twenty-three.

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Nella vita ho sempre cercato di vincere e di essere la migliore. Come quella volta in quinta elementare quando ho sparso in giro la voce che Dakota Palmer, all'epoca era la bambina più popolare della scuola, aveva la mononucleosi e automaticamente tutti smisero di stare appiccati a lei e cominciarono ad acclamare me come regina.

E lo stesso vale per obbligo o verità: non mi tiro di certo indietro per un paio di domande scomode e due obblighi senza senso.
Tutti gli ospiti si sono radunati in cerchio per partecipare a questo stupido gioco che, tra parentesi, è stato molto noioso fino ad adesso; c'è stata solamente gente costretta a bere o a togliersi un indumento, ridicolo.
Però devo ammettere che Ashton Irwin senza maglietta può essere considerato patrimonio dell'umanità, capisco perché Calum pensi solo al sesso quando lo vede.

«Bene Andromeda Flynn, obbligo o verità?»

La voce che pronuncia il mio nome mi costringe a distogliere lo sguardo dagli addominali di Ashton, non sto dicendo che solamente perché sono ubriaca posso fare quello che voglio con i ragazzi... Ma se guardo senza toccare non faccio del male a nessuno.

«Obbligo.» rispondo sicura di me e della mia lucidità, forse non dovrei esserlo così tanto.
«Perfetto...» sogghigna il ragazzo di cui non conosco neppure il nome ma che a quanto pare conosce il mio. «Chiuditi in camera con Joe per sette minuti.»
Tutti cominciano a fischiare in approvazione e a ridere; ma l'unica cosa che sento io sono le mani di Luke stringere i miei fianchi da dietro.
Sedersi sulle sue gambe durante questo stupido gioco è stata una buona idea, sicuramente lui mi impedirà di combinarne un'altra delle mie.
Sfortunatamente, anche il mio ragazzo ha bevuto quindi non so come possa finire la questione.
«Non sei costretta a farlo.» sussurra Irene al mio fianco.

«Cos'è Flynn? Hai paura di non trattenerti con me vicino?» mi prende in giro Joe.
Il suo commento mi fa andare su tutte le furie e in un attimo salto in piedi lasciando che le mani di Luke scivolino via dal mio corpo.
Ora non sono più al sicuro. Sento gli sguardi di tutti addosso ma non ci faccio caso.

«Andiamo?» chiedo con tono di sfida al mio ex ragazzo che mi osserva con un sopracciglio inarcato.
Non guardo Luke mentre abbandono il salotto per dirigermi verso la stanza di Joe, non voglio sentirmi in colpa.

Che poi, in colpa di cosa? Non ho intenzione di fare nulla con questa specie di uomo sottosviluppato.
Mi viene il vomito solo a pensarci, e sono sicura che non sia colpa dell'alcol.

«Quindi...» comincia a parlare Joe chiudendo la porta alle sue spalle mentre io resto in piedi vicino al suo letto.
«Devo essere sincero Maddie-»
«Non chiamarmi così.» lo interrompo lanciandogli un'occhiata di fuoco.
Lui alza le mani e scuote la testa. «Scusami, Andromeda...» alza gli occhi al cielo. «Dicevo, non avrei mai pensato che avresti accettato l'obbligo adesso che stai con quello spilungone australiano, ma a quanto pare non sei cambiata.»
Ogni parola che dice, la pronuncia con cattiveria.
Sento che tra un paio di secondi potrei saltargli addosso e strozzarlo, ma aspetto che finisca il suo discorso da idiota.
«Sì, insomma, sei la solita putt-»

Per la seconda volta, lo interrompo. L'unica differenza è che in questo momento non è riuscito a finire la frase perchè, evidentemente, il dolore  provocato dal mio schiaffo è stato più forte della sua forza di volontà.

«Ma sei impazzita?!» urla Joe a pochi centimetri di distanza da me.
«Vaffanculo.» soffio tra i denti senza distogliere lo sguardo.
Restiamo fermi nella stessa posizione per qualche secondo prima di sederci entrambi sul letto sospirando.

«Oh... Lui sa delle foto?»
«No.» ribatto prontamente. «E non lo dovrà sapere. È chiaro?» gli punto l'indice contro con espressione contrariata cercando di farmi rispettare almeno una volta nella vita da questo mezzo uomo.
Luke non si merita questo, non si merita di sapere quanto sciatta fossi.
A quanto pare lo ero molto più di adesso.
Joe non risponde, allunga solamente la mano sul mio ginocchio susurrando un "mi dispiace tanto".
Mi avrebbe anche convinta con il suo tono sincero, se solo la sua mano non avesse cominciato a salire sempre di più verso la mia coscia.
«Joe ma in che lingua te lo devo dire?!» sbraito afferrandogli il polso per spostare la sua lurida mano dal mio colpo.
In risposta, il ragazzo sbuffa e alza gli occhi al cielo. «Oh andiamo piccola, lo sai meglio di me che tra poco quel biondino senza palle dovrà tornarsene in Australia dalla mamma.»
«E quindi?» chiedo con aria di superiorità. Sono curiosa di sapere dove andrà a parare.
«E quindi si dimenticherà di te e tu farai come al solito: aprirai le gambe al primo che passa... Quindi ti sto solamente facilitando le cose.»
«Oh, e invitarmi a fare sesso con te dovrebbe facilitarmi le cose?» faccio io quasi scioccata dal suo modo di pensare a dir poco disgustoso.
«Esattamente.»

American Love Story || Luke HemmingsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora