Capitolo 17

10.2K 450 169
                                    



{ Coraline }

Il desiderio può destabilizzarti al tal punto da cambiare completamente.
É una monopolizzazione.
Annebbia il cervello e ti rende sottomessa al fuoco che ti scoppia nel petto, e veloce scivola nel tuo centro pulsante.

Questo era successo esattamente, quando il cobra mi aveva braccata sotto di lui.
Offerta alla mercé del suo veleno ipnotico.
Mi sentivo io un piccolo serpente strisciante, incantato dalla melodia del suo piffero magico.
(Ok. Andate di battute a doppio senso zoccoline!)
Eppure il mio cervello per una volta, ha deciso di vincere contro la voglia impellente di sentirmi sazia.
E avrebbe potuto prendermi, se avesse voluto.
Invece mi ha lasciata sul letto inerme, senza dirmi più niente.

Ormai è un po' che non penso più a Jonas.
La testa mi dice: l'hai tradito.
Il corpo ribatte: Hai voluto tutto quel calore disarmante.
Il cuore invece vibrava come il suono di un idiofono.
E malinconicamente ammetto che non penso neanche più a mio padre.
Tutta la mia materia grigia si è ridotta a pensare solo e unicamente, a come farmi passare questo folle desiderio che mi tramortisce.
Mi trova impreparata. Presa in contro piede da una brama che non so per quanto ancora, posso sopprimere.
Possiamo domare gli istinti, ma prima o poi scoppieranno inevitabilmente, per istinto di sopravvivenza.
Proprio io che sto accettando tutto per riscattarmi una volta uscita da questa fiaba sadica.

Mi dirigo a passi fiacchi, lungo il corridoio che porta al salone da pranzo.
Spero di non incrociarlo neanche per puro sbaglio.
Sono un fascio di nervi teso, in cui se tiro ancora un po' mi ridurrò in brandelli.
Il pantaloncino di jeans sembra restringersi come il top, ad ogni passo che avanza.

Finché finalmente non arrivo dentro, e trovo solo le ragazze chiacchierare, e rumori cacofonici di piatti e bicchieri, quasi tutte radunate intorno al tavolo.
Giungo davanti alla vetrinetta, con il vassoio in mano, per prendermi un piatto di pasta con polpette al sugo.
Quando una mano mi sfiora il fianco, e sobbalzo verso la direzione da cui è provenuto lo sfioramento.

Osservo il volto di Patricia riservarmi un'occhiata di superficialità.
«Il Signor Vlokov, aveva un messaggio da recapitarti.» Svela con un pizzico di fastidio, e infilo la mano nella tasca del pantaloncino, constatando che ho un bigliettino ripiegato.

«Grazie.»

Il rumore del piatto che sbatacchia sul vassoio, mi fa intendere che del mio grazie, non gliene infischia niente.
E difatti se ne esce, con tutta l'amarezza possibile.
«Non sei meglio di noi.» E detto ciò afferra il vassoio tra le dita che si serrano attorno ad esso e va a sedersi.

Forse non sarò meglio di loro, ma io tutto ciò non l'ho cercato.
Ed è una colpa se il mio magnete viene attratto allo stesso modo da quello del cobra, e dal suo no?!?

Mangio nel mio silenzio cesellato, e quando tutte lasciano il salone, mi prendo del tempo per me e per estrarre il bigliettino dalla tasca.
Lo spiegazzo e con circospezione, leggo il messaggio riportato sopra.
Sembra che ultimamente sia diventata una sua passione, scrivermi messaggi su post-it.

-Sai cos'è un portafortuna, Coraline?
Se non lo sai, tu lo sarai per me stasera.
Mettiti il vestito nero di pizzo e brillantini.
È il mio preferito.

Accartoccio nella mano stretta in un pugno il biglietto.
Ha anche la pretesa di dirmi quale abito mettermi.
Nero di pizzo e brillanti?
E bianco immacolato sia!

Busso alla sua porta, con un sorriso tronfio dipinto sulle labbra carminio, e ascolto la suola delle sue scarpe di vernice, riecheggiare fino all'asse di legno bianco che ci divide.
La maniglia cigola dolcemente, e un secondo dopo la porta viene aperta con la sua figura imponente che troneggia.
Il suo sguardo da ghiaccio liquido e sensuale, si trasforma in una  stalattite capace di trafiggerti, nell'esaminare contrariato il vestito bianco a sirena, che si apre alle caviglie in un volant più vaporoso.

Alexander Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora