Sono sempre stata abituata al tepore del sole mattutino sulla pelle, all'aria calda che soffia scompigliando i capelli e all'umidità torrida che inumidisce i corpi e fa mancare il respiro. L'Avana è una città frenetica e caotica, nelle strade si respira passione e scompiglio, e i colori brillanti degli edifici accecano la vista dei turisti curiosi. Ma l'atmosfera frizzante e sregolata tipica della città è solo uno dei tanti pregi del posto. Ci si innamora dell'Avana non appena ci si mette piede e lasciarla è sempre così difficile. Non avrei mai pensato che un giorno io stessa avrei dovuto subire il distacco dalla capitale, lasciando la mia città natale e un pezzo del mio cuore.
Ma si sa, la vita è un mistero, e per quanti progetti una persona possa fare, non ha mai la certezza di quale sarà il risultato finale. Nel mio immaginario, dipingevo un futuro semplice e allegro, nella periferia della metropoli cubana, circondata dall'affetto dei miei cari e dall'allegria del vicinato. Avrei voluto ricevere il diploma del liceo e subito dopo cercare un lavoro, ottenendo così un po' di indipendenza. Sarei rimasta a vivere con i miei genitori ancora per poco, anche se non mi sarei mai allontanata molto da loro. Avevo programmato la mia vita dall'età di sedici anni, ma mia madre non ha mai tenuto conto della mia volontà. Lei ha sempre desiderato il meglio per me, ma i suoi standard per una vita felice sono sempre stati ben diversi dai miei. Lei vorrebbe che io vivessi in una delle grandi metropoli del Nord America, occupata in un patetico lavoro d'ufficio, cercando di costruire la tipica famiglia stereotipata. Ed è a causa di questa sua patetica fantasia che sono stata obbligata ad abbandonare Cuba per trasferirmi nel freddo e distante Canada.
L'imposizione di mia madre è stata la mossa finale che ha posto fine al flebile rapporto di reciproca sopportazione che avevamo. Per nessuna ragione al mondo io avrei mai deciso di lasciare la città in cui sono nata e cresciuta, ma la donna non ha voluto sentire lamentele. «Sei una ragazzina troppo stupida ed immatura per capire cos'è meglio per te» mi aveva urlato contro quando, in un pianto isterico, l'avevo supplicata di non farmi partire. Ma nessuna lacrima o sguardo furente sono stati in grado di farle cambiare idea. Mia madre aveva già organizzato tutto. Finito l'ultimo anno di liceo, avrei preso un aereo per la lontana nazione del nord, e avrei passato gli anni del college ospitata da una sua vecchia amica d'infanzia. Non ho avuto nemmeno l'occasione di passare un'ultima estate in compagnia dei miei amici di sempre, perché appena una settimana dopo il mio diploma, mi sono imbarcata su un volo verso l'Ontario.
Gli addii sono stati veloci ma strazianti. Ho salutato un'ultima volta mio padre, stringendomi forte a lui e inzuppandogli la camicia di lacrime amare. Non sapevo per quanto tempo sarei stata distante da lui, quando avrei potuto rivedere il suo volto rassicurante o sentire le sue dolci carezze. Mio padre era la persona più importante nella mia vita, e non mi vergogno a dirlo, a diciott'anni ho ancora un grande bisogno di lui. Per quanto riguarda mia madre, il sentimento non è affatto lo stesso. Io e lei non abbiamo mai avuto un gran rapporto, ai miei occhi è sempre stata una donna vanitosa e invidiosa, e sebbene sia mia madre, non riesco a sorvolare questi tratti tossici della sua personalità. L'ho sempre sentita lamentarsi della sua vita qui in America Latina, che secondo lei non si addice ad una donna come lei. Ha sempre ambito al lusso e alla ricchezza ma, nonostante i suoi studi, non è mai riuscita a costruirsi un futuro al di fuori di Cuba. E ora vuole che io riesca a raggiungere il sogno che lei è stata obbligata ad abbandonare. Ma la sua ottusaggine le ha impedito di vedere quanto questa decisione mi faccia soffrire, e per questo non ho intenzione di mantenere alcun rapporto con lei. All'aeroporto ho dedicato tutte le mie attenzioni a mio padre, e quando il momento di separarmi da lui è arrivato, ho lanciato un ultimo sguardo colmo di rabbia alla donna che mi ha messo al mondo, e le ho voltato le spalle definitivamente.
Un'infinità di ore più tardi, ho infine appoggiato piede sul suolo canadese, dando inizio alla mia nuova vita. Non sapevo cosa aspettarmi dal futuro. Sarei stata felice? Mi sarei ambientata in fretta? Quanto tempo sarei dovuta rimanere distante da casa? Quelle erano domande a cui solo il tempo avrebbe potuto dare una risposta. Ma ora, ad un mese dal mio arrivo, ho la sensazione che il responso che avrò non sarà affatto positivo.
Il giorno del mio arrivo sono stata accolta da una coppia solare che irradiava gentilezza da ogni poro. La donna, Maria, era una vecchia amica d'infanzia di mia madre. Aveva lasciato l'Avana per studiare all'estero dopo aver vinto una delle poche borse di studio disponibili. Mia madre non lo aveva mai ammesso a voce alta, ma sono sicura che il rapporto che ha con questa donna sia uno di amore ed odio. Essendo cresciute assieme, sono state una la sorella dell'altra per molto tempo, almeno fino a quando Maria non è riuscita a realizzare il sogno al quale mia madre aveva sempre ambito. La donna era riuscita a ripartire da zero, e durante gli anni dell'università aveva conosciuto quello che ora è suo marito, Roger. Nonostante Maria e mia madre non abbiano mai perso i contatti, difronte a me avevo una sconosciuta. Non avevo mai conosciuto quella signora prima del mio arrivo in Canada e non sapevo con chi avrei avuto a che fare. Al mio arrivo non immaginavo certamente che mi sarei ritrovata in un remake del Principe di Bel Air. La casa in cui avrei dovuto vivere d'ora in avanti era una specie di villa e sembrava emanare lussuria da ogni centimetro della sua superficie. Per i miei standard era una sorta di palazzo, fornita di molte più stanze di quante ce ne fosse bisogno, e arredata con mobili dall'ottima rifinitura.
Se il mio arrivo si era rivelato migliore delle mie aspettative, l'atmosfera da favola che mi aveva accolta era presto mutata in qualcosa di molto più fastidioso. Maria e Roger non vedevano l'ora di presentarmi il loro unico figlio, Shawn, ed erano sicuri che saremmo andati subito d'accordo. Mai ipotesi fu più sbagliata. Shawn era certamente un ragazzo di bell'aspetto, benedetto il giorno del suo concepimento dal perfetto mix dei geni latini e canadesi. La sua pelle abbronzata si intonava perfettamente al colorito scuro dei suoi ricci e agli occhi nocciola, che al sole sembravano diventare una pozza di miele. I tratti del viso invece erano duri e marcati, ereditati sicuramente dal padre. Ma se il suo aspetto era rassicurante, si veniva presto confusi dalla sua personalità. A primo impatto Shawn sembra il ragazzo perfetto: educato e gentile; ma ho imparato a mie spese che si tratta solo di una facciata. Mi sono bastati appena venti minuti sola con lui, per capire quanto arrogante e antipatico sia veramente.
E ora, ad un mese dal mio arrivo, sono più che sicura che io e lui non potremo mai essere amici. Per tutta la mia permanenza non ha fatto altro che alternare il suo essere acido e fastidioso, con indifferenza e menefreghismo. Stare dietro ai suoi sbalzi d'umore dovrebbe essere considerato uno sport olimpico! Ma il peggio è che non ho nessuno con cui potermene lamentare. I suoi genitori sono l'esatto opposto di questo ragazzo, ma sembrano anche essere ciechi dato che non si rendono conto di come sia realmente il loro figlio.
E ogni sera, prima di addormentarmi, penso a casa mia e a mio padre. Il mio ultimo pensiero prima di sprofondare nel sonno va sempre alla mia terra natia, che mi manca come l'aria e che non so quando potrò rivedere.
STAI LEGGENDO
Ai confini del mondo || Shawmila
FanfictionLe grandi epidemie erano sempre state uno scenario surreale per Camila e Shawn, ma a volte la realtà può sorprendere. Costretti a convivere in isolamento, in uno chalet ai confini della civiltà, i due ragazzi dovranno imparare a sopportarsi e ad aiu...