28. In mille pezzi

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Dormire è quasi impossibile. Dopo tutto ciò che è successo, ogni volta che chiudo gli occhi non vedo altro che il sorriso di Maria e le lacrime di Shawn. Credo sia impossibile riuscire a spiegare a parole ciò che si prova in un momento simile. Non c'è solo il dovere di affrontare il lutto di una persona così buona e premurosa, ma anche la consapevolezza che non si possa più tornare indietro. Non esiste soluzione a questo problema.

Dire che Shawn è affranto è dire poco. Non solo ha perso sua madre senza aver avuto l'opportunità di dirle addio, ma deve sopportare anche l'idea che presto suo padre se ne andrà allo stesso modo. Io e Shawn siamo obbligati a restare qui, incapaci di reagire e senza la possibilità di poter fare qualcosa. Non possiamo aiutare Roger e non possiamo nemmeno stargli affianco nei suoi ultimi momenti, dobbiamo solo accettare quello che inevitabilmente succederà.

L'altro giorno, dopo quella maledetta telefonata, Shawn ha pianto fino ad addormentarsi. Gli sono stata accanto per tutto il tempo, l'ho ascoltato mentre si auto-colpevolizzava per ciò che è successo, l'ho stretto a me il più forte possibile, gli ho asciugato le lacrime. Ma niente è bastato per consolarlo e lo capisco. Non credo esista dolore maggiore che quello per la perdita dei propri cari.

Al suo risveglio non sembrava nemmeno più la stessa persona. Occhiaie scure e pesanti gli contornavano gli occhi; la pelle era di un colorito pallido, quasi grigiastro; le labbra erano secche e screpolate, indice di disidratazione. Shawn non ha più detto una parola da ieri mattina. Si limita a stare seduto a terra, con la testa appoggiata alla grande vetrata e lo sguardo vuoto, fisso sul lago. Non mangia, non si cambia i vestiti, non si fa nemmeno la doccia. Non c'è traccia del ragazzo che ho conosciuto mesi fa, ora è rimasto solo un guscio vuoto che trasuda disperazione da ogni poro.

Per quel che mi riguarda so che sto cadendo a pezzi lentamente. Ho sempre avuto un rapporto particolare e complicato con la morte ed affrontarla da vicino ha avuto le sue conseguenze. Sono due mattine che al mio risveglio mi ritrovo a dovermi inginocchiare sulle fredde piastrelle del bagno per poter svuotare il contenuto del mio stomaco nella tazza del WC. Il dolore per la scomparsa di Maria, l'ansia dell'imminente morte di Roger e la tristezza per la difficile situazione che deve affrontare Shawn, sono un mix letale per il mio organismo. Ma anche se tutto questo sta infettando la mia salute, devo farmi forza per Shawn. Non ha bisogno che un'altra persona attorno a lui aggravi la situazione.

Inoltre sono sempre più preoccupata per il mio ragazzo. Non esiste rimedio al suo dolore, che sembra peggiorare ogni momento che passa. Purtroppo ho scoperto che Shawn non sa reagire nel modo corretto alla perdita, e continua a prendersela con sé stesso. Ha assunto un comportamento autodistruttivo che potrebbe sfociare in qualcosa di pericoloso. Questa mattina, dopo essermi svegliata in un letto freddo e vuoto, l'ho beccato con una bottiglia di rum mezza vuota. Ho faticato per strappargliela dalle mani e ci è mancato poco che finissimo per litigare. Non vorrei mai dover peggiorare il suo stato d'animo, ma non gli permetterò di farsi del male. Una quindicina di minuti più tardi, Shawn è svenuto a letto e ora sta ancora dormendo. Questa è una cosa positiva perché se non è cosciente almeno non può soffrire. Mi chiedo solo quanto tempo ci vorrà perché riesca ad accettare la cruda verità e cercare di superare il dolore. La cosa certa è che ci vorranno sicuramente dei mesi, soprattutto ora che non ha alcuna distrazione. Se non fosse obbligato a restare qui per tutto il giorno, probabilmente sarebbe più facile per lui pensare ad altro, ma purtroppo non è così. Rinchiuso qui dentro non può far altro che pensare a ciò che è successo a sua madre e a quello che succederà a suo padre.

E come se tutto questo non bastasse, si deve aggiungere il fatto che Shawn si è chiuso in sé stesso. Mi impedisce di aiutarlo, evitando di parlarmi o anche di guardarmi. Non mi permette di stargli vicino o di tenergli la mano, ogni contatto è improvvisamente svanito. Inoltre nell'aria aleggiano ancora le tre parole che gli ho confessato l'atro giorno, alle quali Shawn non ha risposto. Non mi aspettavo che mi rispondesse in un momento del genere, ma ero convinta che sentirsele dire avrebbe in qualche modo migliorato il suo umore. Shawn era spaventato di rimanere solo e io gli ho dato la conferma che non sarà così, ma non mi ha dato retta. Gli ho confessato il mio amore e sono sicura che mi abbia sentita, ma ha semplicemente ignorato le mie parole. Probabilmente ho sbagliato a pronunciarle in quel momento, ma le pensavo da tempo e non mi pento di avergliele dette.

Io amo Shawn ed era giusto che lui lo sapesse. Spero solo che questo non lo abbia spaventato o lo abbia allontanato da me. Con questi pensieri i miei occhi si inumidiscono e una lacrima amara scappa dall'angolo del mio occhio. La asciugo velocemente, non posso permettermi di crollare proprio adesso. Poi una voce alle mie spalle mi fa trasalire.

«Stai piangendo». Shawn parla con voce roca, quasi inesistente e il suo tono suona freddo.

Scuoto la testa. «No, non sto piangendo» nego difronte all'evidenza. «Come ti senti?». E' una domanda stupida, ma dovevo fargliela.

«Non lo so Camila. Tu come credi che mi senta?» risponde con una punta di rabbia. Rabbia. E' una brutta emozione, ma se sostituisce la sua tristezza, ben venga. Anche se questo dovesse voler dire che dovrà sfogarla contro di me.

«Scusa. Domanda stupida» replico sommessamente guardando a terra. Shawn alza gli occhi al cielo e si siede sul divano, riprendendo con la sua solita attività: guardare fuori dalla finestra. «Devi mangiare qualcosa» gli dico severa.

«Lasciami in pace».

«Shawn, non voglio sentire storie. Ti ho preparato il pranzo, devi mangiarlo» replico più duramente.

«Camila, ho detto di lasciarmi in pace» sbuffa.

Faccio un respiro profondo. Non posso arrabbiarmi con lui, ma non posso nemmeno permettere che si lasci andare alla disperazione in questo modo. Vado in cucina, afferro il piatto che ho preparato e lo porto in soggiorno. «Mangia» lo intimo.

«Ma cos'hai che non va?! Sei forse sorda? Ho detto che devi lasciarmi stare. Vattene Camila, non ti voglio avere attorno!» urla alzandosi dal divano e avvicinandosi pericolosamente a me. Ammetto che mi spaventa vederlo così, ma metto da parte la mia paura e non mi muovo di un solo centimetro.

«Shawn. Siediti e mangia» ripeto con calma e nei suoi occhi vedo confusione. Era convinto che mi sarei allontanata da lui. Si siede in silenzio con gli occhi lucidi e si prende la testa tra le mani. Mi siedo al suo fianco e gli passo una mano sulla schiena per calmarlo.

«Scusa. Scusami, Mila» sussurra appena percettibilmente.

«Va tutto bene, tesoro. Va tutto bene» lo rassicuro. Afferro il piatto e gli porgo una forchettata difronte alla bocca. Meccanicamente lui la apre e inizia finalmente a mangiare. «Vedrai che passerà Shawn». E silenziosamente prego che questo accada in fretta.

Ai confini del mondo || ShawmilaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora