27. Perdita

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Canzone consigliata per il capitolo: Surrender - by Natalie Taylor

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Novembre è iniziato, io ho perso il conto dei giorni di isolamento che abbiamo affrontato finora e Shawn inizia a sentire il contraccolpo di tutta questa situazione. Fino ad oggi non l'ho mai visto davvero turbato, infatti è sempre stato in grado di reagire ai momenti peggiori, facendosi forza sia per me che per lui stesso. Oggi però il discorso è diverso e non so quale sia il modo giusto per relazionarmi con lui.

Diversamente dagli altri giorni, oggi Shawn non cerca alcun contatto fisico, è irritabile e di pessimo umore, e cerca di stare da solo il più possibile. Non lo biasimo per come si sta comportando, capisco che anche lui abbia bisogno di sfogare le paure e i dubbi repressi. Mi dispiace solo non essere in grado di poterlo aiutare in qualche modo. La verità è che la soluzione al suo problema dista decine di chilometri da qui, a poco più di due ore di distanza. I genitori di Shawn non si fanno sentire da settimane, se non attraverso qualche breve messaggio e per quanto lui si mostri indifferente a tutto ciò, è palese che la situazione lo stia turbando.

Oggi fa piuttosto freddo e il cielo è grigio. Le nuvole assorbono tutta la luce e il paesaggio è ricoperto da una monotona uniformità, deprimente e immobile. Dall'interno della casa, con il fuoco che scalda l'ambiente, guardo la figura di Shawn seduta sul bordo del molo e sento il cuore più pesante. Ha le spalle curvate e la testa è piegata verso il basso. Di tanto in tanto rabbrividisce, ma non sembra aver intenzione di alzarsi da lì. Voglio lasciargli il suo spazio, ma non permetterò che si ammali a causa delle temperature. Afferro una grossa coperta e decido di portargliela fuori. Non appena esco dalla porta principale vedo che il mio ragazzo sta ricevendo una telefonata. Si alza in piedi di scatto e passa agitatamente le mani tra i folti capelli. C'è qualcosa che non va. Mi avvicino a lui in fretta.

«No, no, no, no. Non è vero! Sono stronzate, sono solo stronzate!» grida Shawn, arrabbiato e confuso. «Papà dimmi che sono solo stronzate! Ti prego, papà» la sua voce supplicante si affievolisce sempre di più finché non viene rotta da grosse lacrime che rigano il suo bel viso. Lo vedo accasciarsi a terra e prendersi la testa tra le mani. Corro verso di lui.

«Shawn! Shawn, amore, che succede?» mi avvicino a lui e lo attiro a me, la preoccupazione nella mia voce è palpabile. Lui non mi risponde e semplicemente continua con il suo pianto disperato. Non l'ho mai visto così.

Nel cellulare al suo fianco, la chiamata è ancora attiva e sento la voce di suo padre richiamarlo. Afferro il telefono e lo porto all'orecchio. «Signor Mendes?»

«Camila -» Roger si interrompe a causa di un forte colpo di tosse. «Camila, ascoltami attentamente. Shawn ora ha bisogno di qualcuno al suo fianco. Qualcuno con cui parlare, un amico -» un altro colpo di tosse. «Camila cerca di essere forte per lui». La voce di Roger si incrina.

«Signor Mendes, cos'è successo?». Credo di aver intuito quale sia il problema, ma spero di sbagliarmi.

Dall'altro capo del telefono sento che il padre di Shawn soffoca un singhiozzo. «Maria. Maria è morta». Mi porto una mano alla bocca, incapace di reagire alla notizia. «E Camila, presto io la seguirò». No, non può essere possibile.

«Signor Menes, cosa sta dicendo?»

«Mia moglie è stata infettata dal virus. Lo stesso vale per me» dice con voce rassegnata Roger. Io non riesco a dire niente. Il vuoto della conversazione è colmato solo dal suono di Shawn che non riesce a smettere di piangere. «Prenditi cura di lui, Camila». La chiamata viene terminata.

Con gli occhi lucidi e un nodo alla gola stringo Shawn a me e piangiamo assieme tutte le lacrime che abbiamo. Non dico una parola, tanto sarebbero inutili in ogni caso.

«No, no, non è vero. Non può esserlo» continua a ripetere Shawn con voce graffiata dal pianto.

«Tesoro, mi dispiace tanto» sussurro cullandolo tra le mie braccia.

Lui scuote la testa e continua a singhiozzare. «Cosa farò ora?».

Non ho una risposta per la sua domanda e questo non fa altro che peggiorare la situazione.

«Mi odio» dice tra sé e sé, ma riesco comunque a sentirlo.

«Shawn non dire così. Non è colpa tua» gli dico passandogli una mano tra i capelli sperando di riuscire a calmarlo.

«Ho passato tutto questo tempo a detestare mia madre. Ce l'avevo con lei per il solo fatto che si fosse dimenticata di me, di suo figlio, quando in realtà stava morendo lentamente. Ero così arrabbiato con lei, accecato dall'egoismo, che non ho neanche mai pensato che potesse esserci un problema. Cos'ho che non va?»

«Shawn non lo potevi sapere» lo rassicuro. Silenziosamente ringrazio il fatto che abbia potuto vivere questo ultimo periodo senza il peso del lutto che incombeva su du lui come un'ascia.

«Puttanate, Camila!» risponde con più rabbia. «Qualsiasi figlio con un po' di empatia avrebbe cercato di scoprire cosa stava succedendo. Io invece sono solo un ragazzino viziato che si preoccupa di sé stesso e dei suoi bisogni. In tutto questo tempo sono stato qui al sicuro, a pensare solamente a spassarmela e ad essere felice, quando nel frattempo i miei genitori sono stati esposti al pericolo. E ora mia madre è morta!». Un lampo di colpevolezza mi attraversa.

«Amore, ascoltami». Gli prendo il viso tra le mani e cerco di unire i nostri sguardi. «Sono stati i tuoi genitori a convincerti a rimanere. Saremmo potuti tornare indietro all'inizio dell'epidemia, ma loro ti preferivano qui, al sicuro. Quello che hai provato non ti rende una cattiva persona, ti rende umano» dico cercando di convincerlo. «Tua madre ha sempre desiderato il meglio per te e se non ti ha fatto avere sue notizie ci sarà sicuramente un motivo. Lei voleva che tu vivessi tranquillamente. Non è colpa tua».

Shawn scuote la testa e continua a piangere. Mi uccide vederlo così. «Non è giusto» singhiozza. «Non sono nemmeno riuscito a dirle addio, Camila». La sua voce esce flebile e il suo labbro inferiore trema. Gli occhi sono gonfi e rossi, le guance segnate dalle lacrime salate che non smettono di scendere. Il petto si alza e si abbassa ad un ritmo confuso, incapace di fargli inalare abbastanza ossigeno. Difronte a me c'è un ragazzo distrutto. «Se n'è andata mentre la stavo odiando. Non mi perdonerò mai per questo». Appoggia la testa sulla mia spalla e nasconde il viso nel mio collo. Sento le sue lacrime inzuppare il tessuto del maglione e le mie scorrere sulle mie guance. Restiamo in questa posizione per chissà quanto tempo e lascio che si sfoghi, anche se mi si spezza il cuore a vederlo così.

Odio dover riaprire l'argomento, ma devo assicurarmi che sappia di suo padre. «Tesoro, tuo padre ti ha detto tutto?» chiedo spaventata di dovergli comunicare l'ennesima pessima notizia.

Lui annuisce. «Morirà anche lui» sussurra con accettazione. Non riesco a immaginare cosa stia provando in questo momento Shawn. Ha appena perso la madre e deve affrontare il lutto con la consapevolezza che in poco tempo resterà orfano. Questo ragazzo non si merita tanta sofferenza. «Resterò solo» mormora senza fiato.

«Shawn». Gli lascio un bacio sulla fronte. «Tu non sarai mai solo, hai me» lo rassicuro. Annuisce ma non è difficile capire che in questo momento non crede alle mie parole. Solo una frase può convincerlo.

«Ti amo Shawn».

Ai confini del mondo || ShawmilaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora