capitolo 3

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Mancava solo un'unica cosa da fare,quella più difficile: dirlo ai miei genitori.
Era domenica mattina e come di consuetudine dovevamo fare colazione tutti insieme.
Per noi era un evento irrinunciabile,mio padre non lavorava quindi potevamo passare del tempo tutti insieme rilassati.
Ero davanti allo specchio a provare i modi per informarli e quando ne ebbi abbastanza scesi in cucina.
Papà era già seduto al suo posto,la ciambella faceva bella figura al centro del tavolo e la macchinetta del caffè borbottava rumorosamente.
<Buongiorno.>Dissi accomodamdomi sulla sedia.
<Buongiorno perché hai quel sorriso da ebete?>Mi chiese mia madre ed io maledì la mia solita incapacità di nascondere i miei sentimenti.
<Niente,non posso semplicemente essere felice?.>chiesi con aria colpevole.
<Mah.>Mia madre alzò le spalle e si accomodò di fronte a me.
<Andiamo a Bangkok.>Dissi in un fiato non riuscendo più a trattenere l'agitazione.
<Ma si pazz?>Mi urlò contro mio padre facendo cadere la tazzina e inondano il tavolo di caffè.<Lo sai quanto è pericoloso?>
Guardai mia madre perplessa,forse mi ero persa le ultime notizie al tg,ma dalla faccia che anche lei fece capì che era papà ad essere fuori di testa.
<Là si fanno saltare per aria,sparano a tutti quanti come e ven in mente e i là? Che adesso vuoi fare la crocerossina? No mia cara non permetterò mai a mia figlia di andare incontro alla propria morte.>
Guardai le vene del suo collo farsi sempre più evidenti e il suo viso diventare rosso.
<Papà,ma di cosa stai parlando? Ho detto Bangkok.>
<Eh e io che ho detto? Là ci stanno i kamikazu,le auto bomba.>
<Aspetta papà,frena un secondo. Prima di tutto si chiamano kamikaze e poi ti stai riferendo a Baghdad?>
<Ancora? Allora si ottusa?>rispose sempre più nervoso.
<Papà ascoltami attentamente. Baghdad è la capitale dell'Iran dove purtroppo avvengono queste cose spiacevoli,mentre io vado a Bangkok,capitale della Tailandia che è una città come tante altre.>
Mio padre guardò mia madre con aria interrogativa e solo quando questa annuì si calmò.
<Perché non l'hai detto prima che era Bangkok?>
<L'ho fatto,ma tu come al solito sei partito in quarta.>
<La Tailandia è lontana,quante ore di volo sono ?>Chiese mia madre che era sempre la più razionale della famiglia.
< Più o meno quindici.>
Mio padre nel frattempo si stava affogando con un pezzo di ciambella.
<Cioè devi stare su quel coso per tutto quel tempo?>Chiese tra un colpo di tosse e un altro.
<È così che funziona.>
<Ma...>
<Mario>lo interruppe mia madre.<Chiara è adulta e sa quello che fa,poi,non sei stato forse tu a darle carta bianca per questo viaggio? È un po' tardi per pentirsene.>
Lui abbassò il capo e mi fece compassione,era comprensibile che si preoccupasse per me,ma io non volevo rinunciare a quella opportunità.

I giorni a venire furono totalmente occupati dalla preparazione della mia laurea.
I miei avevano deciso di portare tutti i parenti a cena,insomma volevano fare le cose in grande.
Forse pensavano che io non mi sarei mai sposata e per questo volevano regalarmi la gioia di una grande festa.
In effetti mio cugino quella sera mi disse<Wa e che è nu matrimonio?>.
Tralasciando l'eleganza con cui lo disse non potevo che essere d'accordo con lui.
Mio padre per l'occasione aveva indossato il vestito acquistato per le nozze di mia cugina Caterina,mentre la mamma aveva fatto spese folli.
Aveva comprato un tubino rigorosamente rosso,perché è il colore della laurea e la madre non può non portarlo a detta sua,con delle décolleté dello stesso colore vertiginose.
L'unica che si differiva dal resto per umiltà ero io.
Avevo indossato un tailleur nero,con camicetta bianca e delle décolleté con un tacco invisibile.
Le mie amiche mi avevano sempre rimproverata per il mio poco,o inesistente,gusto nel vestire e non potevo dar loro torto.
Non mi è mai importato di apparire e per andare a comprare il pane al negozio sotto casa non mi ha mai imbarazzato scendere in pigiama.
"Sei così bella,ma non fai niente per dimostrarlo. È proprio vero Dio dà o pane a chi non ten' i rient" queste erano le parole che mia nonna mi ripeteva in continuazione.
Per farla breve secondo lei Dio mi aveva donato la bellezza,ma io non ero in grado di sfruttarla.
La verità era che sin da adolescente ho attirato molto le attenzioni dell'altro sesso,beccandomi colpi di clacson o fischi di approvazione e sinceramente la cosa mi ha sempre dato fastidio,quindi ho preferito coprirmi un po' e passare inosservata.

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