22 - Dinner

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Valtteri

Ci sono stati problemi tra me ed Emily, nulla che non si possa risolvere. C'è ancora un po' di freddo tra di noi, però ci stiamo lavorando. Avrei voluto uccidere Charles quella mattina. Era semplicemente perfetta, però quel... moccioso è voluto passare per "salutare Emily". Certo. E vedi che bel saluto.
Mentre finisco il mio caffè e guardo cosa hanno da dire sul canale dello sport, sento i passi leggeri di Emily avanzare verso il salone.

"Stasera andiamo a cena fuori." Dico semplicemente.
"Andiamo? Non puoi andarci da solo?"
"Non è una cena di lavoro." Mi giro verso di lei. "Ti sto invitando a cena, stupida." Le sorrido.
"Oh."

Noto quel leggero rossore sulle sue guance, per poi vederla sorridere. Poso la tazzina, ormai vuota, sul tavolino di vetro davanti al divano, e mi alzo per andare verso di lei.

"Non pensare sia tutto passato." Ghigna sarcastica, ma non si scansa quando le avvolgo le braccia attorno alla vita.
"Non penso nulla, volevo dirti di farti bella, perché la serata non finirà dopo il ristorante." Le bacio la fronte.
"Che vuoi dire? Che solitamente non sono bella?" Scherza.
"Che scema." Sorrido e le stampo un bacio sulle labbra, facendola ridere.

Mi avvolge le braccia attorno al collo, stringendosi a me. Le passo una mano tra i capelli, togliendole il ciuffo dal viso. Le carezzo la guancia e le bacio dolcemente le labbra.

"Dove mi porti?" Mi chiede, staccandosi.
"Lo vedrai." Ghigno.

[...]

Mi sistemo la giacca, mentre aspetto che Emily esca dalla stanza. Mi passo una mano tra i capelli, guardando il quadrante del mio orologio. Mentre sto per prendere il cellulare, il rumore dei tacchi di Emily sbatte sul parquet, facendomi alzare lo sguardo verso di lei.
Wow.

"Come... cioè, forse è troppo." Non mi guarda.
"Sei bellissima, davvero." Sorrido e la squadro.

Il rosso le dona tantissimo, soprattutto con questo vestito. È molto semplice, accollato, senza maniche. Lungo fino a poco sopra la caviglia. Anche se... mi sembra un po' troppo semplice per Emily.

"Vieni qua, fatti vedere." Le porgo la mano, che afferra.

Le faccio fare un giro su se stessa, notando, come sospettavo, una scollatura sulla schiena. La faccio rimanere di spalle, passandole due dita sulla schiena, dall'inizio alla fine della scollatura.

"Val." La sento tremare sotto al mio tocco.
"Non potrei essere nel pieno delle mie responsabilità se qualcuno dovesse posarti gli occhi addosso." Le sussurro all'orecchio.
"Speriamo di no allora." Ghigna.

La lascio andare a prendere le ultime cose per poi uscire di casa. Saliamo in auto, e per l'intero viaggio la mia mano destra non faceva altro se non passare dal suo interno coscia al cambio... e ogni tanto anche al volante.

"Pensa a guidare." Mi dice, ghignando, dopo l'ennesima volta che la mia mano si posa sulla sua coscia.
"Ma io sto guidando." Le dico, mordendomi il labbro.
"Se volevi fare altro, non andavamo al ristorante."
"Acuta osservazione." Rido.

Posteggio la macchina, scendo dall'auto e vado ad aprire la portiera ad Emily. Mi ringrazia con un sorriso, che ricambio. Chiudo la portiera e le porgo il braccio, sorridendo.

"Dovremmo litigare più spesso." Mi fa notare, scherzando, afferrando il braccio.
"Non lo so, se dopo una settimana a secco, mi basta un invito al ristorante." Ghigno ironico.
"Attento a quello che dici Bottas, potrebbe ritorcersi contro." Mi dà un colpo d'anca, ridendo.
"Vedremo."

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