Alvise

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Ci sono giorni che mi chiedo perché sono ancora qui. Ci sono momenti in cui vorrei esserci stato io. Attimi in cui penso di farla finita. Poi ci sono giorni in cui mi dico che, se sono ancora qui, ci sarà un perché. Momenti in cui vorrei che fossimo sopravvissuti entrambi. Attimi in cui assaporo ancora la mia vita. Oggi sono undici mesi che Luca se n'è andato e io sto ancora considerando che cosa fare della mia esistenza.

Nell'ultimo periodo ho iniziato ad avere molti pensieri contrastanti nella mia testa. Se un momento penso di non meritare di essere ancora qua, subito dopo mi ricredo e ringrazio il mio angelo custode per avermi permesso di riaprire gli occhi.

Ma se da un lato ringrazio, dall'altro maledico. Maledico non so nemmeno io chi per aver permesso che a continuare a vivere fossi solo io e non entrambi.

È come se mi trovassi a muovere i miei passi all'interno di un cerchio nel quale continuo a correre sempre in tondo cercando di raggiungere una meta precisa, ma senza mai raggiungerla veramente. Vorrei tornare a essere felice, ma non riesco a permettermelo veramente. Vorrei ricominciare a sorridere, ma poi penso che non sarebbe giusto. Vorrei riuscire a perdonarmi, ma non è affatto facile. Vorrei aver perso la memoria, ma se l'avessi persa avrei dimenticato anche lui.

Quindi non mi rimane altro che continuare a correre in questo cerchio, aspettando e sperando che prima o poi si trasformi in un quadrato così da permettermi di sbattere la testa e riuscire a prendere una decisione una volta per tutte. Riprendere in mano la mia vita o decidere di finirla qua.

Magari invece potrei decidere di lasciare i fantasmi nel passato e scegliere di vivere il presente da solo.

Ma finché ogni mattina mi sveglierò col pensiero che riesco ancora ad aprire gli occhi al suono della sveglia, che io posso ancora farlo mentre invece tu non la potrai più sentire, ci sarà sempre il rimorso per essermela cavata a tormentarmi.

Oramai dovrei esserci abituato a tutto questo, dovrei aver soppresso le emozioni, ma invece ogni volta reagisco in modo diverso, a volte con le lacrime, altre volte con un sospiro, quelle più belle invece, con un mezzo sorriso. Che poi però provvedo subito a cancellare.

A volte durante la giornata mi capita di notare alcune cose. Dei gesti, una canzone, un'abitudine e tutti gli anni, tutte le esperienze, tutti i giorni passati insieme, mi tornano alla memoria. Alle volte mi portano a incurvare le labbra, altre volte ad abbassarle, altre ancora portano con sé rabbia. Allora prendo un bel respiro, mando giù qualsiasi emozione mi passi per la testa e riprendo da dove mi ero interrotto.

Capita che ci siano momenti più semplici di altri, ma quando arrivano quelli più difficili tendo a nascondermi fino a quando non mi passa.

Quando sono solo, spesso canto.

Ti piaceva un sacco sentire la mia voce, dicevi sempre che ti aiutavo a farti rilassare, che era un rimedio naturale alle tue turbe mentali, ogni volta che cantavo tu chiudevi gli occhi e rimanevi ad ascoltarmi.

Quante ore abbiamo passato distesi su una coperta al parco o in riva al mare con me che cantavo e tu che tenevi una gamba piegata e l'altra sopra accavallata, facendo oscillare il piede a tempo di musica?

Quante richieste mi hai fatto in tutte quelle giornate? Mi facevi cantare di tutto e quando non sapevo le parole o non ricordavo la frase, la inventavamo assieme sul momento.

Quante cazzate abbiamo cantato?

Quante volte con le teste rivolte uno verso l'altro, ci siamo guardati negli occhi e ci siamo sorrisi?

E ogni volta avrei voluto baciarti e dirti che quello che provavo aveva iniziato ad andare oltre la semplice amicizia.

Se solo avessi avuto una briciola di coraggio in più che mi avrebbe permesso di superare la paura di rischiare di perdere il nostro legame, a quest'ora forse chissà dove saremo. Chissà se assieme avremo potuto cambiare questo destino maledetto.

Tutta questione di incastri.

Se avessimo prolungato una frase qualsiasi quella sera o se ci fossimo fermati un minuto in macchina a baciarci prima di correre verso casa, sarebbe stato lo stesso?

Sono questi pensieri a divorarmi da dentro come se avessi il cancro. Lentamente mi sto consumando, ma mentre il cancro consuma il tuo corpo fino a toglierti la vita, il mio male mi sta divorando l'anima rendendola sempre più buia e cupa, lasciandomi con un corpo sano, ma con una mente che non è più in grado di accettare la vita.

A scuola vorrei riuscire a lasciarmi tutto alle spalle, fare finta di nulla. Cammino per gli stessi corridoi dove fino all'altro giorno camminavamo assieme. L'armadietto accanto al mio è stato assegnato a un altro studente, molto probabilmente ignaro che quello era il tuo. Non voglio pensarci. Ma è praticamente impossibile ignorarlo. Alle volte senza rendermene conto mi ritrovo con la mano aperta appoggiata su quella lamiera fredda come se grazie a quel gesto, potessi rievocarti e magari farti apparire al mio fianco per poter ridere come eravamo solito fare.

E quando torno al presente tolgo la mano velocemente come se mi fossi appena scottato.

So che non puoi tornare più indietro da me, ma ci sono attimi in cui ti sento al mio fianco e altri che mi sembra di sentire il tuo profumo, che tra l'altro odiavo perché era troppo forte e pensavo che lo facessi a posta a metterne un quintale soltanto per darmi fastidio.

Entrare nelle aule e seguire le lezioni non è facile, non quando tutto mi ricorda te. Il banco con i nostri nomi incisi, la finestra da cui eravamo soliti guardare fuori assieme durante la lezione, programmando i nostri impegni del pomeriggio. Ascoltare nozioni che tu non potrai mai più imparare e di cui io non potrò mai più darti ripetizioni. Perché quello intelligente tra i due ero io, ma ora tutta quella voglia di sapere è svanita. Non c'è più nulla che riesca ad attirare la mia attenzione e la mia curiosità.

A volte penso che se potessi vorrei poter tornare indietro per riavere tutto quello che avevo prima. Vorrei tornare ad essere normale. Ad avere la mia vecchia vita. La mia mente malata continua a ripropormi in slow-motion quella sera con i nostri gesti e tutte le mie scelte. Ogni singola parola, tutti i tuoi sguardi, ma soprattutto tutti i tuoi sorrisi.

La verità però, è che la catena di eventi che ci ha portato a quella sera, in realtà abbiamo iniziato a intrecciarla fin dal primo giorno che ci siamo conosciuti. Le nostre vite sono sempre state tessute assieme e non serve a nulla ripetermi che se fossi rimasto a casa quella sera, che se avessi avuto il coraggio di dirti di no per una fottutissima volta o se avessimo scelto di andare a casa tua al posto della mia, non sarebbe successo quello che è accaduto.

Rimanere non è affatto facile, le difficoltà da affrontare sono molte. Non ho più nessuno con cui poter condividere i miei pensieri. Mia mamma da quando è successo è sempre a lavoro all'ospedale, come se salvare più vite ogni dannato giorno potesse riparare al mio danno. Non ha smesso di volermi bene, sia chiaro, penso solo che anche lei stia combattendo una sua battaglia personale. In fin dei conti era come se fossi stato suo figlio anche tu. Mia sorella invece si è da poco trasferita per vivere da sola.

Dentro di me il cuore batte all'impazzata come se volesse uscire e sto cercando in tutti i modi di non ascoltarlo, ma non è facile.

È come se il mio cervello fosse diviso in due parti. Una parte che vuole nascondersi, che vuole tornare indietro e fare cambio di posto. L'altra parte invece, che vorrebbe venire allo scoperto, vorrebbe essere felice, vorrebbe ricominciare a provare emozioni. Vorrebbe ricominciare a vivere.

Una sola testa ma due pensieri contrastanti. E io non so cosa fare. Non so che decisione prendere.

Chiudo gli occhi e vado alla ricerca dentro di me di quella manciata di coraggio che mi resta. Andare avanti. Ancora per un po' mi ripeto. Anche se da solo. Perché in verità, se devo essere sincero, io la mia vita vorrei ancora poterla vivere, solo che sono pieno di paura.

L'incrocio dei nostri passiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora