Chapter 49

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Vuota. Non sento niente, se non un peso che mi opprime il petto e che mi impedisce di respirare in modo regolare. E' come se fossi stata spinta in una fossa dalla quale non riesco più a risalire, non mi è possibile nemmeno vedere la luce del sole. Tutte le mie emozioni sono state risucchiate in un vortice da ormai due settimane. 
Non riesco ancora a credere che se ne sia andata per sempre, non riesco a credere che l'abbiano fatto davvero, che le hanno tolto la vita senza pietà davanti ai miei occhi.

Sono chiusa in camera mia, stesa su questo letto sfatto da settimane, quelle poche volte che ho parlato con mio padre o mia nonna ho categoricamente vietato di far entrare qualcuno. Per quanto sia sbagliato ho chiuso anche Cameron fuori quella porta bianca e mi fa male pensarlo mentre si preoccupa per me o soffre a causa mia. Sento di nuovo le lacrime solcarmi le guance e sbuffo. Non riesco a controllarle, le sento bagnarmi le guance tutte le volte che i miei pensieri prendono una brutta piega. Dio! Non mi sono alzata nemmeno per andare in bagno nelle ultime ventiquattro ore, queste lenzuola sono come sabbie mobili, mi attirano ad esse impedendomi di alzarmi e io ovviamente non mi sforzo neanche. Perché sento di non avere forze sufficienti nemmeno per muovere le labbra o chiudere gli occhi, nemmeno per mangiare. Sento come se si fossero presi una parte di me, come se mi fossi persa.
Ed è così che mi sento, persa e disorientata mentre quel pomeriggio si ripete all'infinito nella mia testa, il rumore di quello sparo lo sento rimbombare ancora nelle orecchie e il suono stridulo della mia voce, che chiede aiuto, mi tormenta.

Il funerale di Maya si terrà domani. Hanno dovuto farle l'autopsia e suo padre ha deciso di posticiparlo perché Kate è finita in ospedale dopo un grave attacco di panico, appena ricevuta la notizia, e dopo che si è appoggiato allo stipite della porta della mia camera, qualche giorno fa, e mi ha osservata mentre, seduta con la schiena appoggiata alla testiera del letto, osservavo il vuoto con le lacrime agli occhi. Lui non stava tanto meglio, ho notato i suoi occhi rossi e lucidi, guardandolo la coda dell'occhio, e le sue nocche sporche di sangue. Gli uomini hanno un modo tutto loro per sfogare la rabbia e il dolore, si ostinano a non mostrare la propria debolezza, noi, invece, tendiamo a chiuderci in noi stessi lasciando tutti fuori.

Non sono pronta per il suo funerale, so solo che dovrò salire sull'altare e dire due parole per lei. Non saprei spiegare nemmeno se ci provassi ciò che Maya è per me, o meglio era, e tutti i presenti non capirebbero. Poi, non riuscirei a guardare la sua tomba senza crollare lì tra le lacrime, senza andare nel panico più totale immaginandola lontana da me. 

Sono più o meno le quattro del pomeriggio quando sento fuori la porta della mia stanza delle voci molto familiari, ma la cosa che mi sorprende di più è riconoscere la voce roca di Cameron fra queste. Sono ancora seduta sul letto, in pigiama e con uno chignon disordinato. Il pensiero che il ragazzo che amo mi veda così mi fa solo vergognare e rendere conto di quanto sia stupido da parte mia lasciarlo all'oscuro di come sto dopo ciò che è successo. 

La porta si apre con forza e io porto annoiata lo sguardo sulle persone che sono entrate con tanta irruenza. Cameron ha ancora la mano poggiata sulla maniglia mentre mi studia con occhi spalancati, indossa un jeans nero con una maglietta verde militare a fasciargli il petto tonico, il ciuffo castano sempre arruffato e gli occhi verdi più lucidi del solito. Il mio cuore batte all'impazzata vedendolo lì, ma prima che possa mostrargli che mi è mancato riporto apatica lo sguardo verso la finestra. Al suo fianco ci sono papà e Gimmy che borbottano tra di loro. 
"Posso restare un minuto con lei?" chiede Cameron, schiarendosi la voce, a mio padre. Mi è mancato così tanto, eppure non siamo stati lontani mesi o anni e ciò non riesco a spiegarmelo, forse è soltanto il forte sentimento che provo per lui. Sento la mancanza dei suoi baci, dei suoi abbracci, delle sue carezze, della sua risata, delle sue iridi smeraldo, adesso che è qui vorrei solo stringerlo forte e piangere sulla sua spalla, dato che l'unico a raccogliere le mie lacrime in questi giorni è stato il mio cuscino. C'è qualcosa che però mi ferma, mi impedisce di fare tutto ciò che in realtà vorrei fare, c'è un peso all'altezza del cuore che mi opprime, ci sono i miei pensieri e i miei sensi di colpa che continuano a ripetermi che non mi merito niente se non di stare qui a piangere per sempre da sola. Maledetti pensieri masochisti! 

"Solo un minuto" chiede ancora speranzoso, con la coda dell'occhio riesco a vedere mio padre annuire e Cameron sorridergli grato. Quando la porta si chiude alle spalle di mio padre e Gimmy, lui si siede accanto a me sul letto e cerca il mio sguardo. Non riceve altro che il mio silenzio, semplicemente perché non ho nulla da dire e anche se avessi qualcosa da dire non riuscirei a trovare le parole. 
"Guardami Lex" mi ordina dolcemente, le mie iridi grigie e fredde incontrano le sue di un verde brillante. Un solo incontro di sguardi e sento già i brividi espandersi sulla mia pelle chiara e lo stomaco contorcersi in una morsa.
Porta una sua mano sulla mia guancia destra, accarezzando e asciugando delicatamente  le lacrime. 

"Smettila ti prego. Non chiuderti in te stessa, non questa volta" il suo tono è esasperato e vederlo così a causa mia, che ancora mi ostino a voler affrontare tutto da sola, mi fa maledettamente male. 
"Cosa vuoi che faccia?" alzo di poco la voce rauca, a causa del fatto che non parlo da un po' e che ho la gola secca. Mi costa uno sforzo enorme anche dire queste poche parole.
"Reagisci cazzo! Parla, urla, sfogati, ma non versare solo lacrime inutili e chiuderti in te stessa ancora una volta" sbotta irritato, passandosi freneticamente la mano fra i capelli e tirando leggermente quelle punte che mi piacerebbe tanto accarezzare.
"Piangendo mi sfogo" spiego calma e apatica. Tutta apparenza dato che dentro ho una tempesta, una battaglia che va avanti da giorni ormai. 

"Ma non con me, da sola in queste quattro mura. Non puoi andare avanti così, non puoi non mangiare, non parlare, non camminare. E' da folli, lo capisci?" continua ad urlare, cercando di suscitare una reazione in me che non tarda ad arrivare.
"Si che posso continuare a starmene qui e non devo dare conto a te" sbotto stanca di ascoltarlo e con la voglia di baciare quelle labbra rosse che cresce a dismisura. 
"Invece si, sono il tuo fottuto ragazzo e mi stai chiudendo fuori dalla tua vita di nuovo come se di me non ti importasse niente mentre io di te mi preoccupo eccome." E' proprio questo che amo di lui che non si arrende mai, è sempre determinato a farmi capire quanto ci tiene a me e quanto vorrebbe aiutarmi e capirmi, nonostante io non faccio altro che escluderlo.
"Mi importa di te Cam e anche tanto" sospiro, portando lo sguardo su di lui che se ne sta in piedi ad osservarmi e accennando un ghigno amaro all'angolo della bocca. 
"Oh! davvero? Perché a me non sembra, anzi sembra che te ne freghi di me che sto in piedi qui a gridarti quanto ci tengo che tu ti rialzi più forte di prima perché io e tutte le persone che sono lì fuori- indica la porta con l'indice-  siamo stanchi di te che ad ogni cosa brutta che accade, dal momento che il destino a volte sa essere stronzo, ti abbatti e non riesci ad alzarti e sorridere comunque" grida tutto d'un fiato, facendomi sorridere leggermente, anche lui sbuffa un sorriso e chiude per qualche secondo gli occhi. Sembriamo due pazzi, ci gridiamo contro per poi sorriderci.

"Perché? Perché ti importa così tanto di me? Perché sei ancora qui?" chiedo presa da un moto di insicurezza. 
"Ancora devi capirlo? Sai essere davvero stupida a volte- ghigna- Lex, io ti amo cazzo, ecco perché mi importa di te, perché sono qui e non altrove. Perché ti amo fottutamente tanto" rimane anche lui per un attimo interdetto e sposta lo sguardo sui suoi piedi, non riuscendo a reggere il mio sguardo impassibile. Ma sono tutto purché impassibile in questo momento. Mi ha appena posato il suo cuore fra le mani e io non posso fare altro che custodirlo con gelosia. 

Mi alzo e arrivo di fronte a lui, poso due dita sotto il suo mento incontrando finalmente i suoi occhi che vagano su tutto il mio viso per poi fermarsi sulle mie labbra. Senza pensarci due volte lo bacio con tutta l'amore che possiedo, lo bacio come se non facessi incontrare le nostre labbra e le nostre lingue da secoli. Indietreggiamo fino a cadere, tra i sorrisi, sul mio letto. Mi stacco per riprendere fiato, appoggio la fronte sulla sua e lascio finalemente andare un sorriso sincero. 

"Non dici niente?" chiede, sospirando sulle mie labbra.
"Menomale" sussurro e un espressione interrogativa aleggia sul suo bellissimo viso.
"Che mi ami- dico ovvia- perché ti amo anch'io."

Ed è vero, perché io ti amo con tutta me stessa e non riuscirei a sopportarlo se tu non mi amassi con tutto te stesso.

Take me away with you! | In revisioneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora