9. Vivo

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In casa Leclerc con la nascita di Victor è nata anche una nuova tradizione, quella di piantare un albero ad ogni nuovo membro che si aggiungeva in famiglia. Per lui hanno piantato un salice piangente, l'albero preferito da mia mamma. Per le gemelle un ciliegio, visto che tecnicamente i suoi frutti nascono sempre appaiati, anche se il nostro non ha ancora mai prodotto nemmeno una sola singola ciliegia. Ed infine, o meglio per secondo, per me hanno piantato un pino, perchè è sempreverde, perchè non si svilisce nè con il freddo dell'inverno nè con il calore estivo, perché secondo mamma è "l'albero immortale".
Il mio pino adesso è nel giardino di casa a Montecarlo, starà rifiatando con i primi freddi di stagione, innalzandosi fiero vicino a tutte le piante che pian piano perdono colore e vita. Lui si erge resistente, vivo, immortale.

Ricordo le corse fatte in giardino, le risate, le feste ma anche le ginocchia sbucciate, le grida e le lacrime sempre presenti.
Ricordo che quando ero triste mi rifugiavo sotto il salice perchè almeno piangevamo in due.
Ricordo i primi passi delle gemelle, le prime litigate con loro, le prime volte del "sei loro fratello maggiore, hai delle responsabilità".
Ricordo mamma che faceva la limonata per tutti mentre papà tagliava l'erba.
Ricordo le grandi grigliate con gli amici, la musica country di zio Daniel, i primi dispetti con Victor e Melissa.
Melissa. Lei è forse il ricordo più vivido di tutti, era sempre presente, in ogni occasione, bella o brutta che fosse.

E ora? Ora non so nemmeno io cosa mia stia succedendo. Ho ben impressa la macchina, l'espressione scocciata di Karen, il vento sul viso e il caldo del sole, ma poi più nulla. Apro gli occhi a fatica, un pò come quando vieni svegliato il lunedì mattina e sai di avere verifica di matematica. Una parte di me si aspetta proprio questo, il soffitto di casa, il profumo della colazione, la voce di mamma. Eppure so che non può essere così, che sono dall'altra parte del mondo e che loro non ci sono.
Inizialmente vedo tutto scuro e buio, poi pian piano compare un soffitto grigio e tetro, un odore nauseante e un freddo inaspettato. Ho male ad ogni parte del corpo, zone che neppure sapevo di poter percepire. Sbatto le palpebre per mettere meglio a fuoco il tutto e desidero immediatamente non averlo fatto. Come un estraneo vedo il mio corpo pieno di bende e cavi collegati a qualcosa, sento un continuo rumore provenire da un macchinario al mio fianco, una leggera goccia cadere periodicamente da una flebo alla mia sinistra.
Sai una di quelle situazioni che vedi solo nei film, dove tutti piangono per un disperato e questo si sveglia improvvisamente muovendo a stento le dita. Peccato però che non sia per niente così romanzato il tutto, nessuno al capezzale del letto, nessuna colonna sonora strappalacrime che ti fa intuire la svolta nella trama. Vorrei fare uno sforzo per chiamare qualcuno, per gridare al mondo che sono qua e che ho davvero bisogno di volti amici, ma fortunatamente un medico entra prima che possa usare così malamente le mie misere forze.

"Ben svegliato ragazzo! Allora, ti ricordi chi sei, quanti hanni hai che anno è?" Lo guardo storto, mi crede idiota forse? "Mi chiamo Timothée Leclerc, ho 20 anni e siamo a novembre del 2024". Il medico annuisce pensieroso prima di tornare a prendere la parola "Effettivamente sai perfettamente chi sei, ma hai perso un pezzo, come logico che sia. Oggi è il 23 dicembre del 2024, ti trovi a Montecarlo e sei stato in coma per un mese circa".
Un mese di totale assenza dal mondo, chissà cos'è succeso...
Come stanno mamma e papà?
E Vic l'ha finito bene il campionato?
Polly e Jolly staranno sicuramente ridendo di me ora, no?
E Melissa e i ragazzi, saranno tornati insieme a me o si saranno poi goduti il Brasile? No, impossibile, saranno stati terrorizzati...
E Karen? Karen!

"Dottore m-ma la ragazza che era con me?" La mia agitazione si trasmette al medico davanti a me, che solo ora realizzo parlare francese essendo monegasco "Non ti devi agitare adesso, riposati che avviso la tua famiglia". Questa risposta non è che esattamente mi rilassi, al contrario mi fa svegliare ancor di più e ripetere la domanda fino a quando non lo vedo inserirmi una piccola siringa e le mie palpebre ricadono pesantemente. Di nuovo tutto totalmente buio.

Victor_Leclerc

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Victor_Leclerc Adesso che @TTLeclerc si è svegliato non sarò più il soggetto preferito di @Penelope_Leclerc...ma non so se la cosa mi dispiace 🙏🏻

MelRicciardo Sappiamo tutti che sei il più felice per TT :)

Penelope_Leclerc Magari le faccio ad entrambi, who knows

Charles_leclerc 😭😭😭😭

VictorFans1 OMG TT finalmente! Yaaas

Riapro gli occhi, ora più conscio di tutta la situazione ma non meno dolorante. Cerco di mettermi seduto ma le braccia mi cedono non appena vedo la mia famiglia ad osservarmi fuori dalla stanza. Scoppio in un pianto liberatorio, sono così belli da farmi star subito meglio, se possibile. Mamma parla con un dottore prima di aver il permesso di entrare, apre lentamente la porta e invade immediatamente la stanza con il suo profumo. È ridicolosamente bella anche se vestita con quei camici verdi sterilizzati, anche se con il trucco sbavato dal pianto e il viso evidentemente provato dalle notti insonni al mio fianco. Lei c'era e forse l'ho sempre saputo.
"Mamma" riesco solo a sussurrare mentre si siede al mio fianco stringendomi la mano con delicatezza ma allo stesso tempo tutta la forza che ha in corpo "Amore mio, amore mio bellissimo" Dice con la voce rotta accarezzandomi il viso e i capelli, che mi pare di percepire più corti.
"Mamma ma è dicembre?" Chiedo stupidamente e lei scoppia a ridere, con quella sua risata contagiosa che ha sempre invaso tutta casa "Domani è la vigilia e tu, tu ci hai fatto il regalo migliore di tutti". Le sorrido osservandone ogni particolare, mi è mancata benchè non fossi cosciente di essere distante. Sposto lo sguardo verso gli altri, se la ridono come sempre ma sono infinitamente più belli ora, sotto questa strana luce fredda da ospedale.
"Senti Timothée, mi hanno detto di lasciarti tranquillo ma credo tu debba saperlo" Il suo viso si contrae e le compare quella rughetta sulla fronte che ha sempre presagito qualcosa si negativo. Una parte di me sa di cosa vuole parlare e la teme profondamente, eppure è come se sentissi che questa cosa sia l'ultimo ostacolo per tornare effettivamente alla vita. Sospiro annuendo e stringendole un pò di più la mano, come quando da piccolo avevo paura di qualcosa e la volevo sentire il più possibile vicino a me.
"Quel giorno a Rio avete fatto un bruttissimo incidente. Pensa che quando l'ho saputo stavo per svenire sul colpo, una vita passata a temere per la Formula 1 e poi una stupida jeep si ribalta dall'altra parte del mondo" Si interrompe lasciando in sospeso quella sua solita vena ironica con cui convive da una vita, poi asciugandosi una lacrima riprende "Ho dovuto aspettare un giorno prima di sapere che in quell'auto c'eravate tu e Karen, e che tu eri ancora vivo, appeso ad un filo sì, ma vivo". Non la lascio continuare, non ha alcun senso farla torturare in questo modo, quindi decido di prendere io la parola "Karen non c'è più vero?". Un sorriso amaro compare sul suo viso, mentre si volta a cercare lo sguardo di papà per prenderne coraggio "Hai sempre cercato di sembrare più forte di quanto tu non sia in realtà - dice riferendosi alla mia domanda - La macchina si è ribaltata completamente, tu hai sbattuto in tutte le direzioni, forte trauma cranico e per miracolo nessun danno alla colonna vertebrale, ma lei...Non aveva la cintura, lo sai? È saltata fuori dal finestrino, cadendo qualche metro più avanti, sull'asfalto".
Ho il cuore immobile, non riesco nemmeno a gioire per quanto ho appena appreso sulle mie condizioni fisiche. Sono una specie di miracolato senza danni collaterali mentre lei è...non riesco neanche a dirlo dannazione!
"Ha sofferto?" Chiedo mentre la vista mi si appanna con le lacrime, mamma scuote la testa "Non ha sentito nulla, è stato tutto rapido e indolore".
Scuoto la testa lentamente, poi come un lampo di rabbia mi attraversa tutto il corpo, mi sollevo leggermente e tiro un colpo secco alla felbo al mio fianco, facendola cadere e staccarsi da me. Mamma sussulta mentre un medico entra di corsa nella stanza "Non è giusto! - grido tra le lacrime - Non è giusto" torno a sussurrare lasciandomi cadere fra le accoglienti braccia di mia madre. Casa, dopo tanto tempo, casa.

TT. /Sequel "Irene"/Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora