Ma perché gli Avengers sono così insistenti?

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Anche l'Avengers Town, come molte altre strutture di mia conoscenza, era un intrico labirintico di corridoi.

Non ero stato molto spesso in quel luogo e la cartina che avevo in testa era parecchio scarsina, ma, d'altronde, non dovevamo andare in un posto preciso, e anche solo il vagare a caso andava bene.

La base era deserta... Forse gli abitanti si erano spostati tutti in una sorta di sala riunioni o cose così, ma al momento non avevamo incrociato anima viva.

I nostri passi rimbombavano nel vuoto e non si sentiva volare una mosca mentre avanzavamo a casaccio dentro l'edificio apparentemente disabitato.

-La persona di cui parlavi non sembra arrivare, Spiedy- mi fece Alex ficcandosi le mani nelle tasche della felpa -E poi questo posto è privo di esseri viventi.

-Preferivi stare dentro la camera senza niente da fare?- le lanciai un'occhiata perplessa.

-No- rispose -Ma almeno avremmo potuto avvertire qualcuno prima di sgattaiolare via.

-Disse quella che gira per casa di Tony Stark come cavolo vuole- feci, ironico.

-Oh, andiamo!- mi riprese Alex -Quella era casa di mio zio, lo conosco... Ma qui lui non è neanche più vivo e gli Avengers non so come la prenderebbero trovandoci a girare per la loro base.

-Ehi, Ale, mi deludi- risi -Non eri tu che correvi rischi assurdi in qualunque situazione?

Sospirò e scosse la testa, esasperata.

-Non riesci proprio a capire, vero?

Mi fermai a metà di un passo e mi voltai verso di lei, fissandola allibito.

-Che stai dicendo?

Resse lo sguardo.

-Siamo in un'altra dimensione, Pete- mi fece -Un futuro diverso dalla nostra realtà!- aggiunse alzando la voce -Abbiamo appena scoperto di essere usciti dalla fantasia di un paio di tizi senza niente da fare e che non sappiamo come tornare a casa...- alzò le braccia al cielo, esasperata -Qui non è più un gioco! Io sono una a cui piace rischiare nella vita e fino ad una dimensione di Mutanti arrivo anch'io... ma questo...- scosse la testa -Non so più in cosa devo credere, Peter...

Abbassò lo sguardo e per un secondo regnò il silenzio.

Fino a quel momento avevo visto Alex come una ragazza determinata e pronta ad aiutarmi: era lei che mi sosteneva quando crollavo, era lei che mi impediva di collassare sotto le mie stesse paure... e ora, dopo quasi un mese di emozioni intense, e chi più ne ha più ne metta, aveva ceduto.

Forse l'aveva già fatto da tempo ma si era nascosta... e adesso mi sembrava così spaventata...

Per un istante fu solo una bambina.

Ci guardammo e io deglutii.

Lei sospirò e tirò su col naso, ricacciando indietro le lacrime e facendo sì che le guance si tingessero di una sfumatura scarlatta.

Immerse la faccia tra le mani e se le fece passare sul viso, come a voler scrollarsi di dosso quello che stava passando.

Non appena i palmi rivelarono nuovamente il suo volto gli occhi erano di nuovo vivi e ardenti, le lacrime e l'incertezza come volatilizzate in una nuvola di fumo.

-Oh, scusami...- fece scuotendo nuovamente il capo -Io non...- sospirò.

Le sorrisi.

-Niente- le dissi -Solo... è bello sapere che non sei fatta di ghiaccio.

Mi guardò, senza capire.

-Hai emozioni- spiegai facendo spallucce -Ero stufo di fare sempre io la parte della femminuccia in lacrime.

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