Capitolo 30

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{Coraline}

Ho deciso di uscire dopo due giorni di silenzi da parte di Mr. Vlokov, il signore dai cambi repentini d'umore.
Quindi quando si é rinchiuso in bagno per una doccia e ho sentito l'acqua scrosciare, mi sono dileguata come un'abile ladra per fare un giro in paese.
Ammetto la mia avventatezza e un insano senso di ribellione che scatena solo lui.
Si preoccuperà non vedendomi? Sicuramente.
Verrà a cercarmi? Ovviamente.
S'infurierà? Certamente e allora saranno guai.

Cammino per le stradine e le varie bancherelle, finché non mi soffermo ad osservarne una che vende collane fatte con delle pietre.
Ne sto per prendere in mano una ed esaminarla, quando un ragazzo si aggrappa al mio polso e sobbalzo impaurita.
Sento uno strappo in quel punto e come getto un'occhiata noto che il mio bracciale é stato brutalmente strappato dal mio polso.

«Fermati.» Corro subito e mi sgolo, per raggiungere il ragazzo che corre tra le varie bancherelle, facendo uno slalom tra di esse.

«Fermati e ridammelo.» Urlo di nuovo, mentre i passanti mi osservano, come se fossi io la pazza in questione.
Forse non conosce la mia lingua, ma non me ne frega un'accidente.
Quel bracciale ha un valore affettivo, troppo importante per me.
É come se avessero derubato una parte di me.

Mi lancio a perdifiato verso il ragazzo, e appena riesco ad afferrare la manica della sua t-shirt consunta, si gira fulmineo e mi punta addosso la lama di un coltellino.

La paura mi paralizza e mi fa sussultare, mentre la saliva mi cementa la gola che non riesce a deglutire.
Osservo le pupille nere come il catrame del ragazzo, e il suo sguardo minaccioso.
Non mi rendo neanche conto che siamo in un vicolo e nessuno può vederci.

«Por favor...» Indico il bracciale con un'occhiata supplichevole. Il tremore della mia voce tradisce tutto il terrore che sto provando in questo istante e, neanche le temperature calde, riescono a scaldare il mio corpo che trema di gelo.

Lo osservo giocare con la lama, che luccica davanti al mio sguardo e in un secondo agguanta la spallina del mio vestito, sbattendomi con violenza contro il muro retrostante.
L'impatto é talmente doloroso che emetto un rantolo sofferto, e ho paura che tra poco le lacrime che spingono e velano i bulbi oculari, scivoleranno giù come pioggia sulla mia pelle fredda come marmo.

Capto il suo alito di tabacco, inquinarmi l'olfatto e non ho il coraggio di alzare gli occhi.
Rimangono piantati tra i ciottoli di cemento, mostrando tutta la mia debolezza che con Alex non ho mai avuto.
In un lampo tutto mi si fa chiaro.
Sfido solo Alex, perché so che comunque vada lui é l'unico che può proteggermi.
Riesce a distruggermi e farmi rinascere in una mossa sola.
Serro le palpebre che subiscono un fremito e stringo le labbra tra loro, nell'avvertire la lama fredda, passare sul mio zigomo che raggela.
Mi figuro i suoi occhi nordici. Il tocco delle sue falangi lunghe. I suoi morsi. Il suo sorriso. Anche quando é infuriato é bello da farmi morire.

«Alex...» Sussurro pianissimo e limacciosa il suo nome, e come se avessi espresso un desiderio, esso si materializza.

Uno spostamento di aria, mi fa riaprire gli occhi e osservo poco distante Alexander che punta una pistola contro il ragazzo.
Colui che in un secondo scappa, e prima che Alexander possa premere il grilletto, il mio palmo si poggia contro la sua spalla tesa che si rilassa subito.
Come se fossi il suo calmante.
Come se lui fosse il mio salvatore.
Come se fossimo due parti che si completano.

Lo noto esalare uno sbuffo, e mi sposto di poco per vederlo piegarsi e raccogliere il mio bracciale da terra.
«Ora. Vieni. Con. Me.» Non ho neanche il tempo di ringraziarlo, che mi lancia irruente il braccialetto e mi agguanta per lo stesso polso.

Alexander Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora