Un santuario di sorprese

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I miei occhi erano come cechi e nessun suono mi giungeva all'orecchio se non quello del mio respiro.

-Alex?- domandai al buio tendendo le braccia in avanti, nella speranza che le mie dita incontrassero qualcosa di materiale.

-Sono qui- rispose la ragazza, da qualche parte alla mia destra.

Qualche secondo di silenzio, nel quale mi limitai a fare qualche timido passo in avanti, cercando di non inciampare in qualsiasi cosa avessi difronte.

-C'è qualcuno?- gridò poi la mia amica, frantumando la quiete con la sua voce e l'eco che ne seguì.

Come in risposta alla domanda le luci si accesero di colpo, facendomi sfuggire un gemito spaventato.

Era un salone enorme, illuminato da candelabri d'altri tempi.

Una scalinata imponente ci si apriva davanti; intorno a noi piedistalli con antichi oggetti e reliquie riempivano lo spazio.

-Strange?- chiamai, conscio che quello stregone fosse solito a prendere per i fondelli i visitatori del tempio.

Deglutii, scambiando uno sguardo con Alex, immobile alla mia destra.

Poi il mio stomaco si ribaltò, come se improvvisamente il terreno avesse iniziato a precipitarmi sotto i piedi.

Il mondo si capovolse all'improvviso e ciò che era sopra divenne sotto, i tappeti che adornavano il pavimento iniziarono ad arrotolarsi mentre la stanza ruotava e i lampadari si ripiegavano su loro stessi.

Istintivamente mi accucciai sul terreno e premetti le mani su quella superficie solida, iniziando a ruotare con la stanza mentre i miei occhi si rovesciavano.

Alex perse l'equilibrio e urlò, precipitando di schiena verso ciò che pochi secondi prima era il soffitto.

Atterrò con un tonfo e la giacca di Carol attutì la caduta, ma credo che si fosse fatta male ugualmente.

Rimase con gli occhi sgranati per un attimo, sdraiata esattamente sotto di me mentre io abbassavo lo sguardo verso di lei.

Ci guardammo e nei suoi occhi lessi la mia stessa paura.

Per un istante tutto rimase immobile così.

Io, attaccato al pavimento/soffitto e Alex stesa a qualche metro di distanza sul soffitto/pavimento.

Poi ogni cosa prese a tremare con forza ed io ebbi l'ennesimo tuffo al cuore,

Come se fossimo nuovamente in metropolitana l'intera stanza iniziò a vibrare e un assurdo rumore di piatti rotti e stoviglie che sbattono riempì l'ambiente.

Quel tremore mi confuse la vista, che venne sbalzata da una parte all'altra, non riuscendo a distinguere più niente di vagamente simile a qualcosa di famigliare.

Mi accucciai ulteriormente su quella superficie solida che avevo sotto ai piedi, chiudendo gli occhi e imponendo alla testa di smettere di vorticare così pericolosamente, ma senza un grande risultato.

Poi tutto si fermò di colpo e io alzai le palpebre, mentre quel contatto così sicuro e confortevole che avevo con gli arti svaniva all'improvviso.

-Oddio- ebbi il tempo di dire prima di prendere a precipitare nel vuoto.

Mi lasciai andare in un lungo urlo liberatorio, continuando a cadere verso qualcosa che nemmeno riuscivo a mettere a fuoco, sentendo il bisogno di serrare gli occhi e impedire a quell'aria gelida che mi arrivava in faccia di ferirli così violentemente.

Poi, mantenendo scrupolosamente le palpebre sigillate, avvertii che il mondo si ribaltava di nuovo e la direzione di marcia si invertiva insieme al punto da cui arrivava la gravità.

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