Sebastiano

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Anni indietro, una sera di ritorno da una festa, mia mamma mi ha raggiunto nella mia camera dopo avermi sentito rientrare sbattendo la porta di casa. Niente era andato come avevo previsto e la delusione che mi attanagliava il cuore era così forte che avevo iniziato a piangere come un bambino. Non l'avevo sentita entrare, ma il tocco della sua mano sulla mia schiena mentre con piccole carezze cercava di alleviare quel dolore, è stata la miglior medicina potessi mai prendere. Ricordo ancora le sue parole'se una persona è destinata a te, troverà la strada per raggiungerti perché se due persone sono fatte l'una per l'altra, non conta la distanza, non ci sarà tempo e persino nessuna circostanza che potrà mai dividerle'. In quel momento mi era stato difficile crederle, ma oggi so che aveva ragione.

Quando mi sono trovato in ospedale con Ale è stato solo per caso. Anche dopo quando abbiamo iniziato a frequentarci, lo stare assieme era diventato quasi inevitabile. Credo sia stato questo a farmi credere d'amarlo.

Ma adesso?

Adesso credo di poter vedere l'invisibile, di riuscire a toccare le nuvole e di avere l'impossibile.

Il tutto grazie al ragazzo che tengo stretto tra le braccia.

Durante l'esplosione del mio piacere è come se tutti i pianeti si fossero allineati per donarmi finalmente quella felicità che credevo d'avere, ma di cui non conoscevo ancora la vera essenza.

Sentire il suo calore, sentire il suo profumo, sentire i suoi gemiti e sapere che la sua prima volta ha voluto donarla a me, mi ha reso impaziente e impaurito allo stesso tempo perché avevo paura che con un solo movimento avrei potuto muovere l'aria troppo forte facendo crollare il suo castello fatto di carte di cuori.

Ora Alvise è disteso per metà sopra di me come il suo solito, facendolo assomigliare a un koala. Faccio scorrere la mia mano sulla sua schiena nuda beandomi di questi momenti stanchi post orgasmo.

"Siamo cresciuti assieme, ci siamo conosciuti all'asilo e da lì in poi abbiamo frequentato sempre la stessa classe".

Sento il cuore fermarsi improvvisamente sapendo già che quella che Alvise ha iniziato a raccontare non è una storia a lieto fine.

"Dove c'era lui, c'ero anche io. Era bellissimo, un angelo. Tutti volevano essergli amico e tutte le ragazze volevano essere degnate anche solo di uno sguardo. Era sempre circondato da persone, tutti gli dicevano cosa fare e dove andare, ma lui ascoltava solo me. I suoi amici un po' alla volta avevano iniziato a prendermi in considerazione, ma penso che lo facessero solo per cercare di attirare ulteriormente la sua attenzione. Quello che però non sapevano è che a lui non gliene è mai fregato un cazzo di nessuno. L'unica cosa che ci divideva era lo sport. Lui faceva calcio e io pattinaggio. È stato lui a farmi scoprire che potevo pattinare".

Sento la sua mano appoggiarsi sul mio cuore come a volersi accertare che batta ancora. Rimane in silenzio per un po', non lo voglio distogliere dai suoi pensieri e tantomeno interrompere la sua storia, per cui me ne rimango in silenzio e in attesa perché se ha deciso di raccontarmela è perché si fida di me e si sente pronto a condividere il suo dolore.

"Mia mamma diceva sempre che anche lui era suo figlio per tutte le volte che se lo trovava per casa, molte volte anche quando io non c'ero. Difatti capitava che di ritorno dall'allenamento lo trovassi in divano con mia mamma dopo che avevano cenato.

Era sfacciato all'inverosimile, al contrario mio che sono sempre stato timido. Rappresentava in pieno tutte quelle doti e qualità che io non possedevo e lo stesso valeva per lui. Avevamo trovato il giusto equilibrio per andare avanti per la nostra strada, nonostante tutti dicessero di non capire come facevano due persone così diverse ad andare d'accordo. Non c'era niente che assieme non riuscivamo a fare. Solo noi credevamo in noi stessi.

L'incrocio dei nostri passiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora