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"Quindi hai trovato casa?" Mi giro e vedo Pierre seduto su una sedia della mia scrivania "Si, mi ha dato una mano Miralem nel trovarla, anche perché a me un posto valeva l'altro, e una parte di Torino valeva l'altra. Praticamente se n'è occupato lui" - "Quindi ci lasci" mi sistemo i capelli dietro l'orecchio e lo guardo negli occhi nocciola "Non del tutto, lavorerò da Torino, e quando servirà tornerò qui. Vedremo come andrà" - "Ce la farai, ce l'hai sempre fatta. Magari la prossima volta avrai anche delle novità" alzo un sopracciglio stranita dalla sua allusione "Che intendi?" - "Oh andiamo, Dani! Miralem, intendo Miralem!" Boccheggio spaesata mentre lui mi guarda ridendo "Lo sappiamo entrambi, non ti è mai passata!" Mi alzo velocemente dalla sedia girevole e lui mi segue a ruota "Non ti agitare! Vedremo con il tempo cosa accadrà" e se ne esce dal mio, ormai ex ufficio sorridendo e facendomi l'occhiolino.

"Ne hai parlato con tua madre?" Continuo a mettere gli ultimi vestiti di Edin in valigia "Le ho mandato un messaggio e ho provato a chiamarla. Non mi hai mai risposto. Provo ad andare dopo a casa, in fin dei conti dovrò pur andare a prendere Edin no? Sperando mi rivolga ancora la parola" - "Dovrei andarci io da lei, in fin dei conti se l'è presa con te a causa mia" sospiro e lo guardo mentre sistema le cose di Edin in alcuni scatoloni "Deve capire che è la mia vita. Che sono madre, e che devo pensare a Edin e non più solo a me stessa. Sto facendo tutto questo per lui, e lei non lo capisce. Pensa che sia meglio per lui non vederti e non conoscerti, solo che non capisce quanto è maturato e cresciuto in questo poco tempo con te accanto" mi si avvicina e si siede a terra davanti a me "Appunto per questo dovrei andarci io. Io con lei ormai non ho più nulla da perdere, tu invece hai tutto" punto gli occhi nei suoi e rimango in silenzio fin quando lui non appoggia la sua mano sulla mia guancia "Miralem" continuo a guardarlo immobile, inerme, con il cervello in black-out "Ti ho già fatto troppo male, lasciami tentare di aggiustare almeno questo"

"Com'è andata dai nonni?" Lascio un bacio a Edin sulle guance e gli accarezzo i capelli "Ho giocato con il nonno, poi siamo andati a mangiare il gelato, poi la nonna mi ha comprato un berretto e una sciarpa e poi ho giocato di nuovo con il nonno e la nonna ha urlato con papà" lancio un'occhiata a Miralem che sta sistemando lo zaino di Edin ed una borsa, contenente probabilmente la sciarpa ed il berretto "Scusa?" - "Diciamo che si è sfogata" Edin si sistema sulle mie ginocchia e prende una ciocca dei miei capelli ed inizia a giocarci "Sei stanco?" Gli sfugge uno sbadiglio e poi scuote la testa "Poi la nonna ha pianto addosso a papà" alzo lo sguardo su Miralem che si sta avvicinando a noi sul divano "Mi puoi spiegare?" - "Mi ha detto tutto" prendo un respiro e tolgo lo sguardo da lui "Tutto? Tutto cosa?" - "Tutti i problemi che ti ho causato, e che sono subentrati alla sua nascita. E lei se l'è presa con me, o meglio, lei mi ha riversato addosso tutto quello che è successo e che tu non mi hai mai detto" reprimo un singhiozzo ma una lacrima mi scivola lungo la guancia "Mi ha detto che inizialmente lo volevi, ma che poi, fin quando tuo padre non ti ha fatta ragionare, non hai mai voluto ne vederlo ne starci assieme, perché era me, perché era una parte anche di me. Mi ha detto di tutte le sedute dallo psicologo, di tutto il tempo passato a controllare te, che si, ti prendevi cura di lui ma non di te stessa. Mi ha detto ogni cosa. Mi ha detto che ha paura di me, e di quello che potrà succedere se vado via di nuovo, perché non vuole più vederti in quello stato. Ed ha ragione, su ogni cosa" prende un respiro e mi toglie Edin addormentato dalle braccia per portarlo in camera sua per poi tornare in salotto da me dopo poco "Perché non mi hai detto niente?" - "Cos'avrei dovuto dirti? Che ero a pezzi? Che mi hanno raccolta da terra con un cucchiaino? Che hai spazzato via ogni certezza che avevo?" - "Avresti dovuto, ti sei tenuta dentro tutto, ed ora, forse sei ancora più distrutta di prima"

Rigiro il cucchiaio nella tazza di tè mentre guardo Miralem davanti a me "Quando è iniziato il travaglio ero sola in casa, è stato tutto molto lento, ho chiamato mamma e papà e mi hanno portata in ospedale. È nato poco dopo, me l'hanno messo al petto e lì si è rotto qualcosa. Ai miei occhi non era altro che un te in miniatura, un'altra persona che mi avrebbe distrutta. Così per autodifesa, o almeno è quello che ha detto lo psicologo, non l'ho accettato. Mi tiravo il latte e lo davo a mamma o papà che glielo dessero. Se Edin è qui con noi è solo grazie a loro, dopo la sua nascita volevo darlo in adozione, non lo volevo" mi asciugo una lacrima e bevo un sorso di te, mentre Miralem mi si siede accanto e mi stringe l'altra mano "E poi papà si è stancato di quella situazione, e mi ha quasi trascinata dentro lo studio del medico. È stato un processo lungo, faticoso. E ringrazio Dio perché Edin era troppo piccolo e non so ricorda niente di tutto quel periodo. Ma se da una parte accettavo lui, dall'altra non accettavo più me, o ciò che ero diventata poco prima" sospiro e mi giro di scatto per guardarlo negli occhi "Dani" mi sfugge un singhiozzo e poi un'altro ancora, fa tutto ancora così male. Tento di arginare le lacrime, strofinandosi con vigore gli occhi ma con scarsi risultati, Mira mi prende le mani e me le allontana dal viso mettendoci le sue "Dani, sono qui. Da domani ricominciamo entrambi, non da noi ma da Edin" mi asciuga le lacrime e mi lascia un bacio sulla fronte.

Guardami negli occhi, e pensa solo a noi • Miralem Pjanic Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora