opinioni erano sempre contrastanti e finivamo sempre per dirci le cose in faccia senza poterci dare un freno.

Ma proprio quando stavo per arrendermi a come la vita fosse stata ingiusta nei nostri confronti, ci fu una svolta.
La svolta.

Era un altro giorno noioso e spento.

Ero da poco tornata a casa da scuola, avevo salutato Natasha che lavorava e Steve che leggeva il quotidiano in cucina, quindi mi ero recata in palestra, dove come ogni giorno mi sfogavo prendendo a pugni il sacco da boxe. 

Lo facevo più per abitudine ormai, all'inizio era invece per sfogarmi quando la paranoia prendeva il sopravvento tipo è colpa mia, oppure mi manca Peter, o anche chissà dove sono tutti gli altri.

Come ogni volta, quando nella mia mente si facevano strada i ricordi, era inevitabile che dopo poco il sacco si staccasse dal gancio e si trovasse a terra, quattro metri più in là, merito dei miei poteri e della mia forza sovrumana.

Senza rendermene conto, anche quella volta stavo per scaraventare il sacco, quando la voce di Friday risuonò nella stanza e mi riscosse.

"Signorina, è attesa nel salone principale vicino alla cucina, ha ricevuto posta."

Strabuzzai gli occhi.

"Posta? - ripetei stranita - Io?"

Scossi il capo e uscii dalla palestra, imboccai le scale e scesi al primo piano.

𝐀𝐕𝐄𝐍𝐆𝐄𝐑𝐒: 𝐓𝐡𝐞 𝐔𝐥𝐭𝐢𝐦𝐚𝐭𝐮𝐦 Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora