Alvise

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Sono passati nove mesi.

Da quel giorno, da quando mi sono risvegliato in quel letto asettico, non ho più voluto rimettere piede nella nostra scuola. Ritornare in quella classe, ritrovare gli sguardi dei nostri compagni magari pieni di pessima pietà, mi hanno fatto desistere dal finire quello che doveva essere l'ultimo anno.

Dovevamo diplomarci quest'estate, fare il nostro viaggio di maturandi assieme e nelle nostre menti avevamo già organizzato tutto fin nei minimi dettagli, ci saremmo divertiti e avremmo lasciato spazio a ogni piccola scintilla che avrebbe voluto brillare nelle nostre notti buie. Avremmo abbandonato tutto quello che riguardava il liceo alle nostre spalle e iniziato una nuova avventura all'università.

Invece niente di tutto quello che avevamo previsto verrà mai realizzato.

Tu sei morto e io ora mi ritrovo qui ad affrontare un altro anno scolastico con tutta la merda che si porterà dietro, da solo.

Quando ho aperto gli occhi in ospedale sapevo già che non eri più con me, ma ho sperato fino alla fine di sbagliarmi e che l'alito che sentivo sul mio collo mentre ero in coma, non fosse in realtà il tuo che mi teneva al sicuro.

Mi hai lasciato, te ne sei andato e io non so più cosa fare.

Ho passato momenti d'inferno.

Ho trascorso la maggior parte delle mie giornate disteso sul letto a cercare anche solo un motivo per rialzarmi e ricominciare ad affrontare ogni singola giornata che mi si parava davanti, ma la verità è che continuavo a ripetermi che niente ha più senso perché semplicemente non voglio stare qua senza di te. Da quando non ci sei più, io non sono più io e tutto quello che mi circonda è diventato talmente grande da riuscire a farmi sentire solo.

Ti ho pensato ogni singolo giorno e spesso mi sono ritrovato a immaginare quello che potresti pensare di me vedendomi così. Lo so che la mia nuova versione non ti piacerebbe per niente. È come se dal coma si fosse svegliato solo metà cervello, quello contenente solo la mia parte negativa mentre la parte dolce, vivace, quella con la voglia di vivere e battagliera fosse rimasta a dormire sotto l'effetto di qualche farmaco.

Perché la verità è che nell'incidente oltre a perdere te, sono riuscito a perdere anche me stesso.

Mia sorella mi sta col fiato sul collo, scruta ogni mio gesto e ogni mia mossa e quelle poche parole che le rivolgo, so per certo che le analizza cento volte per vedere se al loro interno possano nascondersi altri significati e credo abbia paura che voglia raggiungerti. Ma ora che ho ripreso scuola e ho ripreso ad uscire di casa, cercherò di convincerla che tutto va meglio in modo da farle lasciare un po' quella presa cha ha stretto attorno a me.

Non ho più usato la macchina, non ci sono più salito. Non è che non voglia, solo sto aspettando il momento giusto per farlo. Anche se arrivato a questo punto credo d'aver bisogno di un ottimo motivo per farlo. Al momento mi sposto sempre in bicicletta, come facevamo sempre prima che tu prendessi la patente, con l'unica differenza che adesso mi tocca pedalare perché non ho più nessuno su cui potermi aggrappare per fare meno fatica.

Avevamo programmato tutta la nostra vita e diciamoci la verità, io avrei fatto tutto quello che volevi e ti avrei seguito ovunque.

A volte ci penso e me lo chiedo seriamente: perché non seguirti anche ora? Potremmo continuare la nostra vita in paradiso o qualsiasi cosa ci sia dopo la morte. Se credessi nella rincarnazione sarei ancora in tempo per poter rinascere nello stesso tuo anno per poi ritrovarci di nuovo amici nella nuova vita. Perché se ci siamo trovati in questa, nulla ci impedirebbe di farlo ancora una volta.

Mi manchi. Sempre. E ci sono momenti in cui mi manchi così tanto da pensare di non essere in grado di continuare questa vita da solo. Ma non voglio riempire il vuoto che mi hai lasciato. Non voglio trovare qualcuno che prenda il tuo posto.

Non ho nemmeno avuto il tempo di dirti quello che provavo per te, quello che da anni celavo nella mia testa e scoprire alla fine che quel sentimento era reciproco e che quello che sentivo poteva essere ricambiato, era talmente incredibile da non sembrare nemmeno vero.

I nostri occhi, che per molto tempo si erano persi gli uni negli altri, erano diventati all'improvviso sguardi di due ragazzi che iniziavano a conoscere l'amore per la prima volta, senza poterci dare però il tempo necessario a scoprire ogni nostra carta vincente.

Ho passato anni a guardarti e più lo facevo, più imparavo a conoscere l'amore che lentamente sbocciava per te. Piccoli particolari, semplici gesti che racchiudevano al loro interno una tale forza che sarebbe stata in grado di rovinare la nostra amicizia se solo gliene avessi dato l'occasione. Giorno dopo giorno continuavo a ripetermi che fosse tutto una mia stupida illusione dovuta allo stare sempre assieme, cercando di convincermi che quello che sentivo fosse solo una cazzata. Non volevo rischiare di perdere quello che avevamo per una cosa di cui nemmeno io sapevo in che categoria rinchiuderla.

Ma tu quella dannata notte hai voluto cambiare tutto, dando finalmente un senso a quei pensieri che continuavano ad affollare la mia mente.

E solo ora che te ne sei andato mi rendo conto che averti vicino e vederti sorridere ancora una sola fottuta volta, mi sarebbe bastato per tutta la vita, anche a costo di doverti condividere con qualcun altro.

Non so cosa fare, non so se reagire o lasciarmi appassire lentamente ed è per questo che se mi stai ascoltando, se da ovunque sei in questo momento e hai visto la distruzione sia fisica che mentale che mi sono imposto, saprai che se non mi mandi un segno qualunque potrei iniziare a pensare seriamente di raggiungerti, perché qui, per me, non c'è più nulla che mi fa sentire ancora vivo.

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