Roma, Giovedì 24 Febbraio 2000
Eddie per un attimo non riesce a ricordare come sia finito lì, percepisce solo la terra ghiacciata e bitorzoluta sotto i palmi delle mani. Rannicchiato su se stesso, in posizione fetale, guarda la piccola porzione di suolo che da dove si trova gli è permesso vedere. La sua attenzione viene catturata da un pezzo di plastica di colore indefinito, gettato lì da chissà chi. Si ritrova a fissarlo come ipnotizzato per quelle che sembrano delle ore. L'unica cosa che sembra conoscere al mondo è quel pezzo di plastica, insensato e fuori luogo come lui in quel posto.
Poi una gocciolone di pioggia solitario si va a schiantare proprio su quel rifiuto. D'istinto Eddie contrae i muscoli del corpo, accoccolandosi sempre di più, cercando di raccogliere il calore per sopportare il temporale in arrivo. Ma di lì non si sposta.
Quando una raffica di vento gli colpisce il viso, si accorge di avere il volto bagnato. Non sta piovendo, nessuna goccia di pioggia. Eddie sta piangendo.
Piano piano i ricordi iniziano a riaffiorare.
Si trova sul ciglio della strada. Non può essere a più di un chilometro dal capannone, ma è abbastanza lontano da non riuscire a distinguere nessun volto amico, in quella direzione.
Vorrebbe almeno trovarsi accanto al suo fuoco, con la sua sedia. È una notte gelida.Poi ricorda di essere caduto, anzi, di essere stato lanciato. Forse, pensa sollevando le mani da terra e voltandole per guardare i palmi, è così che si è ricoperto di graffi e abrasioni.
Eppure gli sembra che tutto il suo corpo, non solo le mani, sia indolenzito. In particolare, solo ora se ne accorge, il dolore in mezzo alle gambe cresce ogni minuto di intensità...Sente altre lacrime scendere lungo le sue guance. Adesso ricorda. È successo di nuovo. Erano in due, evidentemente non avevano soldi per pagarlo e si erano fatti prendere dalla foga del momento. Se chiudesse gli occhi vedrebbe i loro sorrisi cattivi, i loro sguardi eccitati. Brutti bastardi.
Eddie sa che deve tirarsi in piedi e raggiungere il capannone al più presto. Qualcuno lo aiuterà, laggiù. Ma le forze gli vengono meno. Prova a tirarsi in piedi, ma riesce solo a rovesciarsi su un lato. Gli gira la testa. Respira profondamente.
Deve andare adesso. È pericoloso stare lì da solo, non vuole altre disavventure, per quella notte. E poi Sam lo ucciderà se perde ancora tempo sul lavoro. Riprova a tirarsi in piedi, e stavolta ci riesce, ma le gambe gli tremano. Si avvia con lentezza verso la luce lontana dei fuochi.
Che ore sono? È giovedì notte, Luca deve già essere arrivato da un po'Quando è salito sulla macchina di quei due era mezzanotte e mezza. Quanto tempo è passato? L'uomo potrebbe anche essere andato via, magari aver deciso di tornare il giorno dopo. Quella notte non sarà felice come le altre passate insieme, eppure Eddie avrebbe tanto bisogno del suo amante.
Adesso riesce a intuire in lontananza la sagoma di Said che si avvicina al bidone di latta per riscaldarsi. Prova a chiamarlo, ma la voce non ne vuole sapere di uscire dalla gola.
Da dietro un grosso arbusto al lato della strada sbucano i fari di una macchina che lo accecano. Il ragazzo si sente in salvo, come se quelle luci delimitassero sull'asfalto una zona sicura nel buio della notte.
L'auto si ferma. La portiera si spalanca e Luca ne esce di corsa con un'espressione terrorizzata sul bel volto scuro.
"Eddie, che hai fatto? Stai male? Che è successo?"
Edoardo copre con le sue ultime forze la distanza che li separa, poi si butta di peso fra le sue braccia, lasciandosi cadere.
"Amore mio, che hai?" Quelle parole rimangono sospese nell'aria per qualche secondo, ma Eddie è troppo confuso per rispondere.
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Storia di un amore squallido
Roman d'amourContenuti violenti e sessualmente espliciti Roma, 1999 Luca è un uomo triste. Fa l'operaio e vive in un monolocale in periferia da solo, determinato a nascondere a tutti la propria omosessualità, spaventato dai pregiudizi delle persone. La sua unic...