MI svegliano gli accordi di una chitarra e la voce di Colton. Ovattati, giungono da lontano.
Deve essere sul tetto.
Mi stropiccio gli occhi e scosto i riccioli arruffati dal viso, metto i piedi fuori dal letto – il nostro letto? – e infilo una maglietta pulita che trovo in una cesta della biancheria.
Fuori è ancora buio, ma mentre salgo le scale scricchiolanti, con la chitarra in mano, vedo squarci di grigio fare capolino tra i grattacieli. Mancano un paio d'ore all'alba, a occhio e croce.
Lui è sulla sua poltrona azzurra e indossa un paio di pantaloni della tuta e una felpa della Champion che ha visto giorni migliori, il cappuccio sugli occhi, un ciuffo di capelli neri sulla fronte.
Ha le gambe appoggiate al cornicione e i piedi nudi.
Tiene gli occhi chiusi, la chitarra in grembo e strimpella assorto una melodia lenta e dolce che mi fa venire in mente City and Colour. Canta piano, i lineamenti che si contraggono e la fronte che si increspa quando sale di tono, mentre sul suo viso traspare tutta l'intensità dei sentimenti che sta provando. A portata di mano, sul pavimento, c'è una tazza di caffè bollente e un thermos enorme. Mi siedo sul cornicione e lo guardo, lo ascolto. Non riesco a seguire le parole, perché canta sottovoce, a se stesso. Ogni tanto si ferma, ripete un paio di accordi e ritocca la melodia o il fraseggio. Sta componendo un pezzo.
La canzone finisce, lui allunga una mano verso la tazza di caffè e si accorge della mia presenza. «Oh, ciao. Spero di non averti svegliato.»
Vado a sedermi sul divanetto arancione. «Lo hai fatto, ma non importa.
Mi piace svegliarmi al suono della tua voce.» Gesù, come sono sdolcinata, ma chi se ne frega, specialmente quando vedo quella luce nel suo sguardo. «Cosa fai in piedi così presto?» gli chiedo.
Lui mi passa la tazza e ne bevo un sorso.
«Mi sono svegliato con un brano in testa. Dovevo buttarlo giù subito, lavorarci sopra, non so se mi capisci», mi risponde.
«Da quello che ho sentito, è bellissima.»
«Non è ancora finita, ma ti ringrazio.»
«Di cosa parla?»
Pizzica le corde della chitarra con il pollice. «Di te. Di noi. Me l'ha
ispirata qualcosa che ti ho detto stanotte.»
«Ti va di suonarla per me?»
Lui sorride e scuote il capo. «Niente da fare. Devo ancora finirla.
Te la suono giovedì sera, al locale.»
Fingo di rimanerci male e Colton scoppia a ridere. Beviamo il
caffè e guardiamo il sole che sorge tra i palazzi, esercitandoci con i pezzi del nostro repertorio.
Sono felice e mi rifiuto di rovinare tutto, non voglio che il senso di colpa e la nostalgia che ancora provo per Kyle gettino la loro ombra su questo momento perfetto.
Mi rendo conto che sentirò sempre la sua mancanza e che una parte di me si sentirà sempre in colpa per essere viva mentre lui non lo è: una cosa con cui dovrò convivere in eterno.
È giovedì e ho i nervi a fior di pelle. Questa settimana eseguirò tre canzoni da sola e Colton presenterà al pubblico il suo nuovo pezzo. Suoniamo le nostre cover dei Mumford & Sons, dei Civil Wars e di Rosi Golan. Io eseguo Let It Be Me di Ray LaMontagne, e i brani di Ella Fitzgerald e Billie Holiday, che riscuotono sempre un grande successo.
Poi, subito dopo la pausa, Colton si schiarisce la voce nel microfono e accorda la chitarra. È il suo modo di attirare l'attenzione del pubblico.
«Allora, ho scritto una nuova canzone» esordisce. «Originale al cento per cento. A qualcuno va di ascoltarlo?»
Grido «sì!» nel microfono, dopodiché applaudo insieme a tutti gli altri. Colton mi sorride, perché sa che sto morendo di curiosità. Sono giorni che lo assillo, da quando l'ho sentito quella mattina sul tetto.
«Allora credo proprio che vi accontenterò.» Fa un respiro profondo. «Bene. Si intitola Sei sempre stata mia e parla di Nell. È una specie di canzone d'amore, ma non ditelo in giro. Ho una reputazione da difendere, in fondo.» La gente ride ed esulta, in segno di incoraggiamento.
Attacca con la chitarra, eseguendo un arrangiamento complicato di note e accordi. Adesso la melodia è più articolata, ma riconosco il tema che c'è alla base, perché è lo stesso che ho sentito sul tetto. Poi comincia a cantare e mi guarda, e so che lo sta facendo per me, solo per me. Potremmo essere di fronte a centinaia di persone, ma saremmo ugualmente soli.
È tutta la vita
Che cado
Sbaglio,
Mi agito,
Cerco di restare a galla. Poi un giorno
Ti ho visto
Sotto i rami di un albero, Che ti ostinavi
A non piangere.
Ma anche allora
C'era il dolore nei tuoi occhi, E avrei voluto,
Farlo sparire
Sotto i rami di quell'albero. Ma non sapevo cosa dire Per guarirti.
Non sapevo cosa dire
Per guarirmi.

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Sei sempre stata mia
Chick-LitNell ha sedici anni e fin da piccola è crescita con Kyle il suo miglior amico oltre che futuro ragazzo. Il loro amore è invincibile e sembra che sia pieno di speranze e promesse. Poi un giorno Kyle muore in un tragico incidente. Ora che Kyle non c'è...