thirteen.

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Non so per quanto io sia rimasta a piangere chiusa nella mia camera fino ad addormentarmi. L'unica cosa che so è che sono stata svegliata da dei passi pesanti per le scale.
Si può dire tutto di Luke, ma di certo non è leggero come una piuma.
Butto un occhio sulla mia sveglia e noto che segna quasi mezzanotte.
Juliette e Luke si devono essere divertiti molto.
Digrigno i denti cercando di calmare me e la mia voglia insensata di andare nella stanza di Luke.

E ho capito una cosa: l'amore è un sentimento deleterio.
È solamente dannoso per il mio organismo e per le persone che mi circondano.

La mia impulsività ha la meglio.
In men che non si dica mi ritrovo in piedi difronte alla porta della camera degli ospiti. Mi mordicchio il labbro nervosamente cercando di riordinare le idee.
Cosa fare, cosa non fare.
Prendere a schiaffi Luke, non prendere a schiaffi Luke.

«Luke??» sussurro bussando piano alla porta.
Un secondo dopo, la porta si spalanca e mi ritrovo davanti il mio corrispondente già in pigiama e pronto a coricarsi nel suo letto.
«Andromeda.» mi saluta freddamente con un sopracciglio alzato.
Pianto le unghie nel palmo della mia mano; non sono venuta qui per urlagli addosso.
«Com'è andata con Juliette?» domando cercando di essere il più naturale possibile.
Fortuna vuole che io non sia esattamente una pessima bugiarda.
«È andata bene.» dice semplicemente evitando il mio sguardo rendendomi sempre più sospettosa.
«C'è altro non è vero?»
Dannazione, perché questo ragazzo riesce a leggermi alla perfezione ogni volta.
«No.» rispondo schietta.
«Oh, allora buonanotte.»

Cristo, quanto lo odio.

«Aspetta!» lo fermo prima che possa chiudermi letteralmente la porta in faccia.
Luke mi fissa in attesa di qualcosa, non so che cosa.
«Volevo farti sentire una canzone che ho scritto.» mi invento arrossendo appena.
Gli occhi del biondo cambiano improvvisamente e riesco a vedere chiaramente lo stupore sul suo viso.
«Non pensavo ti piacesse cantare con me attorno.»
«Infatti non mi piace.» ribatto velocemente. «Ma tu sei sincero e magari sarai in grado di darmi qualche critica costruttiva.» aggiungo squadrandolo dalla testa a piedi, nonostante l'altezza, cerco comunque di sembrare più minacciosa di lui.
«Stai provando ad intimorirmi Maddie?» ridacchia l'australiano merda.
Il mio livello di pazienza sta oltrepassando il limite.
«Taci Luke.»
Il ragazzo alza le mani in segno di resa.
«Comunque è un po' tardi ora per metterti a cantare, la prossima volta inventa una scusa migliore.» e con un occhiolino, chiude la porta lasciandomi fuori.

Confusione e rabbia.
Possibile che Luke Hemmings abbia la capacità di mettermi a disagio a suo piacimento?

***

Sabato mattina finalmente.
Non riuscivo più a mantenere il ritmo scolastico, non che l'abbia seguito alla perfezione.
Sono le nove di mattina e i miei genitori si sono già dileguati, io mi ritrovo come al solito seduta sul bancone della cucina con la mia tazza di caffè bollente.
Indosso una maglia di almeno tre taglie in più della mia e guardo fuori dalla finestra.
I raggi del sole battono contro il vetro in maniera invadente, c'è troppa luce in questa casa.

«Buongiorno Andromeda.»

Quasi rovescio il mio amato caffè quando sento la voce roca mattutina di Luke.
È bello come sempre, con i suoi ricci spettinati e gli occhi stanchi.
Mi ritrovo ad ammirarlo sul serio.
Non penso di aver mai visto un ragazzo così attraente in tutta la mia vita, mi sento male ogni volta che le sue iridi azzurre incrociano le mie più scure.

«Oggi ti vedi con la Miller?» domando casualmente.
Luke accenna un sorrisetto per poi darmi le spalle per scaldare l'acqua nella teiera.
«Intanto rispondi al mio saluto poi ne riparliamo.»
A quel punto sbuffo sonoramente.
Sarà anche bellissimo, ma rimane comunque il solito rompi palle.
«Buongiorno anche a te Luke.» dico fingendomi il più cordiale e disponibile possibile. «Ora rispondi alla mia domanda però.»
Il biondo alza gli occhi al cielo e scuote la testa lentamente.
«No, oggi non vedrò Juliette.» marca il suo nome come a farmi capire che non la devo chiamare per cognome.
Ho i nervi a fior di palle e stringo i lembi della mia maglietta mordicchiandomi il labbro inferiore pensierosa.
«Ti prego, dimmi che hai qualcosa sotto quell'enorme maglia.» asserisce Luke di punto in bianco.
Non riesco a decifrare la sua espressione.
È un pezzo di ghiaccio.
Per una volta tanto tocca a me avere il coltello dalla parte del manico.
Così, con un sorrisetto di merda stampato sulle labbra, scivolo dal bancone della cucina e mi avvicino a Luke.
Il ragazzo indietreggia ma si ferma quando sbatte contro al tavolo. Non ha più scampo.
Mi blocco appena i nostri corpi sono ad un paio di centimetri di distanza.
Afferro dolcemente la sua mano calda e la porto sotto la mia maglietta, esattamente sul mio fianco.
Luke, dal canto suo, non sa che fare.
Ha le labbra semiaperte, il respiro irregolare e sento le sue dita stringere la mia carne.
Spingo il suo polso ancora più in basso sull'orlo delle mie mutandine e a quel punto lo vedo quasi arrossire.
Probabilmente non si aspettava questa presa di potere da parte mia.
Ma poi, ritrae il palmo come scottato.
«Odio quando fai così.» ammette per poi darmi le spalle, versare il tè in una tazza e sedersi al tavolo.
«Io ti odio sempre.» mormoro, senza farmi sentire.

American Love Story || Luke HemmingsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora