16. Tutta Colpa Tua

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Mi affrettai a raggiungere l'ascensore per salire nei piani dove c'erano più guardie, se Maya rispettava il piano, mi sarei dovuta nascondere fino a quando non avrebbe disattivato le telecamere e solo allora avrei potuto attuare la fase 2 del piano.

Miravo il mio obbiettivo senza prestare caso a tutto quello che era intorno a me, camminavo a passo spedito e niente e nessuno poteva fermarmi ora, neanche quello psicopatico del Presidente Wallace.

Corsi su quel trabiccolo anche chiamato ascensore (che per fortuna era vuoto) e schiacciai il freddo pulsante del piano 7, era consumato per tutte le volte che era stato schiacciato ed era quasi del tutto sbiadito perché la vernice se ne era andata via.

Cercavo di calmare la mia respirazione mentre le mani presero a tremare e sudare per il nervoso, me le passai sui pantaloni blu che indossavo quando all'improvviso sentii di nuovo quello strano suono di una specie di buco in un oggetto pieno d'aria, come un leggero sospiro prolungato.

Pian piano l'ascensore iniziò a rallentare, ma era strano, non era mai stato così veloce.
Iniziai a spaventarmi e la situazione peggiorò quando l'ascensore si fermò completamente, ma le porte non si aprirono e tantomeno non vidi l'altra facciata del corridoio bianco del 5, ma solo una pietra grigia e malandata.

Aggrottai le sopracciglia non capendo la situazione, quando un senso di nausea mi pervase la mente, mi portai una mano alla fronte e mi appoggiai alla parete dell'ascensore.

Risentii lo stesso maledetto suono di qualcosa che si sgonfiava nel dormitorio, e delle nuove voci mi entrarono ancora nella testa.

Alyx... Ho scoperto che te ne sei andata a zonzo per i corridoi dell'Arca, di nuovo. Non si fa sai? Trasgredire le regole lo fanno solo le ragazze cattive. E sai cosa succede alle ragazze cattive, giusto?

È tutta colpa tua se Abby mi ha lasciato! Non dovevi nascere, sei solo un fottuto mostro!

Alyx... Dove sei? Non puoi nasconderti per sempre...
Stai tranquilla, farà solo male in proporzione alla gravità delle tue azioni.
Non devi incolpare me per questo, ma solo te stessa.

«Basta!» urlai io, mettendomi ancora una volta le mani alle orecchie ed accasciandomi contro l'angolo dell'ascensore, mentre iniziavo di nuovo a piangere.

«Alyx, apri gli occhi, altrimenti la tua punizione sarà ancora più severa perché avrai disubbidito a due dei miei ordini» mi disse ed io lo ascoltai, vedendo la sagoma perfettamente nitida ed esatta nei minimi dettagli.

Si tolse il giubbotto e lo appese su un finto appendiabiti, scomparendo nel nulla, poi si mise una mano tra i capelli e mi fissò.

«Che ci fai lì per terra? Bambina che non sei altro. Alzati, ora» mi ordinò ed io eseguii i suoi ordini alla lettera, nonostante cercassi di dimostrare di essere più forte di lui, sono ancora quella bambina che si nascondeva sotto il letto.

Lui fece un passo verso di me e si tolse la cravatta, facendo ogni volta così si toglieva non solo l'ultimo indumento che lo rendeva un membro rispettabile dell'Arca, ma anche ogni traccia di umanità dalla sua anima.

«Sono lacrime quelle?- mi domandò con voce dolce e togliendomene una con il pollice, cercai di trattenere i singhiozzi e gli spasmi delle spalle per colpa del pianto, ma era troppo tardi -solo i deboli piangono, te l'ho già spiegato un sacco di volte ma tu continui a non capire, cosa hai di sbagliato?» esclamò, la puzza di alcool mi arrivava fino al cervello ma, vedendo che non risposi, mi tirò uno schiaffo.

Bruciava, bruciava davvero, ed era vero anche il movimento della mia faccia ed il rumore della sua mano a contatto con la mia guancia sinistra.

Mi rimisi velocemente in piedi, magari così sarebbe stato più clemente.
«Girati» mi ordinò ed io lo feci, sapevo bene cosa mi sarebbe aspettato tra poco.

Sentii il famigliare fruscio della cintura che veniva sfilata dai pantaloni e, in meno di un secondo, arrivò la prima cinghiata.
Trattenni un verso di dolore mentre premevo i palmi delle mani contro le pareti, sperando che mi inghiottissero.

Mi ricordo quando mi tagliò i capelli, lo volle fare perché così la cintura non mi avrebbe strappato i capelli, perché gli facevano schifo ed era una cinghiata in più per ogni capello sulla fibbia.

Arrivò anche la seconda, ed io iniziai a piangere ancora di più e, quando mi scappò un gemito di dolore, lui mi tirò il suo solito calcio sulle gambe «stai zitta!» mi urlò nelle orecchie.

Alyx, Alyx calmati. Ragiona, l'hai quasi ucciso già una volta no? Pensa a quante volte l'hai fatto nei tuoi incubi, non sarà molto diverso, no?

Pensai ed annuii mentalmente, girandomi in tempo per la terza cinghiata, che mi arrivò nello stesso punto del mio braccio che aveva colpito 3 anni e mezzo prima.
Lo guardai con occhi di fuoco, mentre gliela strappavo di mano e gli tiravo una ginocchiata nello stomaco e lui si piegò dal dolore.

Restò un attimo piegato per poi dissolversi come polvere, ma rispuntò poco dopo dietro di me, tirandomi uno dei suoi calci negli stinchi.

Feci un verso per colpa del dolore ma mi rimisi subito in sesto, sferrandogli un gancio destro preciso sulla mascella, lui accusò il colpo e si dissolse di nuovo.
Ricomparì alla mia sinistra, ma io questa volta ero preparata e fermai la sua mano aperta a paletta appena in tempo.

Lo afferrai per un polso e lo tirai indietro per farlo voltare di schiena, poi lo schiacciai contro la parete dell'ascensore.
«Adesso chi è la povera bambinetta spaventata eh?» gli dissi io, con tutta la rabbia ed il disprezzo che avevo in corpo.

Lui rispose con un grugnito metà arrabbiato e metà nervoso, aveva finalmente paura, paura che lo uccidessi, lo percepivo dal suo respiro pesante e dal modo in cui le sue narici si alzavano e si abbassavano.

Mi abbassai in un secondo come un fulmine per afferrare la sua fottuta cintura, però come uno stupido lui si girò all'improvviso e la mia prima e ultima frustata (con tutta la rabbia e la forza che avevo in corpo ovviamente) lo colpì dritto in faccia, lo vidi stringere forte gli occhi ed allargare la bocca in una smorfia di dolore, prima di sparire completamente come se non fosse mai esistito, insieme alla cintura che avevo in mano, lasciandomi solo l'aria tra le dita.

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