Chapter 42

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Scott's pov

"Jess" mi siedo sullo sgabello, richiamando l'attenzione della ragazza dalla chioma rossa dietro il bancone in marmo. "Portami una birra" ordino, facendola sbuffare per i miei modi rudi. Mi conosce abbastanza da sapere che sono tutto tranne che gentile. 
Osservo il mio capo seduto con quegli idioti di Carl e Charlie mentre ridendo e si scola l'ennesima birra. Non sembra affatto preoccupato di quella ragazzina e di quel coglione che hanno spifferato tutto agli sbirri. Ma, in fondo, lo conosco abbastanza da sapere che prima o poi la pagheranno proprio come l'ha fatta pagare a Maddy, Jack e Caleb. Quegli incapaci se la sono fatta scappare e non hanno eseguito gli ordini. 

"Ecco a te" mormora la barista, passandomi la birra che pochi minuti prima avevo ordinato e mettendo, come sempre, in bella mostra il suo seno prosperoso. 
Mi passo una mano fra i capelli mentre mando giù un lungo sorso. "L'avete ucciso quel coglione?" chiede curiosa, riferendosi a Bryan Adams o, per meglio dire, Austin Butter. Odio chi non si fa gli affari suoi e Jess è una ficcanaso del cazzo, non capisce che ormai questo locale è del giro e che lei non conta niente ne qui ne fuori. 
"Fatti i cazzi tuoi che è meglio" borbotto infastidito, prima di alzarmi e dirigermi verso Steve, che adesso è in compagnia di due ragazze niente male. Gli faccio un cenno col capo in segno di saluto e lui ricambia con un ghigno malefico. 
Anche se è un criminale, quest'uomo, è davvero un genio, ha costruito un impero senza l'aiuto di nessuno, ha contatti ovunque e gestisce il più esteso traffico di droga, armi e donne. Lo ammiro davvero anche perché è stata l'unica persona che mi ha aiutato quando ne avevo bisogno. 

Dopo pochi minuti, si sente una sirena in lontananza, ma non presto molta attenzione essendo troppo impegnato ad accendermi una sigaretta. Fino a quando due poliziotti non irrompono nel locale. Urla e colpi di pistola sono tutto ciò che sento mentre il caos regna sovrano, tutti scappano, i bodyguard cercano Steve, per portarlo al rifugio, ma è ormai troppo tardi. 
"Garrett Steven la dichiaro in arresto. Ha il diritto di restare in silenzio, qualsiasi cosa dirà potrà essere usata contro di lei in tribunale... " mentre l'agente grassottello cita i diritti di Steve, il mio capo, un altro agente si avvicina velocemente impedendomi di fuggire, cosa che avevo in mente di fare, dato che conosco a memoria ogni passaggio sotterraneo che porta alla villa.
"Scott Rain la dichiaro in arresto... " non ascolto nemmeno le sue parole che a passo svelto ci dirigiamo verso la porta. 

Giuro  su tutto quello che ho di più caro che me la pagheranno, prima di finire dentro per molto tempo ammazzerò quei bastardi. 

Alexandra's pov

Mi alzo dalla scrivania e mi stiracchio ormai stanca di stare seduta. Sono le sei e ho passato le ultime tre ore a studiare. Mi sto impegnando molto anche se il mio posto ad Harvard è più che sicuro io non voglio dare niente per scontato e deludere nessuno perché può succedere qualsiasi cosa da un momento all'altro. Preferisco ripassare qualcosa invece di perdere tempo come i miei fratelli, che sono troppo impegnati a giocare alla play e urlare per infastidirmi. Quanto possono essere infantili? 

Apro l'armadio e lascio vagare lo sguardo su tutti i vestiti, più o meno eleganti, che possiedo. La nonna alla fine ha vinto e ha organizzato una cena con Cameron, che mi ha mandato almeno una decina di messaggi pregandomi di spostare l'evento per farlo preparare mentalmente alle minacce di mio padre e dei miei fratelli. Per aiutarlo ho deciso di estendere l'invito anche a sua madre e sua sorella e ancora ridacchio all'immagine della sua faccia spaventata e sconvolta a causa della mia soluzione, a parer suo inutile. 
Decido di indossare un vestitino nero con una fantasia floreale sul corpetto, è molto semplice e mi fa sentire a mio agio come le all star rosse che abbino ad esso, mi trucco leggermente e sistemo i capelli lisci sulle spalle. 

Scendo di sotto per aiutare la nonna, ma a quanto pare non è in casa, proprio come mio padre. L'unica persona che non dovrebbe esserci è stesa comodamente sul divano e guarda un film d'azione con il volume al massimo, poi mi chiedono perché non sopporto la sua presenza. 
"Che ci fai qui?" mormoro, incrociando le braccia al petto e alzando gli occhi al cielo quando in maniera arrogante risponde: "ricordi che sono quasi tuo fratello?"
"Fra poco Cameron verrà qui per cena tu cerca di sparire, chiaro?" mi appoggio alla penisola in cucina mentre lui spegne la tv e viene verso di me. Non ho per niente voglia di rovinarmi la serata intrattenendo una conversazione con lui, ma a quanto pare lui non vuole smetterla di infastidirmi. 

"Ci sarò anche io stasera quindi rassegnati che presto vivrò qui" sogghigna.
"Menomale che andrò al college e non sarò costretta a vederti tutti i giorni" sorrido soddisfatta. Lui ha deciso di non andare al college, ma di fare uno stage nell'azienda di mio padre e poi dato che ormai passano più tempo a casa nostra che a casa loro a breve si trasferiranno da noi, inutile dire che l'idea di vivere con lui non mi alletta per niente, ma come ho detto io andrò al college. 
"Senti Alex che ne dici di...- si tocca la nuca imbarazzato, abbassando lo sguardo sulle sue scarpe nere- ecco, di posare le armi e smettere di farci guerra?" Dovrei specificare che non sono io quella che ha iniziato e che ha fatto guerra in questi anni, ma mi limito ad annuire perché anche io sono stanca di subire e di ignorare le sue continue prese in giro e i suoi comportamenti infantili facendo appello a tutto l'autocontrollo di cui dispongo. 

"Credo che ti devo anche delle scuse per tutte le volte che ho osato alzare anche solo un dito su di te, per tutte le volte che l'hanno fatto gli altri e io ridevo, o semplicemente restavo a guardare... " deglutisce, forse rendendosi conto solo ora delle stronzate che ha fatto. "Per tutte le volte che ho osato toccare le tue cose, sfidarti, deriderti o anche solo guardarti come se fossi superiore a te. Mi sono e, tutt'ora, mi comportato come un ragazzino, ma poi ho capito che quella sbagliata non sei tu e che io non sono migliore di te per nessun motivo." Ho le lacrime agli occhi,  non per un motivo preciso, ma perché sentire da lui tutto quello che ho subito in silenzio, tutto ciò che mi ha fatto fa male e ancor di più ricordarlo. 
"Va bene così Gimmy, accetto le tue scuse" gli sorrido e asciugo la lacrima solitaria che mi riga la guancia. Con mia grande sorpresa mi attira in un abbraccio, il suo profumo mi invade le narici mentre mi stringe a sé in modo quasi fraterno. Adesso capisco di averlo già perdonato e forse di poter perdonare anche un'altra persona basandomi sui consigli della dottoressa Older. 

Siamo umani e come tali sbagliamo.

"Mi dispiace" continua a sussurrarmi mentre appoggia il mento sulla mia testa e io ridacchio, seguita da lui, constatando che è molto più alto di me.

Take me away with you! | In revisioneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora