Sebastiano

446 47 16
                                    

Apro l'armadio e rimango a fissare l'arcobaleno di colori che si palesa davanti ai miei occhi. Ho appuntamento con Stella e abbiamo deciso di andare a bere qualcosa in un locale vicino casa sua dove fanno anche il karaoke. Non sono mai stato un amante del canto davanti a un pubblico e sembra quasi ridicolo dato il lavoro che faccio.

Siamo agli ultimi di novembre quindi opto per un maglioncino rosso, dei jeans classici e le mie converse gialle insostituibili.

Salgo in macchina e mi avvio sotto casa di Stella. Lei è puntualissima e credo sia la prima volta che mi capiti di incontrare una ragazza che non mi faccia aspettare.

Quando entriamo al BolleBlu decidiamo di sederci a un tavolo un po' più appartato per poter parlare senza doverci urlare in faccia per sovrastare la voce delle persone che si esibiscono. Io ordino una birra e lei un Daiquiri. Le chiedo come sta e come va a lavoro. Non sono molto pratico in queste cose, per cui decido di comportarmi come sono solito fare al Limbo: cerco di far parlare lei che solitamente è la cosa che mi riesce meglio.

"Sai che non so neanche quanti anni hai?". Gli chiedo tra un discorso e l'altro.

"L'unica cosa che sai è che preparo un ottimo caffè e bada bene che con i tuoi gusti non è facile!".

Rido, non ha tutti i torti. Non sono un tipo da espresso. Mi piace variare tutti i giorni con mille combinazioni differenti.

"Ho ventidue anni e mi sono trasferita da poco. Ho passato un anno molto difficile e ora sto cercando di venirne fuori. Anche se non è facile".

"Cosa è successo?". Chiedo un po' soprappensiero, sperando di non risultare un impiccione.

"Mio fratello ha avuto un incidente, per cui è stata dura un po' per tutti a casa".

Resto concentrato sulla prima frase che ha detto e improvvisamente nella mia testa appare un flashback di quella notte in ospedale e in particolare della ragazza che ho incontrato nella sala d'aspetto. La guardo meglio, i capelli mi sembravano lunghi e non il taglio corto che porta ora, ma il periodo coincide e la situazione è la stessa che ricordo mi raccontò quella notte.

"Ci siamo visti".

"Sì, me l'hai già detto che ti sembra di avermi già vista, ma non ricordi dove".

"In ospedale, quella notte". Affermo.

Lei rimane un attimo interdetta e riesco a sentire il suo cervello che torna indietro nel tempo alla ricerca di un preciso istante e attraverso i suoi occhi percepisco il momento esatto in cui riesce a ricordare anche lei tutti gli avvenimenti di quella notte.

"Eri tu in sala d'aspetto? Ho pianto tra le tue braccia?".

Annuisco solamente, non voglio riportarla al dolore che ha provato quella notte, soprattutto perché credo che non sia ancora passato del tutto. "Come sta tuo fratello ora?".

"Se devo essere sincera, non lo so. È cambiato, immaginavo sarebbe successo, ma non credevo che finisse così. È come se avesse smesso di voler vivere. Va avanti giorno per giorno, parla poco, mangia a malapena, non fa più niente di quello che faceva prima. Non esce più con nessuno, va a scuola perché è obbligato a finire gli studi altrimenti credo se ne starebbe chiuso in camera.

Sono andata a vivere da sola solo da tre settimane, mia mamma continua a dirmi che ha bisogno dei suoi spazi, ma io ho paura che faccia qualcosa, che voglia smettere di vivere e non so come aiutarlo. E sono stanca. Tanto".

"Mi dispiace molto. È passato quasi un anno, non credi che lo avrebbe già fatto se è quello che voleva?".

"Forse sì. Forse no. Forse aspetta il momento adatto. Chi lo sa. L'unica cosa che vorrei è che tornasse qui tra noi, che riprendesse in mano la sua vita".

"Dici che non lo farà?".

"Credo che avrebbe bisogno di un valido motivo che lo convinca che la sua vita non deve per forza essere buttata. Credo che avrebbe bisogno di qualcosa o qualcuno che lo obblighi a voler lottare. E sinceramente spero lo trovi in fretta perché io non sono in grado di offrirgli quello di cui ha bisogno".

Rimaniamo ognuno immerso nei propri pensieri e nelle proprie riflessioni. Io in ogni caso sono la persona meno indicata per dare suggerimenti perché non saprei nemmeno da che parte iniziare. Se ci fosse Ale con me, avrebbe già imbastito tutta una sua riflessione e le avrebbe dato tutto il sostegno morale che richiede l'occasione, ma sono solo, quindi piuttosto di dire stronzate preferisco starmene zitto.

"Tu perché eri lì? Non lo ricordo più".

"Un amico. Niente di che". Un niente di che, che mi ha travolto! Ma questo a Stella non lo dico.

Continuiamo a chiacchierare del più e del meno, chiediamo un secondo giro a una ragazza e quando il suo collega ci porta le ordinazioni, mentre si volta per tornare al suo lavoro mi cade l'occhio sul suo culo. Un fondoschiena fasciato da un paio di jeans stretti che inevitabilmente paragono ad Ale e il solo fare quel pensiero, mi verrebbe voglia di passare per casa sua prima di andare a dormire, ma non lo farò. O almeno è quello che mi dico ora.

"Bel ragazzo vero?".

"Non male!". E subito dopo aver risposto mi ghiaccio all'istante. Cazzo. Maledetta boccaccia mia! Alzo lo sguardo verso quello di Stella e la vedo che sorride.

"Almeno hai buon gusto!".

"Quello non mi manca! Mi hai beccato!". Dico alzando le spalle a mo di scusa.

"Ti sei fregato da solo perdendo bava sul culo del cameriere!".

Sono abituato a vedere ragazzi mezzi nudi e nudi ogni volta che vado al Limbo, eppure mi sono lasciato ammaliare dal cameriere.

"Colpito. E adesso?".

"Adesso cosa? Te lo devo chiamare?".

"Oddio no! Intendevo riguardo a te, al tuo pensiero in merito". Abbasso la testa, mi vergogno di questa cosa perché non so mai la gente che tipo di reazione possa avere. Non tutti lo accettano e questo è uno degli aspetti del mio carattere che mi fa sentire d'essere vulnerabile e molto insicuro su me stesso.

"Non penso proprio niente, credo che sia gay anche mio fratello, ma ho paura a chiederglielo".

Mi sento sollevato e sapere che anche per lei non ci sono problemi mi fa stare bene, ed è strano come dopo aver saputo di me, improvvisamente il nervosismo e la tensione che sentivo tra di noi sia sgretolata in un istante, lasciando il posto solo alle nostre risate. A un certo punto prende in mano il microfono e mi costringe perfino a cantare una canzone con lei. Inutile dire che se ne pente appena sente la mia voce.

"Con te si può avere tutto il pacchetto completo: bello, simpatico, bellissima voce e pure sexy!".

Mi metto a ridere.

A fine serata la riaccompagno a casa, la saluto con un bacio sulla guancia, come avevo fatto al Limbo, e le auguro la buonanotte. È una ragazza sorprendente e sono contento d'esserci uscito. Le sorrido quando si volta a salutarmi un'ultima volta con la mano e poi me ne torno a casa. Da solo.

L'incrocio dei nostri passiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora