Alvise

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Ho iniziato a odiare il freddo e il buio solo perché mi ricordano te. Tu che amavi andare in giro nelle sere d'inverno. Che amavi l'odore che porta con sé il vento ghiacciato, che amavi quell'aria fredda quando ti sferzava il viso. E ora che sto camminando per queste strade buie e fredde dove non c'è neanche un lampione che funziona, penso ancora a te.

Sto tornando a casa.

Oggi è un anno esatto dal giorno dell'incidente e ho deciso di riprovare a pattinare dopo tutto questo tempo passato a non fare niente per me.

Ho pensato che se fossi sceso in pista, forse ti avrei sentito più vicino, anche se avevo paura di non ricordare più come si facesse, ma tutti gli anni trascorsi sulle lame mi hanno aiutato ad affrontare questo momento.

Indossare nuovamente i pattini è stata una sensazione incredibile e non credevo che bastasse così poco per farmi sentire meglio.

È come se in me avesse ripreso a circolare la stessa linfa che alimentava le mie giornate prima dell'incidente, come quando dopo giorni di pioggia vedi spuntare il sole e tutto ti sembra migliore, come quando sei arrabbiato per qualcosa, ma poi ti fanno ridere talmente tanto che ti dimentichi perché eri infastidito.

La sensazione di beatitudine, di allegria e di euforia che ho provato appena ho ricominciato è impossibile da descrivere.

Sentire lo scricchiolio del ghiaccio sotto i miei piedi è stato come ritrovare me stesso, respirare l'aria del palazzetto mi ha riempito i polmoni di gioia, correre mi ha reso libero e spensierato esattamente come ero prima.

E uscire dalla pista dopo aver trascorso lì due ore a correre, saltare, girare e librarmi in volo, per tornare alla vita reale è un duro colpo. È come se il trovarmi sul ghiaccio avesse cancellato tutte le mie preoccupazioni, tutte le mie paure e tutte le mie sofferenze. Ma ora che mi ritrovo con i piedi sul cemento e sulla strada che mi porta verso casa, tutto torna e per di più mi sento anche in colpa perché ho passato un paio d'ore in cui sono stato stranamente bene.

Proseguo in silenzio lungo la strada fino a quando dietro di me inizio a sentire dei passi. Non mi giro, ma continuo a camminare aumentando però l'andatura.

Ed è come se la vita avesse deciso di presentarmi il suo conto dopo le emozioni che mi ha lasciato provare. Come se mi avesse dato il permesso di sentirmi un'altra volta bene prima di darmi altra sofferenza.

Ho un brutto presentimento, ma non devo farmi prendere dal panico. Non dovrei proprio, ma anche chi è dietro di me ha aumentato la velocità. Brividi di paura mi attraversano il corpo, lasciandomi un segno invisibile sulla pelle e senza rendermene conto mi ritrovo piegato sulle mie ginocchia, le mani che tengono la testa strette in una presa di ferro, pronto a difendermi da qualsiasi aggressione. Ma è difficile farlo quando è la tua stessa testa che ti attacca.

Come si fa a porre rimedio a un'illusione visibile solo dalla tua mente? Come faccio a uscire da questa situazione che io stesso ho creato?

Dentro di me sto subendo un'aggressione alla quale non riesco a reagire e che fa riaffiorare in superficie un dolore mai superato che mi dilania l'anima.

E l'unico pensiero fisso che continua a scorrere nel mio cervello è che merito tutto ciò per essere sopravvissuto al posto tuo. Ed è a causa di questa litania che mi ritrovo improvvisamente a considerare per la prima volta di avere un'occasione per poterti raggiungere. Mi ripeto che non ha più senso vivere questa vita di merda, stare qui senza uno scopo. Quindi tanto vale lasciarsi avvolgere da queste tenebre e farsi lasciare trasportare con loro. Ed è per questo che semplicemente lascio succedere tutto.

Lascio che la gola mi si chiuda e il fiato venga meno. Sento il mio cuore iniziare a battere all'impazzata in cerca di ossigeno e la testa, che tengo ancora tra le mani, sembra stia subendo un attacco militare dove una pioggia di bombe è pronta a incendiare qualsiasi pensiero la mia mente voglia formulare.

L'incrocio dei nostri passiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora