Capitolo 15

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$ Alexander $

Maledettamente deliziosa.
La immaginavo così dolce, ma non credevo fino a questo punto.
E il punto è un altro. Io non dovevo permettermi, ma quando l'ho vista con quel vestito, la voglia ancora di scavalcare il confine ha abbattuto le promesse e le parole di Dominick, erano solo un ricordo troppo lontano.

Ho scopato per cercare di dimenticarla.
Evadere da ogni pensiero che racchiudesse lei.
Guardarla da lontano senza sfiorarla, che il suo odore troppo vicino ha dichiarato il mio declino.

So per certo che stasera ballerà per me.
Non è riuscita neanche a nascondere il rossore, quando ho fatto la mia comparsa a cena con le altre ragazze.
A malapena mi guardava, e non so che cosa cazzo è esploso in me ma l'ho trovata dolcemente eccitante.

Sono stato troppo brusco con lei. Le mie intenzioni erano altre.
Invece mi sono mostrato nel mio lato peggiore.
Accanto a lei, non mi controllo più.
Non domino più su i miei sensi.
Ogni dannata volta tento di restare calmo, con il risultato di spezzarla un po' di più.
Ma non posso donare dolcezza, se non ne ho mai conosciuto la consistenza.

Spalanco la porta nera del privé, e il buio mi trafigge, mettendo solo in luce il piccolo palco, dove il palo dorato, si erge fiero, pronto ad accogliere il mio corallo.
La poltrona bordeaux imbottita, proprio sotto il palco, aspetta solo di essere riempita dalla mia stazza, e mi posiziono subito.
La pelle raffredda appena il mio corpo, ma non i bollenti spiriti al pensiero di vederla.

Una musica sensuale si diffonde dalla cassa, e so che tra poco uscirà in tutto il suo splendore.
Porto il polpaccio sul ginocchio, e mi rabbercio meglio contro lo schienale, come se potesse frenare la voglia di fotterla su quel piccolo cerchio.
Lo stesso che viene scagliato con un fascio di luce, e il secondo dopo la noto fare la sua entrata.
Il respiro muore in gola, correndo più giù, dove mi tendo dolorosamente.
Sciolgo l'intreccio delle gambe, per divaricarle come se aspettassi che si posizioni nel mezzo.
Magari in ginocchio.
Magari con la patta dei miei jeans neri sganciata. Magari con il mio cobra duro pronto a strangolarla.

La mia parte resta al buio, e le sue iridi rimangono inchiodate alla moquette che riveste il cerchio.
Sa che ci sono io.
Il vestito di seta impalpabile rosso, sembra disegnarla, con quel grazioso spacco laterale, che mostra il fianco scoperto, e la chiara linea sottile del tanga nero.
Il respiro mi esce come un tuono dalla bocca, e le sue iridi dorate si innalzano, e mi trovano.
Il rossore investe le sue guance, mentre avviluppa le dita affusolate sul palo, per fare un giro.

E non è sexy. È seducente. E ci trovo una differenza abissale tra le due cose.
Non è sfacciata e spudorata. È lenta e inebriante. Ti rapisce con i movimenti cadenzati, attirandoti nella sua rete.
Mi godo ogni gesto, mentre la musica pompa anche nel mio sangue che ribolle come lava vulcanica.
Il cazzo implode nella costrizione, rendendomi schiavo della sua vista.
Intreccia le mani sopra la testa, sul palo.
Inarca la schiena, come se volesse offrirsi a me, e Dio, non so più che fare.

«Dammi i tuoi occhi, Coraline.» La voce esce come un sibilo, impastato dalla voglia, perché ho bisogno che si connetta con me.
Voglio che crei una fusione con i miei occhi.
La voglio sentire dentro, in profondità, così tanto che sentirla in superficie non è rilevante.

Si morde dolcemente il labbro inferiore, creando un esplosione nei miei neuroni, e lenta scende il primo gradino.
Le dita giocano con la spallina fine, tirandola successivamente giù.
Ripete lo stesso con l'altra e non so se morire di questa visione, o afferrarmi il cazzo e sbatterlo come vorrei fare dentro la sua fica stretta ma sicuramente fradicia.
Si carezza il collo, roteandolo, per scendere con le nocche lungo il pendio dei seni, dove strattona il vestito che cade fiacco ai suoi piedi.

Le mie iridi si scuriscono, mentre le sue centrano le mie, come un'abile cecchino.
Sento le spire della lussuria avvolgermi e stritolarmi.
La potenza del suo magnetismo, attrarmi come nessuna.
La voglia di possederla, che mi sconquassa.
La immagino in ogni posizione. Disposta a cedermi tutto.
A divorarla con spietata lentezza e atroce voracità che mi tortura.

I copricapezzoli, oscillano ad ogni suo lento ancheggiare, su quei seni pieni e floridi.
Si sfiora il bordo del tanga, giocandoci quasi come a dirmi: Dimmi di toglierlo e fammi tua, Vlokov.

Il mio cognome. No. Quello lo ha sussurrato sensuale, con la sua voce da sirena incantatrice.
La sua melodia rapisce.
Si avvicina felina, e voglio che prenda il comando.
Si ferma ai miei piedi, e come se lo avesse sempre fatto da una vita, porta le ginocchia ai lati delle mie cosce, posizionandosi in grembo.
Emetto un ruggito, nel sentire la sua fica, spalmarsi sulla lunghezza del mio cazzo, dove si muove lenta, continuando a danzare.
Le sue mani prendono le mie, per portarle su i suoi fianchi lisci come velluto, dove stringo di esigenza.
Voglio marchiarla. Voglio che quando si rimiri allo specchio, si ricordi di chi sono questi segni rossi sulla sua pelle chiara e delicata.

Piega la schiena all'indietro, e la mia testa si abbassa per leccarle la gola, dove ansima vibrante, e scendo a strapparle con i denti i copricapezzoli, per vedere quelle perle succose, rosee e pigmentate, indurirsi sotto al mio sguardo di fuoco dirompente.

«Mi volevi così?» Rialza la testa, ponendomi calda la domanda, mentre mi sgancia i bottoni perlati della camicia, sfiorandomi i pettorali con le unghie.

«Si, proprio così.» Sensuale. Vulcanica. Esplosiva. Ingorda. Lo penso e lascio che i suoi seni si pressino nudi contro la mia carne che brucia.
I suoi capelli mi solleticano, e appena mi schiodo dai suoi seni, mi rendo conto che siamo troppo vicini con i visi.
Le punte dei nasi si sfiorano, mentre le sue labbra si schiudono invitanti.
Voglio i suoi baci al sapore del sangue,
Incendiare il suo corpo,
E delle sue macerie farne il mio tesoro.

Ma non così. Oggi è il mio pollice, che si posa su quello inferiore carnoso, dove socchiude le palpebre adornate dalle ciglia lunghe, per strofinarle via il rossetto Magenta, e sentire la morbidezza che mi renderebbe folle di desiderio.

Ma ciò che mi stupisce è la sua lingua, che sbuca fuori e le labbra scivolano lungo tutta la mia falange.
Le guance si incavano e non so più chi sono.
Il cazzo pulsa, dandole una stoccata che la fa ansimare con la bocca piena del mio dito.
I suoi occhi mi incatenano, così selvaggia e passionale.
Dio, Coraline!
Sto perdendo ogni giro, con lei.

Lo rilascia piano, con soddisfazione, per poi alzarsi di botto mentre le mie mani rimangono sospese dove poco prima c'era il suo corpo.
«Ho ceduto sul terrazzo, ma il mio corpo non è un oggetto che puoi usare, solo per divertiti.» Feroce e con una punta acida, mi schiaffa quelle parole, sul mio volto ancora scosso dalla voglia.

La vedo rinfilarsi il vestito con impeto e avviarsi alla porta.
Non tento neanche di bloccarla. Non mi muovo.
«Ti auguro una serata proficua.» Ed è così che fa la sua uscita di scena.

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