PROLOGO.

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Alec girava disperato per i corridoi dell'Istituto, cercando la sorella, che sicuramente era la responsabile del malumore di Simon. Non sopportava più di sentirlo piagnucolare, perciò aveva deciso di parlare con Isabelle. Capiva che la sorella era rimasta turbata dalla definitiva (e alquanto prevedibile) separazione dei genitori. Alec invece in parte ne era sollevato. Era stufo di vederli fingere davanti a loro, almeno adesso poteva contare sulla realtà dei fatti. Era da tempo che Alec sospettava, gia dalla morte di Max, che il loro rapporto in qualche modo si era spezzato. Sì, dopo il matrimonio di Luke e Jocelyn, Maryse e Robert si erano separati. Quest'ultimo si era trasferito a Idris per portare avanti nel miglior modo il suo lavoro, e in tal modo aveva chiuso i battenti. Si erano rivisti pochissime volte, lui e i figli, i quali non ne erano così dispiaciuti alla fine. Con la madre invece i rapporti erano rimasti stretti e si erano consolidati ancora di più. In ogni caso ora vivevano separati, la madre in casa Lightwood e i figli all'Istituto con tutto il gruppo. E Alec stava benissimo così.

Arrivò davanti alla stanza di Isabelle e sentì dei lievi singhiozzi provenire dal suo interno. Entrò senza bussare e gli toccò subire lo sguardo fulminante di sua sorella.

«Alexander!» gli urlò contro.

«Isabelle Sophie Lightwood.» la sfidò l'altro. Non era un bene quando si chiamavano con i nomi interi.

«Che diavolo vuoi?»

«Parlare» disse semplicemente Alec.

Lei scrollò le spalle. «Non mi va.»

«E invece mi ascolterai, che tu lo voglia o no» continuò Alec. Lei sbuffò in tono rassegnato. Alec cominciò a parlare e lei si mise seduta, continuando a sbuffare perché sapeva che infastidiva Alec. Ma lui non lo dava a vedere e continuava a parlare. «Izzy, non puoi prendertela con Simon. Asmodeo gli ha preso tutti i nostri ricordi, è già tanto che si sia ricordato di Clary e del tuo stesso nome. Non puoi insultarlo così. Non si ricorda molto, e...»

«Be' a me da fastidio che si sia ricordato di Clary e non di me! Come la mettiamo?» lo interruppe Isabelle. Lui si passò una mano tra i capelli con aria disperata.

«Iz, lui e Clary si conoscono da quando erano bambini. È normale che si sia ricordato prima di lei. Vieni qui» disse tirandola verso di sè, abbracciandola e accarezzandole i capelli come faceva quando lei era piccola e aveva gli incubi, e andava dal fratello perché era troppo orgogliosa per andare dai genitori. «Si sistemerà tutto -proseguì lui- ma ora vai a chiedere scusa a Simon. Prometti.»

Lei annuì. «Promesso.»

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Fu solo dopo aver parlato con suo fratello che Isabelle si convinse a parlare con Simon. Percorse velocemente il corridoio principale dell'Istituto che conduceva al soggiorno, ovvero il posto dove aveva visto Simon prima di scappare. Bussò piano ma, non sentendo risposta, picchiò due colpi più forti tanto che la porta tremò.

«Avanti!» gridò una voce. Jace.

Isabelle entrò e si guardò intorno. C'erano Jace e Clary, quest'ultima sedeva sulle gambe di lui, che la guardavano incuriositi.

«Simon...»

«È andato nello studio. Stava leggendo il Codice» disse Clary. Isabelle borbottò un "grazie" e corse di nuovo via incrociandosi con Alec nel corridoio.

«Già finito?» scherzò lui.

«No, Simon non era lì. E tu faresti meglio a non entrare, lascia in pace i piccioncini e vai da Magnus. Qui ci penso io» Alec rise e Isabelle tornò a correre per il corridoio diretta allo studio, mentre si ripeteva nella mente miliardi di scuse, e le scartava tutte.

//

Alec fece quanto detto da Isabelle, e uscì dall'Istituto senza disturbare Jace e Clary. Gli piaceva camminare per Brooklyn d'estate, sentire il caldo penetrargli nelle vene come fuoco, ma la cosa che amava di più era uscire per andare a casa di Magnus, che in realtà era anche casa sua. Camminava per le strade osservando i colori estivi che brillavano al riflesso del sole, e non riuscì a fare a meno di pensare agli occhi di gatto di Magnus. Sorrise al pensiero delle parole che gli aveva rivolto qualche mese prima, quando si erano abbandonati all'idea di non essere uguali, che uno era immortale e l'altro no. Ormai non ne parlavano più, in fondo c'era ben poco da fare.

Arrivato davanti al portone prese le chiavi ed entrò. Stavolta la casa non aveva subito particolari cambiamenti rispetto al giorno precedente, il che era un male. Raziel, pensò. Non dirmi che è rimasto alzato di nuovo tutta la notte. Si avviò deciso verso il soggiorno e la scena fu quella che aveva immaginato: Magnus che dormiva sul divano, con accanto il Libro Bianco, mentre cercava chissà quale incantesimo. Si avvicinò a lui e gli si sedette accanto, mentre cominciava ad accarezzargli la guancia.

«Hey. Hey, svegliati» sussurrava. L'unica risposta che ebbe fu un mugolio e un sospiro. «Magnus, sveglia!» disse a voce un po' più alta, e l'altro sobbalzò.

«L'incantesimo! Dio, Alec! Mi hai spaventato» disse Magnus.

«Be' non potevo lasciarti così a dormire! Non puoi diventare un vampiro, dormi di giorno e studi la notte, basta Magnus!» disse Alec, e Magnus lo guardò, gli occhi di gatto che lanciavano scintille.

«Sto solo cercando di restituire i ricordi al vostro amico.» rispose lui.

«E dai, che ti ci sei affezionato anche tu.»

Magnus si limitò a scrollare le spalle. «Vi ha salvato la vita. Questo glielo devo.» disse indicando il Libro.

«Ci ha salvato la vita» puntualizzò Alec. Magnus sorrise e annuì. «Okay, okay. Hai ragione. Lo faccio anche perché ormai è uno del gruppo, diciamo. Contento?» Alec rise e annuì, mentre Magnus lo tirava a se baciandolo delicatamente. «Buongiorno » disse alla fine, e Alec scosse la testa ridendo.

«Dai, ti aiuto. Che devo cercare?»

//

Mentre la distanza tra il soggiorno e lo studio sembrava non finire più, Isabelle si sentiva sempre più scossa per le parole dette a Simon. Non sei più il mio Simon! Aveva detto. Sei uno sconosciuto! Si era pentita quasi all'istante di quanto aveva detto, ma non poteva farci nulla. Purtroppo non si poteva tornare indietro. E ora eccola lì, davanti alla stanza al cui interno vi era un ragazzo che una volta era stato il suo ragazzo, e che ora sembrava più distante dell'Angelo Raziel. Si fece coraggio, e bussò.

«Sì? Avanti» rispose la voce debole di Simon. Isabelle entrò timidamente, e appena la vide Simon sorrise leggermente.

«Sei venuta» disse alzando gli occhi dal Codice.

«Certo» rispose lei. «Senti... Scusa, okay? È che ci sto male, Raziel, quanto ci sto male!»

Simon saltò dalla sedia facendo sussultare Isabelle. «Tu ci stai male. Senti non sei tu ad aver perso la memoria! Non hanno rubato a te ricordi. Io sto male. È questo che non capisci» disse lui con voce implorante, e Isabelle sentì le lacrime bruciarle in gola e morirle sugli occhi.

«Mi... mi dispiace, scusa» disse lei, e corse via, mentre Simon guardava la scena provando una fitta di rimorso. Almeno però Isabelle gli aveva chiesto scusa, e lei si sentiva leggermente meglio, almeno da questo punto di vista.

Shadowhunters - City of Broken HeartsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora