Capitolo 29

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{Coraline}

Il ricordo della serata sfocia interrompendo il mio sogno, raffigurante il Cobra.
Colui che mi ha aperto il lucchetto donandomi la chiave per svelarmi i segreti che celava all'interno.
Un bambino che ha sofferto e non ha mai ricevuto benevolenza da nessuno, dovendo imparare a costruirsi un'armatura solida per combattere da solo nel mondo.

Non sono riuscita a trattenere le lacrime di tristezza, e lui è rimasto a cullare me e io il suo dolore.
Avverto ancora la sua presenza calda dietro di me e so che è rimasto come gli avevo chiesto con voce tremante.
Mi volto di poco con il volto, puntellando il mento sulla clavicola ora che gli do le spalle e lo osservo dormire beato.
La ricrescita appena trasandata della barba, lo rendono ancora più uomo ed è una visione terribilmente erotica, specialmente il suo petto tonico illuminato leggermente dai pochi raggi che si intrufolano dalla finestrina malandata.

Un lieve fruscio mi fa tornare subito con il viso rivolto verso il muro scrostato, e le palpebre strizzate tra loro.
Spero non si accorga che sono sveglia, adesso che lo spostamento d'aria dietro di me si fa sentire prepotente quasi quanto la paura di vederlo defilarsi e lasciarmi sola.
Sebbene sia sveglia, vorrei restare ancora così, con questo nuovo Alexander che spero non sia cambiato nell'arco di una nottata.
Come penso che possa davvero lasciarmi sola, ogni mio pensiero viene fugato da delle nocche ruvide che si posano con estrema cauta sulla mia guancia fresca, che sembra andare a fuoco sotto quel gesto.
Le strofina più volte, per sentire il secondo dopo le sue labbra diaboliche, posarsi sul mio lobo e la sua voce più rauca e tremendamente eccitante risvegliare ogni mio senso.
Un sospiro ansimante sfugge al controllo delle mie labbra che si schiudono, facendomi scoprire.

«Ti ho svegliata?» È un soffio d'alito caldo e intenso, che fa entrare in combustione il mio corpo che si pervade di brividi cocenti.
Si piazza ed espande sul petto, creando un focolare di fiamme incandescenti attorno al cuore che pulsa forte, fino a scivolare lungo il basso ventre che si contrae e raggiunge l'interno delle cosce che spingono tra loro per incendiarmi tra le pieghe dove gli umori perlati colano. Cresce il desiderio ardente di farglieli raccogliere con quella lingua da serpente incantatore e, assaporare la consistenza della sua barba al contatto con la mia carne tenera.

Scuoto delicatamente la testa, per mordermi subito l'interno della guancia.
«Quindi eri già sveglia?» Chiede interrogativo, e immagino già il suo sopracciglio sollevato con aria beffarda.

"Così tanto che se non ti fossi svegliato avrei commesso il reato di succhiarti le labbra."

Così vorrei rispondergli, ma fortunatamente torna il buonsenso dalla mia parte, se mai ne sia rimasto uno stralcio.
«Probabile di sì, o probabile di no.» Lo lascio nell'incertezza che comunque non lo scompone, e tentatore si avvicina di nuovo a me.
Ancora di più.
Così tanto da non lasciare spazio neanche all'aria di sgusciare tra l'attrito del suo petto marmore che si pressa sulla mia schiena.
Avverto distintamente la durezza gloriosa che preme tra le mie cosce e affondo i denti nel labbro inferiore per soffocare la voglia che mi consuma.

«Lo prendo per un...sì.» Sussurra convinto e compiaciuto, afferrandomi d'improvviso il fianco tra le dita che si conficcano nella carne, e mi spinge maggiormente verso il suo cazzo che sembra voglia sfondare la mia natica destra.
«Preparati, usciamo un po' da questa tana di merda.» Aggiunge perentorio come sempre, non dandomi il tempo di raccapezzarmi che si alza lasciando a gustare le iridi del suo culo scolpito, la schiena ampia e quei dorsali allenati.

Ci aggiriamo un po' tra le bancherelle, e finalmente riesco a respirare un po' l'odore di questa città variopinta.
Bancherelle di gioielli fatti a mano, di cocci di porcellana dipinti a mano, tappeti con ricami persiani, mentre mangiamo un Pastellitos Criollos ovvero un dolcetto di pasta sfoglia ripieno di mela cotogna, davvero prelibato.

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