Capitolo 20

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Una settimana dopo
Sono seduto su uno sgabello in un minuscolo bar del centro e suono la chitarra, canto un pezzo che ho scritto io.
Non ascolta nessuno, ma chissenefrega.
Mi basta farlo per amore della musica, per ascoltare le note che escono e colpiscono cuori e menti.
Mi correggo: una persona c'è: la barista, una ragazza che conosco da molto tempo e con cui sono uscito un paio di volte, mesi fa.
Ma non c'era feeling e la nostra storia si è trasformata in una specie di strana amicizia, in cui suono per lei il giovedì sera in cambio di un centinaio di dollari, un paio di drink e un po' di innocuo corteggiamento.
Kelly, si chiama.
Bella, brava a letto, simpatica, per non parlare del suo Whisky&Cola.
Ma non è scattata la scintilla, tra le lenzuola.
Non abbiamo mai capito perché, se non che... che non eravamo compatibili. Però stiamo bene insieme e ci facciamo delle grandi risate.
Quindi Kelly mi sta ascoltando e io suono per lei.
A dire il vero il brano è proprio su di lei, su di una ragazza con lunghi capelli neri e vivaci occhi castani e una pelle color cannella e un sorriso dolce e un corpo da urlo che sarà sempre e soltanto un'amica.
È una canzone strana, che parla di solitudine e tristezza, ma venata di ironia.
Poi entra lei.
Sbaglio accordo e Kelly mi guarda preoccupata dal bancone del bar. Segue il mio sguardo e sul suo viso si dipinge un'espressione di stupore e malizia.
Nell non è sola; con lei ci sono quattro ragazze identiche fatte con lo stampino, tutte con gli stessi capelli biondi raccolti in una coda di cavallo con quella stupida cotonatura, l'abbigliamento da yoga e la borsetta griffata.
Ognuna tiene un ragazzo a braccetto e anche loro sono identici, gorilla palestrati con tatuaggi tribali, sguardo ottuso e aria spavalda.
I gorilla hanno un'aria possessiva e le ragazze sembrano gradire.
Anche Nell ha un accompagnatore e la cosa mi manda in bestia.
È un armadio.
Insomma, anch'io mi difendo, ma questo è mastodontico.
E l'espressione non è affatto ottusa.
È vigile e carico di aggressività latente.
È insieme alla ragazza più sexy del bar e lo sa e non vede l'ora che qualcuno ci provi, per ridurlo in mille pezzi.
Le tiene una mano sul fianco, anzi, sul culo, mentre la accompagna al bar.
Vengo travolto da un'ondata di rabbia.
Poi è la gelosia ad accecarmi.
Che stupido.
Non va bene.
Mi sbatteranno in galera.
Arranco, ma riesco a finire la canzone.
Kelly mi manda una cameriera con un bicchiere di Jameson.
Lo mando giù, ringrazio Kelly con un cenno del capo.
Lei alza il pollice, come per chiedermi di fare il bravo.
Annuisco, ma le sto mentendo.
Non ho intenzione di fare il bravo. Sono molto, molto cattivo.
Stasera voleranno pugni e calci.
Mi farò male, e Nell si incazzerà a morte e anche Kelly.
Farei meglio ad andarmene.
A Nell non devo nulla.
Non è mia.
Non posso reclamare pretese su di lei. Certo, non mi ha mai parlato di un fidanzato, ma d'altra parte, non è che abbiamo parlato granché e io non ho fatto domande.
Non mi è nemmeno passato per la testa.
Attacco con Come On Get Higher di Matt Nathanson, perché riesco a suonarla senza pensare.
Guardo, aspetto.
Tra un secondo riconoscerà la mia voce e allora ci sarà da divertirsi.
Lui la spinge impaziente verso il bancone e lei oppone resistenza, si divincola, si gira verso di lui e gli dice qualcosa, bruscamente.
Non riesco a leggerle le labbra, ma posso immaginare.
Si allontana, ma lui la segue e le stringe la vita in una morsa, la attira a sé e si china per mormorarle qualcosa all'orecchio.
Qualunque cosa sia, lei si irrigidisce, poi si arrende.
Resta al suo fianco.
Sul suo viso è dipinta una sofferenza antica.
Non è la prima volta.
E la cosa non fa che fomentare la mia rabbia.
Finisco il pezzo, poi decido di alzare la posta.
Mi schiarisco la voce al microfono e introduco il prossimo brano.
Di solito mi limito a suonare senza troppe storie, specialmente quando mi accorgo che non mi ascolta nessuno, ma questa è una situazione particolare. «Ciao a tutti. Spero che vi stiate divertendo. Io di sicuro. Mi chiamo Colt e ora eseguirò una serie di cover e alcuni brani originali.»
Lei ruota la testa verso di me, come tirata da un cavo.
Sgrana gli occhi e ha un sussulto. «A proposito, questa canzone era di Matt Nathanson. Se non lo conoscete, vi consiglio di dare un'occhiata alla sua musica. È un grande. Anche il prossimo brano è una cover. È di Jason Mraz e si intitola I Won't Give Up.»
La tonalità è un po' troppo alta, per il mio timbro, ma funziona. Non le stacco gli occhi di dosso e adesso che finalmente ho un vero motivo per cantare, la gente comincia ad ascoltarmi.
Nell sembra paralizzata.
Ha sempre lo scimmione alle costole, ma scalpita.
Si divincola, ma lui non cede.
Alla fine gli pianta una gomitata e lui la molla, scuro in viso.
Nell scompare in bagno; quando esce, si sta asciugando le labbra con il dorso della mano e so benissimo cos'è andata a fare, là dentro. Continuo a cantare, senza smettere di fissarla. Poi sono costretto a fare una pausa, quindi ringrazio e scendo dal palco. Per tutto questo tempo ha cercato di ignorarmi, buttando giù bicchierini di Jack Daniel's alternati a sorsi di birra. Poi i suoi amici la circondano e cantano sguaiatamente «Tanti auguri, cara Nell». Il suo ciclopico fidanzato la attira a sé e la bacia e lei subisce inerte, le mani lungo i fianchi, senza ricambiarlo.
La vedo pulirsi la bocca disgustata e soffocare un brivido.
Il ciclope non se ne accorge, troppo impegnato a lumare la cameriera, che a sua volta si china maliziosa offrendo al suo sguardo il davanzale.
Questo scambio mi confonde, specialmente quando lo vedo palpeggiare senza ritegno il culo della ragazza, mentre con una mano stringe la vita di Nell. E sono ancora più confuso quando Nell si volta e osserva la scena, sul viso una smorfia divertita e disgustata al tempo stesso.
Lei distoglie lo sguardo scuotendo la testa ma non lo allontana.
Mi lancia un'occhiata e io inarco un sopracciglio.
Mi sembra di scorgere un'espressione colpevole, ma solo per una frazione di secondo.
Faccio segno a Kelly di versarci due dosi generose di Jameson, una per me e una per Nell.
Quando lei ha il bicchiere in mano, porto il mio alle labbra e bevo.
Lei mi imita.
Ciclope vede la scena e si incupisce. Serra le dita intorno al braccio della sua donna e lei fa un'aria sofferente.
'Fanculo.
Appoggio il bicchiere e mi faccio largo tra la folla.
Nell mi sta osservando, scuote la testa, implorante.
Ignoro i suoi avvertimenti.
Ciclope mi vede arrivare e gonfia il petto, sfoderando un sorriso smagliante.
Flette i muscoli e fa un passo avanti.
«Colt!» grida Kelly dal bar. «Non provarci. Non nel mio locale, cazzo.»
Mi volto verso Kelly e mi accorgo che è furibonda.
Kelly mi conosce, conosce la gentaglia che frequentavo un tempo.
Sa di cosa sono capace e non vuole averci niente a che fare.
Non la biasimo.
Allunga una mano sotto il bancone e solleva un manganello pieghevole, aprendolo con un movimento rapido del polso.
Lo punta verso Ciclope e i suoi amici.
«Fuori di qui. Tutti. Subito.»
Prende anche il cellulare dalla borsa e compone un numero, poi mostra loro lo schermo. «Prima vi sistemo per bene, poi chiamo la polizia e vi faccio arrestare, perché si dà il caso che abbia parecchi amici, tra gli sbirri. Quindi portate le vostre teste di cazzo fuori di qui.»
È una dura, Kelly. Conosce la gentaglia che frequentavo,
perché la frequentava pure lei.
Anche se non lo dice, la bandana rossa che tiene raccolte le sue treccine non è solo un vezzo.
Quel colore ha un significato preciso. Significa che con una semplice telefonata può far sparire Ciclope e i suoi amici nel nulla.
Per sempre.
Nell mi lancia un'ultima occhiata ed esce, gettando una banconota sul bancone. Le sue amiche insulse e quegli stronzi dei ragazzi la seguono, ma Ciclope si ferma sull'ingresso e mi incenerisce con lo sguardo.
Ricambio, finché non si volta e se ne va.
Torno sul palco e accordo la chitarra.
Kelly viene da me e mi affronta. «Cosa accidenti ti è preso, Colt?» «La conosco.»
«Stavi per fare a botte.»

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