Chapter 9

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"Smettila di ridere" mi rimprovera Cameron, fingendosi imbronciato mentre io rido per l'ennesima volta da quando ha iniziato a raccontarmi di tutte le volte, in cui da piccolo, diceva bugie a sua madre sui litigi con i compagni di scuola. Stiamo camminando da più o meno un'ora con i piedi nell'acqua fredda e parlando tranquillamente del più e del meno, come ci è capitato di fare durante questo mese, quando ci prendevamo una decina di minuti di pausa tra una ripetizione e un'altra.
"Smettila di deridermi, piuttosto tu non dicevi mai bugie?" smetto di sorridere, quando la sua domanda mi arriva dritta in faccia come uno schiaffo. Però, lo ringrazio mentalmente per non aver aggiunto un "piuttosto tu non dicevi bugie a tua madre?" Ovviamente, come tutti i bambini, qualche bugia per ricevere qualche dolcetto in più la dicevo, anche se per corrompere mia nonna bastava utilizzare quegli occhietti da cerbiatto che mi ritrovavo all' età di sei anni.

"Da piccola, quando la nonna mi chiedeva se avevo fatto i compiti, dicevo sempre di sì, anche se non li avevo fatti, perché sapevo che mi avrebbe preparato i toast con la nutella, che tanto adoro." Ed ecco non ho mai parlato a nessuno di una cosa simile mentre con lui mi è venuto naturale, con lui tutto mi viene naturale, conosce più cose di me lui, in un mese, che magari i miei fratelli, anche conoscendo ciò che ho passato.
"Lo facevo anch'io con i miei nonni, ma la nutella me la davano comunque" sorridiamo ancora un po' e per sviare l'argomento mi viene una cosa in mente, banale e infantile, lui mi ammazzerà sicuramente. Trovo troppo divertente vedere la sua faccia stupita ogni volta che prendo l'iniziativa di fare qualcosa, anche la più semplice. Inizio a schizzare acqua dappertutto, ridendo a crepapelle finché lui non ha, però, la brillante idea di prendermi di peso e buttarmi in acqua. Scoppio a ridere, quando gli afferro la mano, e lo spingo a seguirmi sott'acqua. Rido ancora di più pensando alla nonna quando mi vedrà tutta bagnata alle 2 di notte, penserà che sia impazzita.
"Che cosa ridi? È tutta colpa tua" mi ammonisce Cameron, scherzoso.
"Ehi! È anche colpa tua" mi difendo, uscendo dall'acqua per recuperare le mie scarpe finite in riva al mare.
"Hai iniziato tu a schizzarmi" continua lui, stendendosi sulla sabbia mentre io tento invano di legarmi i capelli appiccicati al vestito, mi stendo al suo fianco osservando il cielo particolarmente stellato questa sera. Adoro osservare quei puntini che sembrano lontani, ma che brillano con intensità, credo che lassù si stia bene in fondo.
"Ti piacciono le stelle?" domando incuriosita.
"Si, mi piace osservare il cielo, soprattutto, di sera." Dopo un tempo indefinito passato ad ascoltare il rumore delle onde mischiato ai nostri respiri regolari decido che per me è giunta l'ora di andare. "Ti dispiace accompagnarmi a casa? Sono stanca" mi alzo e, dopo che lui ha acconsentito, mi avvio verso la macchina, entriamo e subito sposto lo sguardo sull'ora impostata sullo stereo. Non sono mai stata così allungo fuori casa, soprattutto con un ragazzo.

Qualche minuto dopo, Cameron parcheggia sul vialetto di casa mia, mi avvicino e poso un bacio sulla sua guancia liscia. Vorrei ringraziarlo per la serata stupenda che mi ha fatto passare, ma non ne ho il coraggio, così mi limito ad un semplice: "buonanotte Cameron."
Chiudo la portiera e mi avvio verso l'ingresso a passo lento. Penso che io e Cameron non siamo nemmeno amici; eppure, quando sono con lui sto bene, riesco a dimenticare per un secondo chi sono, ma ho paura di perdere chi amo e, dato che mi è capitato, preferisco lasciare le cose come stanno, ovvero con me come tutor e Cameron come sconosciuto. Scelgo la via più semplice, nonostante non mi renda felice impormi sempre dei limiti.

Una volta dentro casa, faccio per avviarmi verso le scale, ma una voce roca e assonnata mi porta a fermarmi sui miei passi.
"Sai che ore sono, Alex?" mi chiede preoccupato Mike, mentre se ne sta appoggiato al bancone in cucina con lo sguardo puntato su di me. Ci mancava solo che si mettesse a fare il fratello protettivo proprio ora.
"Perché io guardo l'orologio?" sorrido sarcasticamente, cercando di non farlo arrabbiare ulteriormente, ovviamente con scarso risultato. Accende la luce e mi guarda, spalancando gli occhi, come se avesse appena visto un fantasma nel nostro soggiorno.

"Dovresti, Alex. Pensavo che ti fosse successo qualcosa. E perché sei tutta bagnata? Ah! Dove accidenti è finito Harry alle 3:30?" chiede tutto d'un fiato, passandosi la mano tra i capelli con fare esasperato. La sua espressione mi fa venire da ridere, ma cerco di non farlo, altrimenti si arrabbierà ancora di più.
"Oh, mio dio! Ti comporti peggio di papà. Comunque tuo fratello sarà ubriaco fradicio da qualche parte con una sconosciuta qualunque" alzo le mani al cielo in segno di esasperazione e mi dirigo in camera mia, chiudo la porta e mi ci appoggio con la schiena lasciando andare uno sbadiglio.

Mi ritrovo a sorridere, ripercorrendo i ricordi della serata e, purtroppo, non solo quelli. Ricordo anche di lei, mi piacerebbe raccontarle della bellissima serata che ho trascorso con Cameron, sperando che lei ne abbia passata una ancora meglio della mia, prendo il telefono e compongo il numero. Per poco tempo ho pensato di poter dimenticare la mia infanzia, la mia adolescenza e oggi, il mio presente traumatizzato dal mio passato, con lui, però, in parte ci sono riuscita o almeno ci ho provato a lasciarmi alle spalle il flusso di pensieri struggenti.
Quando, come sempre, non ricevo alcuna risposta, sbuffo, indosso il pigiama, asciugo i capelli e stanca mi lascio ricadere sotto le calde coperte, che avvolgono il mio corpo. Mi addormento quasi subito e sogno quel dannato sorriso e quegli occhi verdi, che brillano sotto il cielo stellato di una comunissima spiaggia di Miami.

Take me away with you! | In revisioneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora