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Sospirai stanca, erano ore che camminavo, cercando di stare al passo delle mie voci che mi indicavano la via da prendere. Dove stavo andando? Semplice, dovevo ritornare in quella casa, solo lì avrei scoperto la verità, solo lì avrei capito.

Mi fermai, alzando lo sguardo, mi ritrovavo in un quartiere abbandonato, case mezze distrutte, palazzi completamente buttati giù. Osservai tutto quello che mi circondava, camminando attentamente, evitando delle schegge dei vetri, ormai, di quei palazzi, non era rimasto nulla, se non detriti. Camminai ancora per molto, prima di imbattermi in un palazzo ancora in piedi, molto mal ridotto.

-Devi entrare qui! - esclamarono in coro, quasi come ad invitarmi, ero imbattuta, non sapevo se entrare o meno, quella struttura non pareva per niente sicura, ma come al solito, il pericolo mi attraeva, così entrai senza aspettare troppo. Continuavo a guardarmi attorno, sentendomi osservata, come se qualcuno mi stesse seguendo, come se stesse aspettando che io scoprissi la verità, per poi farmi fuori. -Sali! A destra, veloce, prima che lui possa sapere- urlò una voce femminile nel mio cervello, da quando ho le voci femminili?

Feci come detto, senza fare rumore, attenta a dove mettevo i piedi. Sali le scale fino a trovarmi davanti ad una porta che al centro aveva una medaglietta con scritto "Rizzo", la aprii senza pensarci troppo facendola scricchiolare. Feci alcuni passi in avanti, con l'ansia che mi mangiava, respiravo a fatica, le voci mi confondevano. Sembrava strano no? Vedevo cose che forse nella realtà neanche c'erano.

I piedi si muovevano da soli, portandomi al centro della stanza - Va via! - "Perché?" sussurrai impaurita sentendo diversi rumore - Attenta! - disse ancora, spaventandomi, la paura mi stava uccidendo, l'ansia correva veloce nel mio corpo, dandomi un po' di adrenalina. "Non dovresti essere qui, bambina" disse qualcuno nella penombra, quella voce mi fece rabbrividire. "Chi... Chi sei? E... E che c-cosa ci fai qui?" tremavo, avevo paura, non mi riconoscevo. Strinsi i pugni cercando di calmarmi, con scarsi risultati.

Rise, quella risata mi ricordava qualcuno, eppure in quel momento, non riuscivo a capire di chi potesse essere. Lo sentivo fare passi in avanti, fino ad arrivare davanti a me, chiusi gli occhi, non volevo guardarlo. "Ma come, bambina, non ti ricordi di me?" disse diverito, avvicinando il suo viso al mio, tanto da sentire il suo respiro mischiarsi al mio.

"MARTINA!" un urlo proveniente dall'esterno di quel palazzo, distrasse l'uomo davanti a me, e decisi di cogliere l'occasione per scappare. Lo spinsi, per poi fionfarmi giù sentendo che mi seguiva. Riuscì ad uscire, e alla vista di un Fabio preoccupato che si guardava in torno un po' riuscii a calmarmi. "PAPÀ" urlai anche io, non sapevo neanche io che cosa stava succedendo, sentivo solo che dovevo scappare da lì, che quel qualcuno che mi osservava, che mi seguiva, mi aveva trovata, che aveva la conferma di tutti.

Mi fermai davanti a lui, ma Fabio non mi diede il tempo di pronunciare parola, che affermandomi il polso, mi costrinse a correre.

Si fermó di colpo, quando ormai eravamo lontani da quel quartiere, poco più avanti c'era la macchina di Diego, perché era lì? Ma in quell'istante l'unica cosa che mi preoccupava era quella persona, chi era? Che cosa voleva da me?

Appoggiai le mani sulle ginocchia, cercando di calmare il mio respiro e di fermare quel flusso di pensieri, pian piano mi lasciai cadere per terra, inginocchiata, con le mani nei capelli, non reggevo più quella pressione. "Martina hey guardami!" esclamò Diego, che era uscito dalla macchina, dopo essere stato quasi insultato da Fabio, che non aveva la minima idea di come fare per calmarmi. Alzai lentamente lo sguardo, guardandolo, e solo in quell'istante, realizzai quanto fosse brutto vivere senza di lui, senza quei, tanto amati da me, occhioni marroni, in cui ci vedevo il mare, un mare in cui potevo rispecchiarmi, un mare che mi conosceva bene, un mare sempre pronto ad accogliermi, ad eccertarmi per com'ero, senza se e senza ma.

"Respira con me, è tutto passato, ora sei al sicuro" disse cercando di restare apparentemente neutro, calmo e senza preoccupazioni, ma sapevo bene che non era così, leggevo quella nota di paura, ma preferii non parlare, anche perché, di parole, in quel momento, ne avevo poche. "Grazie" sussurrai appena, lasciando che lui mi prendesse in braccio, per poi lasciarmi andare tra le bracci di Morfeo.

MA BUONANOTTE COSÌ.

Chi sarà mai? Avete già capito?

Dove sei?/MarracashDove le storie prendono vita. Scoprilo ora