Infiliamo le nostre cose dentro un borsone di Kyle.
Era una bella sensazione mettere tutto in un unica valigia,le mie cose mescolare alle sue: mi facevano sentire matura e adulta.
A un certo punto lo vidi prendere qualcosa da un cassetto e riporlo nella tasca dei jeans. Era un oggetto piccolo e non distinti la forma.
Gli lanciai un occhiata interrogativa,ma lui si limitò ad alzare le spalle e a sorridermi. Lasciai perdere. Kyle non mi aveva mai mentito, né nascosto nulla,quindi non mi preoccupai.
Salimmo in auto e mentre Kyle guidava iniziai a svuotare il portafoglio da cartacce. Buttai via vecchi scontrini,biglietti di concerti e film, cinque o sei buoni scaduti di Sturbucks e McDonald's. Trovai le alterazioni che Kyle mi aveva scritto più di un anno e mezzo prima. La lessi e sorrisi,al ricordo. Sembrava passato così tanto tempo. Mi tornò in mente la ragazzina che eri,piena di aspettative. Da allora Kyle e io avevamo imparato a conoscerci,varcando la soglia di un giardino incantato e meraviglioso di delizie. Aveva imparato a portarmi al culmine del piacere e a spingermi oltre. Io avevo imparato la gioia rassicurante del suo abbraccio,dopo aver fatto l'amore ,e l'euforia sonnolenta dell sesso in un pomeriggio estivo, sdraiati su una coperta da picnic,in cima alla nostra collina.
Kyle mi lanciò un occhiata e,quando vide il foglio che tenevo tra le mani,mi chiese: <<Quand'è che ti decidi a sbarazzarti di quella roba? Se ricordo bene è da diabete >>.
Strinsi il foglio al petto fissandolo inorridita. <<Non me ne sbarazzerò mai,bruto insensibile. Lo adoro. È tenero e romantico e mi fa sorridere.>>
Lui si limitò a scuotere la testa e mi sorrise,poi alzò il volume di I and Love and Young degli Scettici Brothers e ci tenemmo per mano,ascoltando la canzone che aveva fatto da colonna sonora a tanti pomeriggi insieme.
Ci guardammo, poi tornammo ciascuno si rispettivi pensieri,ai ricordi dei baci e delle carezze che ci eravamo scambiati su quelle note.
Il cottage era a diverse ore di viaggio e come al solito mi addormentai,per svegliarmi solo quando Kyle mi sfiorò con un bacio,e mormorò con dolcezza <<Siamo arrivati>>.
Era appoggiato alla mia portiera e mi stava accarezzando una guancia con le dita. Mi storia pigramente e protesi le braccia verso di lui.<<Ho troppo sonno per camminare,prendimi in braccio.>>
Kyle mi tempesto il collo di baci,rendendomi euforica;poi mi sollevò come una piuma e mi portò fino alla veranda, <<Le chiavi sono nella mia tasca>>.
Frugai dentro,tirai fuori un mazzetto e glielo mostrai e Kyle mi indicò quella giusta, Aprii velocemente la porta. A parte le labbra tese per lo sforzo,sembrava sorreggermi senza alcuna fatica. Varcammo la soglia ed entrammo in soggiorno,poi ci fermammo davanti alle scale che conducevano al primo piano.
<<Tieniti forte tesoro>>, mi disse <<Adesso si sale>>.
Io mi divincolai,<<Sei matto, non puoi portarmi di sopra!>>
Mi lasciò andare,ma non appena posso o piedi per terra,premette il suo corpo contro il mio,facendomi vacillare. Caddi a sedere e lo attirai a me,baciandolo con foga.Un istante dopo mi aveva di nuovo preso in braccio e proseguiva verso la camera padronale. Aveva il respiro affannato, ma raggiunse la stanza e mi depose sul letto. Si sdraiò accanto a me e mi sfilò la maglietta, e all'improvviso le sue mani erano sui miei fianchi, e mi accarezzavano le costole, mi stringevano i seni. Mi inarcai sotto di lui, armeggiando con il bottone dei suoi jeans.
Mettemmo a dura prova la resistenza di quel letto.
Mentre eravamo sdraiati, piacevolmente intontiti, Kyle mi guardò con aria seria, disegnando arabeschi sui miei seni con la punta delle dita. «Hai deciso in quale college vuoi andare?»
Ne parlavamo da un po' di tempo, ormai. Avevamo fatto l'esame di ammissione all'università e presentato domanda in una decina di college. Ci eravamo confrontati sulle nostre preferenze, sui nostri progetti. Ma non avevamo mai preso in considerazione l'ipotesi di separarci. Nelle nostre conversazioni, avevamo sempre dato per scontato che avremmo scelto lo stesso posto, di comune accordo.
«Pensavo a Syracuse. O forse al Boston College. Qualcosa sulla East Coast. Vorrei studiare economia e commercio», risposi un tantino innervosita.
Restò in silenzio per un po', e immaginai che la mia risposta non gli fosse piaciuta. «Mi hanno preso a Stanford. Mi hanno offerto una borsa di studio molto generosa.»
«Per giocare a football?»
«Sì.»
Che domanda stupida. Aveva dei buoni voti, ma non così tanto da
ottenere una borsa di studio per i suoi meriti scolastici. Lo avevano contattato diverse università, negli ultimi mesi. Però nutriva aspettative più alte, ora che il nostro ultimo anno volgeva al termine.
«Stanford è in California.» Nella mia voce non c'era più alcuna traccia di entusiasmo.
«E Syracuse è a New York.» Smise di accarezzarmi. «In realtà ho ricevuto un'offerta anche dalla Penn State.»
«Credo che la questione sia se vogliamo prendere questa decisione insieme. Cioè... cosa succede se decidi che Stanford è il posto migliore per te, e io voglio davvero andare a Syracuse?»«Non lo so», ribatté Kyle con un sospiro. «Me lo chiedo anch'io. L'offerta della Stanford è davvero allettante. Quella della Penn State è buona, ma Stanford... è Stanford.» Si strinse nelle spalle, come per dire che non c'era confronto.
Trascorremmo alcuni minuti in silenzio. Non sapevo che cosa dire, come superare quel momento. Alla fine mi alzai. «Non voglio più parlarne. Ho fame.»
Kyle tirò un sospiro di sollievo, come se si fosse appena liberato di un peso. Accendemmo la griglia e preparammo un meraviglioso pranzetto a base di hamburger e pannocchie. In dispensa trovammo una confezione di Budweiser e sorseggiammo un paio di birre. Non eravamo particolarmente festaioli. Quando andavamo dai nostri amici ci piaceva bere qualche drink, ma non eravamo tipi da ubriacarci. Mi era successo soltanto una volta, l'estate precedente. Avevamo convinto Maria, la cugina di Becca, a comprarci una bottiglia di Jack Daniel's e ce l'eravamo scolata sul pontile, mentre i nostri genitori erano a uno dei loro appuntamenti mondani.
Era stato divertente, finché non mi ero sentita male. Avevo vomitato ed ero svenuta. Kyle mi aveva portato a letto e mi aveva tenuto d'occhio, perché non stessi anche peggio. Decisi che sbronzarmi non faceva per me. I miei amici vivevano in funzione dei festini del fine settimana, per ubriacarsi e fare baldoria. Io avevo Kyle, e mi bastava.
Dopo mangiato, accendemmo il fuoco in riva al lago e facemmo il bagno nudi, ridendo e inseguendoci nella baia. In mezzo al lago c'era un'isoletta, una minuscola protuberanza di terreno cosparsa di pini e cespugli e con un'altrettanto minuscola spiaggia. Kyle e io la raggiungevamo a nuoto fin da bambini. Questa volta facemmo anche l'amore sulla sabbia, accarezzati dall'aria calda di fine estate, guardando le stelle baluginare e chiacchierando del più e del meno.
Parlavamo di tutto, ma evitavamo con cura il difficile argomento del nostro futuro e del college. Sentivo un peso sul cuore, perché sapevo che la decisione sarebbe stata spiacevole. Kyle voleva andare a Stanford. Lo leggevo nei suoi occhi, lo avvertivo nel tono fermo della sua voce. Io volevo studiare sulla East Coast, vicino al centro finanziario del Paese: New York. Studiare economia ecommercio e fare un tirocinio a New York, in qualche azienda di successo, per poi trovare un posto da mio padre, ma senza favoritismi.
Papà mi avrebbe voluto al suo fianco subito dopo la laurea, ma io ero determinata a farcela da sola. Kyle aveva un problema simile con i suoi. Il padre aveva pianificato uno stage a Washington, per poi trovargli un lavoretto comodo e ben remunerato nel mondo della politica. Kyle invece voleva fare carriera in ambito sportivo. Entrare nella squadra di football dell'università, sfondare a livello agonistico, e, se non ci fosse riuscito, diventare allenatore. Era un tasto dolente, ma lui la pensava come me: doveva cavarsela da solo.
Non ero entusiasta all'idea di chiedergli di scegliere tra il suo futuro e me. Potevo laurearmi in un sacco di altri posti e sapevo che con l'aiuto del signor Calloway o di mio padre potevo entrare in qualsiasi college.
Amavo Kyle al punto che ero pronta a cambiare i miei programmi. Lui era deciso ad accettare la proposta migliore. Ne aveva diverse, quindi non ero preoccupata.
Restai seduta accanto al falò, avvolta in un asciugamano, osservando Kyle che suonava pigramente la chitarra, con lo sguardo perso in lontananza. Dovevo fare una scelta. Seguire il mio cuore? O pensare al mio futuro?
Non lo sapevo ancora, ma ben presto non ci sarebbe stato più bisogno di scegliere.

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Sei sempre stata mia
Chick-LitNell ha sedici anni e fin da piccola è crescita con Kyle il suo miglior amico oltre che futuro ragazzo. Il loro amore è invincibile e sembra che sia pieno di speranze e promesse. Poi un giorno Kyle muore in un tragico incidente. Ora che Kyle non c'è...