Alessio

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Vedere Alvise sempre stretto al corpo di Seba mi fa piangere il cuore e mi rendo conto che in questo momento io sono diventato la sua unica roccia e quindi non mi è permesso farmi vedere debole o preoccupato perché devo essere forte per entrambi. Ricordo ancora una delle prime conversazioni che ho avuto con Sebastiano non appena tornati dall'ospedale. Ero triste e non facevo altro che piangermi addosso continuando a chiedermi il perché mi fosse successo quello che ho subito e formulavo mille ipotesi basate sui se. "Non puoi basare la tua vita sui se. Devi iniziare a mettere delle basi solide se vuoi che reggano e che siano in grado di sopportare tutto il peso delle intemperie che incontrerai nel tuo cammino. Perché qualcuno di noi incontrerà solo una pioggia leggera, ma qualcun altro come te, incontrerà una tempesta molto forte e non dovrai permetterti di cedere, cercando invece dentro di te la forza necessaria per poter affrontare tutta la merda che ti pioverà addosso. Dovrai essere in grado di uscire dal brutto tempo con le tue stesse gambe".

Pensai che fosse pazzo ed esagerato. Lo avrei voluto uccidere, ma prima ancora avrei voluto urlargli contro una infinità di insulti. Non dimenticherò mai il modo in cui mi guardò, quasi a volermi sfidare di provare a ribattere quello che aveva detto, così scelsi di starmene in silenzio e andare a rinchiudermi in quella che era diventata la mia stanza. Quella notte pensai a quello che mi disse anche se non lo capii completamente.

Guardo Alvise che gli sposta un ciuffo di capelli per arricciarselo sull'indice e poi sussurrargli qualcosa all'orecchio. L'ho visto piangere ogni giorno da quando hanno ricoverato Sebastiano e ogni volta si è appoggiato a me per avere una parola di conforto. Ascolto ogni sua domanda disperdersi nell'aria perché da lui non riceverà nessuna risposta, lo osservo mentre si aggrappa a ogni bip che il monitor produce e lo sento mentre parla del loro futuro assieme. E a ogni quesito, ogni suono e ogni frase, il mio muro si fa sempre più spesso perché se dovesse arrivare la tempesta, dovrà essere in grado di proteggere entrambi. Ho paura, ma questa volta non la nascondo dietro a delle maschere, preferendo lasciar trasparire ogni mia emozione, mentre allo stesso tempo cerco di trovare qualcosa di positivo in questo limbo fatto di incertezze.

Io e Alvise alla fine abbiamo aperto la busta del concorso che era arrivata, pensando bene che noi non stavamo aspettando un se, ma bensì un quando si sarebbe svegliato. Perciò non potevamo permetterci di fargli perdere questa opportunità solo per un incidente di percorso accaduto nella sua vita.

Come aveva immaginato Alvise lo avevano scelto per pubblicare le sue foto nella galleria d'arte e questo avrebbe significato far vedere a tutta la città il mio volto. Inutile dire che l'ansia che mi è salita quando mi sono immaginato esposto agli occhi di tutti mi ha messo in allarme, ma il desiderio che forse questo gesto poteva servire per avverare i sogni di Sebastiano, mi ha riportato a ritrovare la mia solita calma.

Mattia continua a fare dentro e fuori da questa stanza ormai ogni giorno ed è incredibile come si siano sbloccate le cose tra di noi da quando hanno ricoverato il mio amico. Non avevo mai pensato di cercare l'amore, ma a quanto pare l'amore ha voluto trovare me.

Mi capita spesso di pensare che tutti e quattro siamo legati dallo stesso filo rosso. Io e Alvise che la stessa notte ci siamo trovati nello stesso ospedale, io che salvo Alvise nel vicolo buio nominandogli il locale in cui lavora Sebastiano. Mattia che frequenta la stessa scuola di Alvise e che al Limbo durante un suo turno di lavoro gli suggerisce di chiedere un privè con Sebastiano. Loro due che si innamorano e poi anche io e Mattia facciamo lo stesso. Tutto così intrecciato ma allo stesso tempo così lineare. E ora che abbiamo creato queste due rette che corrono attorcigliate tra di loro, niente e nessuno potrà mai spezzarle, tantomeno un disgraziato ubriaco.

"Vado a prendere un caffè, vuoi qualcosa?". Chiedo ad Alvise quando per l'ennesima volta lo vedo stropicciarsi gli occhi.

"Un caffè anche per me, grazie".

Mi alzo dalla sedia e poi mi incammino lungo il corridoio. Sgranchisco ogni muscolo del mio corpo allungando le braccia verso l'alto e distendendo il busto. Butto fuori un sospiro e poi mi fermo davanti al distributore. Mi passo le mani sul viso e poi inserisco le monete digitando il codice. Torno in camera con i due bicchierini cercando di non rovesciarmeli addosso e mi siedo nuovamente sulla sedia allungando le gambe sopra al letto di Sebastiano.

"Pensi che si offenderà?". Chiedo ad Alvise mentre gli indico i miei piedi.

"Credo che si offenderà molto di più per le condizioni pietose dei nostri capelli".

E dopo tanti giorni passati in silenzio e a immaginarmi qualsiasi cosa, scoppio a ridere. Per una cazzo di battuta sui capelli. Ma non appena sento la risata di Alvise, capisco che ne avevamo bisogno entrambi.

Lui è ancora steso sul letto accanto al suo ragazzo e lo vedo mentre si tiene alla sponda per non rischiare di cadere.

"Sai a cosa pensavo?". Mi chiede non appena riusciamo a calmare le nostre risate senza senso.

"No, cosa?". Rimango a guardarlo in attesa e noto che anche lui non ha ancora bevuto un sorso di questo caffè.

"Penso che fosse geloso". Mi dice tutto serio.

"Geloso?". Chiedo confuso aspettando che continui.

"Sì. Di noi due e del fatto che entrambi abbiamo passato del tempo in ospedale".

Lo guardo incredulo e poi decido di continuare questa assurda conversazione. "Sai che adesso che me lo fai notare credo che tu abbia proprio ragione?".

"Ovvio che ho ragione...".

"...Si sarà fatto bastonare apposta!". Diciamo assieme nello stesso momento e poi scoppiamo di nuovo a ridere e do la colpa alla mancanza di sonno per queste battute veramente pessime, ma che ci fanno sorridere come degli idioti.

"Adesso si sveglierà e chiederà la manicure tanto per iniziare!".

"No, no! Per prima cosa chiederà una doccia!".

Stiamo ancora ridendo tra di noi come due imbecilli, con la pioggia che continua a scendere e a battere sui vetri e non appena alzo la testa per dire un'altra cazzata ad Alvise, sentiamo la sua voce.

"Vi sento!".

Facciamo entrambi un salto, io dalla sedia e Alvise sul letto, rovesciandogli tutto il caffè addosso.

"Siete due coglioni...".

Ha il coraggio di dire per poi continuare.

"Per prima cosa avrei chiesto un bacio!".

E poi apre gli occhi come se niente fosse, trovandoci entrambi con gli occhi pieni di lacrime e il cuore pieno di gioia.

L'incrocio dei nostri passiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora