Capitolo 17 - Reticenze

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Roma, Giovedì 16 Dicembre 1999

“Che ci fai tu qua?”

Eddie viene accolto nel capanno buio dalle brusche parole pronunciate da Rudy e dall'odore di legno e plastica bruciati.
“Il mio prossimo cliente arriva all'una, fa un freddo cane lì fuori",  risponde Eddie tentando di giustificarsi e di avvicinarsi al fuoco che brucia illuminando le pareti metalliche del bidone in cui è stato acceso. È l'unico oggetto che riesce a vedere, a parte le ombre degli altri ragazzi, che si agirano tremanti nelle vicinanze della fonte di calore.

“Se davvero c’è  uno che arriva all'una non vuol dire che non può arrivare qualcuno anche prima. Ti ho visto più dentro che fuori, oggi. Vatti a cercare un cliente, razza di sacco di merda inutile". Eddie riesce a sentire gli occhi minacciosi di Rudy posarsi su di lui pur non vedendo nulla.

Se ne sta lì immobile a pensare se insistere o darsela a gambe. “Ti prego, Rudy, tanto non viene nessuno con questo tempo e io ho troppo freddo. Ti prego". I brividi lo scuotono ma non lo fanno tremare quanto il suono dei passi pesanti di Rudy che si avvicinano nell'oscurità completa.
Poi, senza che nemmeno riesca a capire con esattezza da dove provenga il rumore e il ringhio rabbioso, si sente arrivare in faccia uno schiaffo fragoroso che lo fa arretrare e per poco non lo manda a terra. Il bruciore sulla guancia non è nulla rispetto allo stordimento che gli fa perdere il senso dell’orientamento.

“Fermo, fermo, ti prego.”, Eddie cerca di mantenere ferma la voce, che invece trema. “Esco, torno in strada, faccio tutto quello che vuoi”. Ma è troppo tardi, perché Rudy ha approfittato della sua supplica per assestargli un altro violento ceffone. Eddie stavolta cade sul pavimento unto e impolverato. Si rannicchia contro il muro del capanno, la mano di fronte al viso. Sente il sangue colargli dal naso.

La spinta lo ha spedito troppo lontano dalla porta perché possa scappare. Rudy adora menare le mani, anche quando la logica vorrebbe che lo evitasse. Eddie riprende fiato. “Santo cielo, tra poco arriverà il cliente, se mi trova che sanguino come glielo spiego?”. La voce di Eddie non tenta più di nascondere il panico mentre vede la sagoma enorme di Rodolfo incombente su di lui farsi sempre più vicina.

“Quel frocio che si scopa un sacco di merda come te può anche andare a farsi fottere". Eddie vede Rudy sollevare la gamba e fa per parare, per quanto possibile, il calcio, ma proprio in quel momento sente la porta spalancarsi.
Entrambi si voltano verso il fascio di luce che ha illuminato l’oscurità della stanza.

“Che succede qui?”, chiede una voce autoritaria e ferma. È Sam, all’anagrafe Samuele. È lui il protettore che gestisce i ragazzi, mentre Rodolfo è solo il braccio destro, l'uomo di fatica.

“Questo qui sta sempre qua dentro. Come fa a trovare i clienti se non va mai in strada?”, spiega Rudy.
“Ho un cliente all'una e avevo freddo…”

“Tu zitto.”, Sam liquida Eddie, come se il dono della parola fosse troppo per un animale come lui.
“Rudy, piantala di urlare, attiri l’attenzione. E lui attira l’attenzione pure gonfiato di botte, quindi finiscila”. La voce di Sam è sempre calma e minacciosa. Pur non riuscendo a vederlo Eddie se lo può immaginare, fermo immobile con le sopracciglia aggrottate e con le braccia mai rilassate lungo i fianchi, le spalle larghe e la mole imponente.

Rudy si ferma e, dopo qualche secondo di riflessione, si rilassa. Eddie sente i passi di Sam avvicinarsi.

“Con questo ci devo fare un discorso. Tu vai a vedere che stanno combinando quegli altri"

Eddie si sente sollevare per il collo come un gatto e annaspa per cercare di tirarsi in piedi. Quando alla fine riesce a posare i piedi per terra, Rudy è sparito. Quasi quasi avrebbe preferito che rimanesse. Sam è peggio di lui, perché a lui i ragazzi piacciono e se vuole punire fa altro oltre che picchiare, sebbene ormai Eddie sia un po’ fuori dalle sue mire

“Che succede?", chiede Eddie in un sussurro.
Sam non molla la presa e lo scuote con violenza. “Tu mi hai rotto il cazzo. Oggi non vuoi tornare per strada, il mese scorso ti sei messo a difendere il ragazzino. Non puoi fare quello che cazzo ti pare, hai capito? Hai capito?”
“S … sì” risponde Eddie, tremolante. Sam inchioda i suoi occhi a quelli del ragazzo che non osa distogliere lo sguardo, come se perdere la concentrazione potesse costargli la vita.

“E inoltre mi sono arrivate strane voci su te e il ragazzino. Bada che lui è merce preziosa, se te lo sbatti un'altra volta io ti ammazzo, è chiaro?”
Eddie quasi fatica a capire il significato di quelle parole, ma quando alla fine comprende non può far a meno di provare a protestare.

“Ma io …”
“Devi stare zitto!”, ruggisce Sam, sbattendolo contro il muro. “Dì solo sì o no".
“Sì”, urla Eddie, tramortito dalla botta.
“Benissimo, e adesso torna là fuori e guadagnati da mangiare, non te lo do gratis. E pulisci il naso", dice porgendogli un fazzoletto. Poi lo lascia andare, ma prima di dileguarsi di nuovo nel fondo del capanno aspetta di vederlo uscire.

Eddie adesso trova l’aria gelida della notte quasi ristorante. Quando si chiude la porta alle spalle si sente più al sicuro, lontano dagli occhi di Sam.
Cerca di pulirsi tutto il sangue che gli è uscito dal naso, poi si risistema i vestiti e si dirige verso la sua sedia. Vede la macchina di Luca già ferma lì davanti, il motore spento ad aspettarlo. Accelera il passo.

Luca gli apre la portiera e così lui può fiondarsi dentro l'abitacolo al riparo dal vento. Si siede sul sedile e si volta verso Luca. L'uomo accoglie il suo amante con un sorriso che però si spegne subito sulle sue labbra, tanto che non lo saluta nemmeno.

“Che ti è successo?”, la preoccupazione fa aggrottare le ciglia di Luca.
“Nulla”, nega d’istinto Eddie ma il tremore della voce tradisce l’agitazione.

“Ma dai!”, si sporge in avanti e accarezza la gota di Eddie nel punto in cui, intuisce il ragazzo da una fitta di dolore, ci deve essere un livido. “Che ti è successo alla faccia? È come se qualcuno …” Luca lascia in sospeso la frase. Guardando Eddie negli occhi gli sembra di intuire la verità. “Qualcuno ti ha picchiato?”.

La domanda rimane sospesa nell’abitacolo per un secondo di troppo prima che Eddie si affretti a negare. “No. Avanti, chi avrebbe dovuto picchiarmi? Sono inciampato prima e sono caduto a terra come un idiota. Inoltre", aggiunge Eddie, comprendendo di colpo che deve essere sporco del sangue secco il cui odore gli invade ancora le narici, “mi è uscito il sangue dal naso. Mi succede sempre”.

Eddie non è sicuro che Luca se la sia bevuta. L'uomo lo guarda di traverso, indeciso se insistere o lasciar correre: quel ragazzo non gliela racconta giusta.

“Eddie”, prova ad andarci piano. “Se c’è un qualsiasi problema tu … puoi dirmelo. Se sei in difficoltà, se qualcuno… qualcosa ti minaccia o ti spaventa io… non lo so, ma se posso aiutarti faccio tutto quello che posso".

Eddie esita. Può farlo? Può davvero raccontare tutto a Luca?
È successo sul serio. Gliel'ha chiesto, si è preoccupato di lui. Forse sta cominciando a capire. Eddie lo sapeva che Luca non poteva sospettare chi sia Sam in realtà,  lo sapeva che non poteva essere complice.
Forse può succedere davvero, forse se gli dicesse tutto Luca potrebbe aiutarlo. Andrebbero a dire tutto alla polizia e farebbero arrestare tutti quei bastardi. Sarebbero liberi di andarsene dove vogliono, insieme, e anche Giacomo sarebbe liberato …

Giacomo. Il solo pensiero gela l'entusiasmo di Eddie. Non può metterlo in pericolo. Adesso Sam si è anche convinto che sia il suo amante, incapace di pensare che nei confronti di un ragazzino si può nutrire affetto incondizionato senza abusare del suo corpo o pretendere favori sessuali. Se Eddie scappasse ci andrebbe di mezzo Jacky. Non può rischiare.

Luca ha detto che farebbe tutto quello che può, ma Eddie sa che non ha disponibilità economiche, potere, autorità, conoscenze importanti. È un uomo normale, non abbiente. Non può fare nulla.

Si costringe a ridere. “Davvero, è tutto ok. Non c’è nessun problema".

Storia di un amore squallidoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora