Chapter 11

500 23 2
                                    

Inutile dire che non sono scesa per cena e che mi sono chiusa in camera mia ignorando mio padre, i miei fratelli, Cameron e Kendall, per tutto il pomeriggio. Ho messo la musica al massimo e ho iniziato a leggere il nuovo romanzo, preso in prestito dalla biblioteca. Non mi andava di ascoltare e vedere nessuno per il semplice fatto che forse stare da sola mi avrebbe aiutata a sbollire la rabbia. Quando sono sicura, che tutti erano andati a dormire, scendo di sotto per prendere un bicchiere d'acqua e qualcosa da mangiare, dal momento che non metto qualcosa sotto i denti da questa mattina. Contro ogni mia aspettativa, noto papà seduto su una sedia in cucina con lo sguardo rivolto alla tazza fumante di tè, posta di fronte a lui. Ed è proprio ora che il senso di colpa mi attanagli lo stomaco, ricordandomi gli eventi di stamattina.

"Sapevo che saresti scesa" mormora pensieroso, alza lo sguardo nella mia direzione e rivolgendomi un mezzo sorriso. Ha un'espressione triste stampata sul viso per niente invecchiato, una di quelle espressioni che riserva per i momenti in cui sente di aver sbagliato qualcosa.
"Avevo sete" dichiaro semplicemente, versandomi un bicchiere d'acqua. Alzo gli occhi al cielo quando la mia coscienza mi rammenta che dovrei scusarmi.
"Papà- lo richiamo, attirando la sua attenzione- mi dispiace tanto, io non volevo deluderti in nessun modo. Ho perso il controllo, ma non sono assolutamente una persona violenta e tu lo sai . . . Almeno spero" termino il mio breve discorso sotto lo sguardo attento e dispiaciuto di mio padre. Chissà come avrebbe reagito mia madre ad una notizia del genere. Mi ritrovo spesso a chiedermi come si sarebbe comportata lei o cosa avrebbe pensato di me in questo genere di situazioni. Se solo fosse qui.
"Ho visto Austin in presidenza. Come hai preso il suo ritorno?" mi chiede con cautela. Non mi aspettavo minimamente che parlasse di lui o che cambiasse così all'improvviso discorso, ma, forse, ha capito che la sua reazione è stata un tantino esagerata, dato che io cerco di non fare mai nulla che possa deluderlo o ferirlo. Mi siedo di fronte a lui pronta a parlargli di come mi sento, come capita poche volte ultimamente.

"Già, è tornato. - mormoro- Si sa, prima o poi, tutti tornano, ma lui poteva rimanere anche dov'era. Non ho più intenzione di avere a che fare con lui, ha perso la mia amicizia ben tre anni fa, lasciandomi sola, quando avevamo entrambi bisogno l'uno dell'altro." Era proprio così che la pensavo. Per me, Austin Butter, quel ragazzino che mi incoraggiava durante le interrogazioni, mi aiutava nei compiti in classe, che mi accompagnava a comprare un gelato quando ero arrabbiata con il mondo intero, lui, che come lei, mi porgeva sempre una spalla su cui piangere, anche per i motivi più futili, non esisteva più. Lui non esisteva più, mi rimaneva solo il ricordo di come mi salutò sotto la porta di casa sua, io in lacrime che lo abbracciavo e lui che nemmeno ricambiava, io che gli dicevo che su di me poteva contare sempre nonostante la lontananza e lui che ripeteva una semplice frase 'io ti voglio ancora bene'. Lui che entra in macchina e sfreccia via davanti a me, seduta sui gradini del suo portico con la testa fra le mani.

"Alex, io credo che tu abbia bisogno di aiuto per superare tutto questo. La tua mente ha bisogno di liberarsi, forse non del tutto, ma ne ha bisogno" lo dice con lo sguardo rivolto alla tazza ormai vuota, non mi guarda negli occhi perché sa che sta per dire qualcosa che non mi piacerà per nulla. "Ho consultato una psicologa molto competente, ne ho parlato anche con il preside e lui sembra essere d'accordo, dal momento che anche a scuola sembri spesso distratta e in un mondo dove non hai intenzione di far entrare nessuno" deglutisce, poggiando le sue mani calde sulle mie e mi sorride rassicurante.

Oh, mio dio! Non posso credere alle mie orecchie, una psicologa? Ma è serio? Io ho solo bisogno di altro tempo per metabolizzare, non di certo di uno strizzacervelli.
"Mi dispiace deluderti per l'ennesima volta, papà. Ma non ho bisogno di nessuno, tantomeno di una psicologa" affermo, concludendo questa conversazione, che non avrei dovuto neanche iniziare. Salgo in fretta le scale e mi chiudo in camera mia. Non ho bisogno di una sconosciuta a cui addossare i miei problemi e le mie paranoie, non ho bisogno dei suoi consigli o dei suoi giudizi.

La mattina dopo, non rivolsi la parola a nessuno e non reagii nemmeno alle continue battutine di Harry. Andai a scuola a piedi, non avendo alcuna intenzione di parlare con nessuno, ma il mio tentativo fallì miseramente, quando Cameron mi afferrò un polso mentre ero intenta a dirigermi verso l'entrata.
"Che cosa è successo ieri?" mi chiede, inarcando un sopracciglio.
"Niente, il preside ha detto che grazie ai miei voti alti dovrò solo sistemare qualche libro in biblioteca dopo la scuola, Kira si è meritata una sospensione di tre giorni, a causa della sua bassa condotta e dei precedenti richiami che ha ricevuto" mormoro, facendo spallucce annoiata. Sapevo che non si riferiva alla punizione, ma al motivo del mio gesto, e lo ringraziai mentalmente quando lui stesso evitò l'argomento. È come se mi conoscesse da una vita, evita ciò che mi dà fastidio, non fa troppe domande e non mi mette in imbarazzo, mi sorprende, a volte, questo suo capire anche i miei silenzi.

Iniziamo a camminare per i corridoi e, nel frattempo, Adam, Luke e Kendall ci raggiungono. "Devo andare un secondo in biblioteca, devo restituire un libro" mormoro, allontanandomi dal gruppo per raggiungere la biblioteca, prima dell'inizio delle lezioni.

Entro e saluto educatamente la bibliotecaria, per poi avvicinarmi alla sezione riservata ai romanzi. Conosco questa biblioteca come il palmo delle mie mani, i primi tre anni mi rifugiavo qui dentro pomeriggi interi, a volte, per sistemare gli scaffali, altre per studiare e pomeriggi per leggere romanzi. Avevo spesso bisogno di stare da sola per pensare, per piangere o per sentire meno dolore.
Passo fra gli scaffali e un rumore un po' confuso mi costringe a voltarmi. Alle mie spalle un ragazzo e una ragazza si baciano in un modo alquanto passionale. Sono voltati di spalle e non notano la mia presenza. La ragazza ha lunghi capelli biondi e mossi, indossa una gonna a scacchi rossa e nera non molto corta con una camicia rossa sbottonata, che lascia intravedere il seno prosperoso, e dei tacchi neri molto alti, ai suoi piedi gettata per terra c'è una borsa rossa molto costosa. Il ragazzo è alto e muscoloso, capelli corti castano scuro colmi di gel, indossa una camicia a maniche corte nera, degli skinny jeans neri e delle scarpe nere.

Oh, mio dio! Ma quello è mio fratello? Lo riconosco dai capelli e dalla camicia che indossa, questa mattina ha chiesto a papà se fosse meglio quella nera o quella bordeaux. Stringo le mani a pugno, sento una fitta al petto. Con Kira? Ma qui sono tutti pazzi? Cazzo! Con tutte le ragazze che ci sono a scuola?
Esco dalla biblioteca e mi dirigo velocemente in classe, non so a cosa pensare spero solo che sia uno scherzo. Ma la vera domanda è perché Kira si trova a scuola se è stata sospesa.

Take me away with you! | In revisioneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora