9. Perdere la calma

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Due settimane. Sono due settimane che io e Shawn siamo confinati in questa casa, e credo di essere sull'orlo di una crisi di nervi. Ho bisogno di cambiare ambiente, di fare due chiacchiere con qualcuno di diverso, di avere notizie dall'esterno. Devo anche cercare di controllare il mio nervosismo, perché questo povero ragazzo non ha colpe e non ho il diritto di fargli una scenata solo perché sto perdendo la testa. Inoltre immagino che anche per lui questa situazione non sia facile. Ciò che mi stupisce però  è il modo con il quale sta affrontando la cosa. Sta prendendo tutto con estrema filosofia e nei momenti peggiori si mostra estremamente premuroso. Come la scorsa settimana, quando ho avuto un momento di crisi e mi sono lasciata andare in un pianto disperato. Shawn non mi ha presa in giro, ne tanto meno ignorata. Mi ha semplicemente stretto a sé, lasciandomi sfogare e dopo essermi calmata mi ha raccontato i momenti più imbarazzanti della sua vita, trasformando il mio broncio in una risata. 

In realtà, nelle ultime settimane, stento a riconoscere il ragazzo che ho incontrato mesi fa. Non mi sarei mai aspettata di avere a che fare con una persona così amorevole e gentile, e la scoperta mi ha piacevolmente sorpresa. Shawn sta sempre attento che non mi succeda nulla di male, tenta in tutti i modi di strapparmi un sorriso, ed è un'ottima compagnia durante questa quarantena. A volte, quando penso a lui, mi si stringe lo stomaco o mi si tingono le guance di un colore più intenso, ma reprimo sempre qualsiasi tipo di sentimento stia nascendo in me. 

«Hai avuto qualche notizia negli ultimi giorni?» gli chiedo sdraiata sull'erba ad occhi chiusi, mentre il sole tiepido mi riscalda la pelle. 

«Questa mattina ha chiamato mamma per sentire se stavamo bene. Mi ha detto alcune cose» dice in modo vago.

«Aggiornami, ti prego. Ho bisogno di sapere cosa sta succedendo al di fuori di questo posto» lo supplico.

I muscoli della schiena si fanno più tesi e l'espressione del suo viso muta in qualcosa di più serio e preoccupato. «Non si sa ancora di preciso gli effetti di questo virus, ma nelle prime vittime sono stati intaccati prima il sistema nervoso, poi quello respiratorio».

«Aspetta... Hai detto prime vittime?» chiedo allarmata. Shawn annuisce. «E quante sono?».

«Solo in Ontario ci sono più di cinquecento decessi» ammette sconfitto. Mi porto una mano alla bocca, scioccata.

«La situazione è molto più grave di ciò che immaginavo. Forse dovrei tornare a casa, restare in Canada non è sicuro».

Shawn alza la testa di scatto, e il suo viso si tinge di rabbia. «Tu non te ne andrai da questa casa, hai capito?».

«Shawn - »

«No, Camila» mi interrompe. «Questo è il posto più sicuro al momento. Credi davvero che sia prudente uscire di qui, girovagare per il paese ed imbarcarsi su un aereo?» mi sgrida alzando la voce. Io non oso parlare. «E comunque non sarebbe possibile in ogni caso. Tutte le frontiere sono state chiuse. Il governo non vuole aumentare i casi di contagiati, dato che siamo tra le nazioni con meno infetti».

Spalanco gli occhi. «Vuoi dirmi che non è un problema che c'è solo in Canada?»

«Camila, questa è un'epidemia mondiale! Le persone stanno morendo in tutto il pianeta, per quale motivo credi che siamo confinati qui?» chiede scocciato.

Il ragazzo delle ultime settimane è improvvisamente scomparso e al suo posto è tornato lo Shawn stronzo e lunatico che ho conosciuto all'inizio. Non capisco perché se la stia prendendo tanto con me, ma questa volta non ho intenzione di tacere.

«Beh scusami tanto se non ho notizie dal mondo esterno da settimane. Davvero sciocco da parte mia aver pensato di avere una via d'uscita da qui, dato che non ho ricevuto nessuna notizia! Perdonami se la mia ignoranza ti ha dato fastidio!» replico sarcastica, sputando le parole come se fossero veleno. «Quando ti sarà passata la voglia di fare il saputello prepotente, sai dove trovarmi. Fino a quel momento stammi alla larga» sentenzio alzandomi da terra per allontanarmi il più possibile da lui.

«Camila! Torna qui, mi dispiace» mi richiama dallo stesso punto in cui è seduto, ma io lo ignoro e continuo ad allontanarmi in fretta. In men che non si dica Shawn è dietro di me e mi afferra per il polso. «Camila, aspetta. Ho detto che mi dispiace». Mi libero dalla sua presa e ignoro le sue scuse.

«Lasciami in pace, Shawn. Impara a gestire i tuoi sbalzi d'umore e poi ne possiamo riparlare» dico seccata, senza degnarlo nemmeno di uno sguardo. Rientro in casa, salgo le scale e sbatto la porta della camera chiudendola. Sto forse esagerando? Probabile. Ma in questo momento non mi interessa. Quel ragazzo deve capire che non sono il suo sacco da box emotivo. Non ha il diritto di prendersela con me, sfogare la sua frustrazione insultandomi o urlandomi contro, senza un motivo valido. Ho sorvolato sul suo comportamento iniziale dopo che mi ha spiegato perché si fosse comportato in quel modo, ma questo non significa che sono disposta a prenderlo come abitudine! Se ha bisogno di parlare con qualcuno sono ben felice di poterlo aiutare, ma la deve smettere di mancarmi di rispetto. Lui stesso mi ha pregata di appianare i nostri dissidi durante la nostra prima settimana assieme nella casa, ma io voglio vedere fatti concreti, non parole effimere. Questa cosa può funzionare solo se entrambi collaboriamo, non ho la forza di mandare avanti la nostra amicizia - sempre se posso considerarla tale - da sola. 

Poi perché me la sto prendendo tanto? Si tratta di Shawn, un ragazzo che conosco da qualche mese. Non dovrebbe avere il potere di alterarmi in questo modo. Solo le persone a cui tengo veramente riescono a farmi arrabbiare così. Significa forse che per me lui è una persona importante? No, non può essere. E' impossibile. Ignoro quella piccola e insignificante vocina che cerca di dirmi il contrario.

Trascorro il resto della giornata a rimuginare sui miei sentimenti tra le quattro mura della camera, dalla quale esco solo per preparare la cena. Shawn è seduto sul divano, in silenzio, e alza il capo quando mi vede entrare nella stanza. La sua espressione speranzosa lascia presto il suo viso quando non lo degno nemmeno di uno sguardo. In cucina preparo la cena, e anche se sono arrabbiata con lui, cucino per entrambi. E' inutile aumentare il dramma comportandomi da bambina. Venti minuti dopo servo i piatti in tavola.

«E' pronta la cena» lo avviso senza alcuna inflessione nella voce. Shawn annuisce e si siede difronte a me. Ceniamo in silenzio, ma non posso fare a meno di notare il modo nervoso in cui fa molleggiare la gamba sotto il tavolo. Sul viso ha la stessa espressione che assume un cucciolo dopo aver combinato un danno, e anche se mi costa ammetterlo, lo trovo adorabile. Sto per alzarmi da tavola, pronta a tornare nel mio isolamento, ma Shawn prende la parola.

«Camila» parla con voce pacata. Lo guardo seria, alzando un sopracciglio, e aspetto che prosegua. «Mi dispiace davvero per come mi sono comportato. Non avrei dovuto parlarti in quel modo, solo che mi sono lasciato prendere dalla rabbia. So che non è una giustificazione, ma quello che sta succedendo mi sta mandando fuori di testa e mi sono tenuto tutto dentro per tutti questi giorni. Quindi, si... scusa».

Shawn mi sta mostrando il suo lato più vulnerabile e mi si stringe il cuore a vederlo così. «Accetto le tue scuse solo se mi prometti di non comportarti più in quel modo».

Annuisce. «Non si ripeterà più».

«Ti do un'ultima occasione, Mendes». Lui annuisce e sorride.

Raccolgo i piatti e li porto al lavello e sento due braccia muscolose cingermi la vita da dietro. Shawn appoggia il mento sulla mia testa e lo sento mormorare un «Grazie».

Ai confini del mondo || ShawmilaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora