Capitolo 11

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Dopo aver passato tutta la notte sveglio in macchina, mi alzo a sgranchirmi un po' le gambe. I pensieri continuano a ronzarmi per la testa da quella fottuttissima telefonata.
Penso ormai di aver finito le lacrime, il senso di colpa però, c'è ancora e sembra che non voglia andarsene.
Scrivo velocemente sul gruppo di Space Valley: una cosa che pensavo che non avrei più fatto, ed invece.
"Rega Dario è in ospedale."
Non penso ci sia qualcuno sveglio alle 5:30, però lo invio lo stesso.
Vedo della gente entrare, molta più di quella che c'era prima e decido di entrare anch'io, forse anche per colpa del freddo.
Appena entro un tepore mi avvolge. Cazzo se faceva freddo.
Vado alla reception, pensando che sia vuota, ma inaspettatamente trovo una signora sulla cinquantina che si sta bevendo un caffè. Quando mi nota si spaventa e fa un salto dalla sedia, facendo versare qualche goccia di caffè sul foglio dove ha appuntato qualcosa.
Le rivolgo un sorriso di scuse, che lei coglie immediatamente.
Lascia la tazzina sul bancone e gira il foglio macchiato, pensando forse che io non l'abbia ancora visto.
"Come posso esserle utile?" mi dice gentilmente dopo essersi sistemata i capelli.
"Buongiorno. Sto cercando Dario Matassa. È stato portato qui ieri sera."
Smanetta un po' al computer e poi, dopo molte frasi di routine per sapere se era il Dario che stavo cercando, mi chiede "Scusi, ma lei chi è?"
Se le dico la verità, non mi farà passare.
"Sono il fratello." mento, ma lei smanetta ancora un po' e sembra non accorgersene.
"Stanza 257, terapia intensiva." dice coincisa.
"Grazie e buon lavoro." le rispondo, e lei sembra sorpresa da questa gentilezza.
Infatti, dopo una manciata di secondi arrossisce.
"A lei." sussurra molto lievemente, ed io vado esattamente dove mi ha detto lei.
Dopo aver girovagato per una ventina di minuti nel reparto della terapia intensiva, finalmente trovo la stanza giusta.
Prendo un lungo respiro ed apro.
Richiudo la porta molto delicatamente, visto che ho notato che stanno dormendo tutti.
Perdo un battito a vederlo in quelle condizioni. È pieno di fili, aghi, flebo ed ha anche la mascherina per respirare.
È davvero critico.
La madre apre lievemente gli occhi e, dopo aver ripreso conoscenza ed avermi squadrato per qualche minuto buono viene ad abbracciarmi.
La stringo, ne ha bisogno. Come biasimarla.
"È conoscente?" le chiedo tenendola ancora tra le mie braccia. Scuote debolmente la testa ed io chiudo gli occhi per ricacciare indietro le lacrime.
"Vi hanno detto le sue condizioni?" si stacca da me e si asciuga le lacrime con il dorso delle mani.
Dopo essersi ripresa, annuisce.
"Hanno detto che le condizioni sono gravi. Nessun osso rotto o robe del genere. La macchina l'ha colpito sul torace quindi sono i polmoni il problema. Stanotte l'hanno operato, ma deve svegliarsi." lo guardo ancora, se solo non fossi stato così coglione non sarebbe successo nulla.
Esce una lacrima, che tolgo in fretta dal mio viso e sospiro.
Ci scambiamo un sorriso malinconico prima che la porta si apra.
Entrano dei medici, a fare degli esami di "routine" e mi costringono ad uscire, essendo un non-parente. Vado nella hole e trovo Nels, che appena mi vede si tuffa su di me, abbracciandomi.
"Non farlo mai più coglione." dice ancora piangendo.
"Preoccupati per Dario ora." gli rispondo per deviare il discorso, e funziona.
Infatti inizia a chiedermi di cos'è successo e gli racconto tutto quello che so, sviando sui discorsi che arrivavano a me.
Torniamo di fronte alla porta della stanza, e vedendola ancora chiusa, decidiamo di non entrare.
Avendo visto le macchinette più avanti, decidiamo di andare a prenderci un caffè. A me serve, essendo stato tutta la notte sveglio, mentre Nelson viene solo per farmi compagnia.
Più volta cerca di mirare al discorso della mia "evasione" da loro ed io più volte gli faccio capire che non ne voglio parlare, soprattutto con una persona che conosco così bene.
Torniamo nei pressi della stanza e scorgiamo la porta aperta, così decidiamo di entrare.
Troviamo Antonella seduta sulla sedia di fronte al letto di Dario.
"Allora?" chiedo alludendo a ciò che ha detto il medico.
"Una settimana e gli staccano i macchinari. Molto probabilmente non si sveglierà." dice, sconfitta da tutto ciò.
E mi crolla il mondo addosso.

PUBBLICATO IL 12/03/20

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