Capitolo 28

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$ Alexander $

Sono passati quasi due giorni, e per il momento è tutto tranquillo.
Fila tutto liscio.
Abbiamo fatto un piccolo giro al mercato nel pomeriggio, per comprare un po' di cibo che Coraline ha cucinato.
Niente più battute da parte mia, nessuna domanda da parte sua.
Non riconosco questa Coraline, e francamente un po' mi spaventa.
Si concentra esclusivamente a cucinare, e quando non lo fa si avvicina alla finestra con sguardo perso.

Mi sono fatto una doccia veloce, poiché Coraline era a riassettare la cucina.
Anche stasera è stata fin troppo silenziosa, spiluccando si e no due patate e io non ho fatto niente per interrompere l'aria tesa.

Avvolgo un asciugamano bianco intorno al bacino, mentre piccole gocce perlate, scivolano a picchio sul dorso dei piedi, dalle punte dei capelli ancora madidi.
Sento un lieve rumore, dietro la porta e come giro il pomello mezzo staccato che cigola quasi lamentandosi, la figura di Coraline si para difronte alla mia.
Riesco a rimanere immobile, poiché se avessi osato fare un passo il suo corpo succulento, si sarebbe spalmato contro il mio torace, facendo sì che quel silenzio diventasse solo un fracasso di gemiti animaleschi.

Il suo sguardo rimane piantato sul pavimento scheggiato, ma è solo quando scuote appena la testa e rialza le iridi, si accorge della mia presenza sobbalzando come se l'avessi presa alla sprovvista.

«Ti serve qualcosa?» Sciolgo lentamente il nostro mutismo, sopratutto perché le sue iridi sono fisse sul mio tatuaggio, e il colore che assumono le sue guance, mi fa contrarre le palle.

«Io...no. Volevo dirti che stavo per andare a dormire.» Impacciata e delicata come un petalo, snocciola in fretta la frase, riportando la concentrazione su i miei occhi.
Gli stessi che se potessero la spoglierebbero.
Gli stessi che seppur non lo sappia, stanno incendiando ogni lembo di quella pelle.

M'impongo di restare calmo. Di non fare niente che possa rovinare una quiete.
L'esigenza è così violenta, da sentire il cazzo indurirsi, e prego che l'asciugamano non sveli quanto sia in tiro.
Ma è difficile controllarmi, mentre resta ancora ferma, bloccandomi l'uscita.
Le sue guance tingersi sempre di più, e il collo deglutire in affanno.

«Ok. Buonanotte, Coraline.» Riesco ad essere distaccato al punto giusto. Impassibile.
Una goccia cade come ad interromperci, tra i nostri corpi, e solo allora Coraline si riscuote totalmente.

«Buonanotte, Alexander.» Il mio nome intero, scivola basso e intenso da quella labbra che si inumidisce.
Desidero quella lingua in modo smanioso.
La immagino leccarmi tutta l'asta dura, che rimane celata dal pezzo di stoffa.
Le sue labbra polpose schiudersi per darmi dolci baci sul glande. Raccogliere diligentemente la gocciolina che fuoriesce dal frenulo, e ancor prima di farmi raccapezzare, ficcarselo in bocca mentre un ruggito mi spezzerebbe il fiato nei polmoni.

Cazzo! Non ci siamo, Vlokov!
Perciò interrompo bruscamente i miei pensieri, e supero Coraline, stando perfino attento a non sfiorarle neanche la spalla.
No! Perché non riesco più a controllarmi.
I pensieri sono piante arrampicanti che mi stritolano la materia grigia, e m'imprigionano nella lussuria che ribolle nel sangue caldo.

Il rumore della porta chiusa della sua camera, mi fa rilasciare un sospiro di sollievo, infilandomi i boxer per adagiarmi sul divano.
Ho preferito non dormire con lei. Non avrei saputo resistere ai miei impulsi.
Cerco di accomodarmi, nonostante sia troppo piccolo e scomodo per la mia stazza.
Le mani penzolano fuori dal bracciolo, mentre tento di fare delle mie braccia incrociate sotto la testa, un cuscino.

Un rumore rimbomba al di fuori, come un fascio luminescente che penetra dalla piccola finestra.
Un altro rombo più potente giunge al mio udito, ma a surclassarlo è un altro.
Dovrebbe essere più lieve, invece ogni cosa mi fa concentrare su quel dolce calpestio di piante.
Passi flebili e cadenzati.
E poi nella penombra del piccolo salone, la vedo a pochi passi da me.
Si immobilizza come una scultura perfetta, mentre un nuovo tuono fracassa il silenzio, e mette in luce la sua figura eterea.
Sussulta quasi impaurita, portando le braccia a circondarsi come una sorta di abbraccio confortante.
Le cosce snelle e scoperte tremano tra di loro, e risalgo pragmatico verso la canotta dove il respiro le gonfia i seni pieni e sodi.

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